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Rialzo dei tassi USA, uno stress test per il mercato immobiliare

il prezzo medio delle case USA sale ad un ritmo superiore a quello dei salari, le previsioni indicano quest’anno una contrazione del 2% sulle vendite di case esistenti

22 Ottobre 2018 14:00

Come abbiamo avuto modo di scrivere in molti recenti articoli, la severa correzione di Wall Street partita lo scorso 10 ottobre è scaturita da un brusco rialzo dei tassi dei mercati obbligazionari con il rendimento del titolo di stato (Treasury) USA a 10 anni che in meno di un mese è salito di 30 punti base (+0,30%). Abbiamo precisato che tale incremento è come fumo negli occhi per i mercati azionari perché significa più oneri da pagare per le aziende che si devono rifinanziare con conseguente riduzione dei loro margini e degli utili e, a cascata, valutazioni di Borsa che devono ridimensionarsi. E abbiamo sottolineato come il rialzo dei rendimenti obbligazionari comporti una calo dei prezzi dei bond, dal momento che questi ultimi si muovono in direzione opposta ai rendimenti.

LE IMPLICAZIONI SUI TASSI DEI MUTUI


Ma forse quello che non abbiamo ancora scandagliato è un’altra implicazione altrettanto importante: gli effetti di questo rialzo sul mercato dei mutui. Diciamo subito, a scanso di equivoci, che chi ha contratto un mutuo a tasso fisso non ha di che preoccuparsi in quanto la rata stabilita è fissa per tutta la durata del contratto. Nel caso del tasso variabile, invece, la rata potrebbe adeguarsi al rialzo soltanto se il paramento variabile stabilito nel contratto dovesse variare. Nella zona euro l’Euribor a tre e a sei mesi (i parametri tra i più diffusi nei mutui a tasso variabile) non si sono sostanzialmente schiodati dai valori degli ultimi mesi e quindi, almeno per il momento, non ci sono allarmi. Diverso è il discorso per coloro che hanno intenzione di richiedere un mutuo.

IL MERCATO STATUNITENSE


Soprattutto negli Stati Uniti, perché i tassi ipotecari a 30 anni si attestano in media al 4,71% in base al provider dei mutui Freddie Mac. L'ipoteca a tasso fisso a 15 anni viaggia invece in media al 4,15% mentre i mutui a tasso variabile ibrido con scadenza a 5 anni è in media al 4,01%. Si tratta di valori che si collocano sui livelli più alti dal 2011. E, sebbene i tassi ipotecari seguano quelli del Tesoro degli Stati Uniti a 10 anni con un certo ritardo, l’andamento al rialzo dei Treusury decennali viene considerato dagli addetti ai lavori un vero e proprio stress test per il mercato immobiliare USA. La scorsa settima la Mortgage Bankers Association ha osservato che anche il tasso di interesse medio sui mutui statunitensi a tasso variabile 5/1 (quelli caratterizzati da un set di tasso di interesse fisso per i primi cinque anni della sua vita che, successivamente, si reimposta ogni anno) ha raggiunto il livello più alto dal 2011.

DATI VENDITA DELLE CASE AL DI SOTTO DELLE STIME


E che qualcosa cominci ad ostacolare il trend positivo del mercato immobiliare statunitense lo confermano anche i dati sulle vendite di case esistenti che sono scivolati ad un minimo degli ultimi tre anni. Infatti, il dato USA sulla vendita di abitazioni esistenti nel mese di settembre è risultato molto al di sotto delle aspettative: i contratti di compravendita si sono fermati a quota 5,15 milioni, contro i 5,3 milioni preventivati con una contrazione del 3,4% su base mensile.

L’AUMENTO DEI PREZZI DELLA CASE SUPERA QUELLO DEI SALARI


Inoltre mentre il prezzo medio di vendita a settembre, pari a 258.100 dollari, risultava del 4.2% più caro rispetto a un anno prima, la velocità di crescita dei salari statunitensi è inferiore (+2,8 su base annua il dato di settembre). Secondo gli addetti ai lavori, un contesto in cui i prezzi delle abitazioni salgono ad un ritmo maggiore delle retribuzioni, un incremento dei rendimenti obbligazionari che si trasmette a quello dei tassi dei mutui costituisce un vero proprio stress test per il mercato immobiliare a stelle e strisce. Non a caso, Lawrence Yun, capo economista della NAR (National Association of Realtors), prevede che le vendite di case esistenti quest’anno risulteranno dell’1,8% al di sotto dell’anno precedente mentre gli economisti del provider ipotecario Fannie Mae sono ancora più ribassisti: ipotizzano un calo del 2%.

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