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Federal Reserve

Fed, arriva il taglio dei tassi e Wall Street si adegua

La Fed taglia solo un di un quarto di punto il tasso d’interesse e avverte che non è il primo di una lunga serie di possibili altri tagli. Wall Street sbanda pesantemente, ma poi recupera in parte. Forse la droga monetaria non è la sola medicina giusta

di Redazione 1 Agosto 2019 09:17

La Fed ha fatto il suo dovere tagliando di un quarto di punto il tasso d’interesse ma il suo capo Jerome Powell ha pensato bene di avvertire che non si tratta del primo di una lunga serie di tagli. Era dal dicembre del 2008 che la banca centrale americana non riduceva il costo del denaro, da quando in piena catastrofe Lehman Ben Bernanke portò i tassi a zero per cercare di evitare la catastrofe globale. Da allora la Federal Reserve ha solo alzato, prima timidamente con Janet Yellen e poi aggressivamente con Powell, che nel 2018 i tassi li ha alzati per ben quattro volte. Il bello è che proprio in quell’anno l’economia americana ha registrato una delle accelerazioni più potenti nel dopo crisi, portando la crescita in vista del 3%, a livelli pre-2007. La spinta non è arrivata dallo stimolo monetario, dato che la Fed ha cominciato a stringere fin da fine 2015, ma dalla politica fiscale, e in particolare dalla riforma della tassazione sulle imprese promossa da Trump fin dall’inizio del suo mandato a inizio 2017.

GLI STIMOLI MONETARI DA SOLI NON BASTANO


A Wall Street la moderazione sui prossimi e a questo punto eventuali ribassi dei tassi non è piaciuta, anche se nel finale ha contenuto le perdite, che restano comunque pesanti. Lo S&P 500 ha perso di nuovo quota 3.000 che aveva conquistato venerdì scorso a livello di chiusura settimanale. Tutta la storia sembra comunque indicare che gli stimoli monetari, da soli, non bastano a far ripartire economie globali malate di trend di lungo periodo, come la demografia e l’invecchiamento della popolazione, la deflazione indotta dalla rivoluzione digitale e dal basso costo del lavoro degli emergenti, la scarsa propensione a investire delle imprese nei paesi sviluppati. Servono politiche fiscali, come la riforma della tassazione in America, altrimenti il denaro a costo basso se non zero va a finanziare impieghi non produttivi, come i buy back delle grandi imprese tecnologiche americane.

Banche centrali all’attacco, ma non basta


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CON I TASSI BASSJ ANCHE GLI INVESTIMENTI SONO DI BASSA QUALITÀ


Se il debito costa poco, gli impieghi vanno a investimenti di bassa qualità, o comunque non strategici. Come appunto i buyback. Lo stimolo monetario da solo non basta, come mostra la storia ormai trentennale del Giappone, ma anche quella dell’Europa e dell’America. La reazione di Wall Street alle parole di Powell è interessante, dopo essere sprofondata con il Dow Jones in perdita di quasi 500 punti ha recuperato in parte le perdite. Forse gli investitori apprezzano un capo della Fed che non si fa forzare la mano dal suo presidente e magari preferisce un’economia che stia in piedi sulle sue gambe a una che ha bisogno della droga dei tassi bassi per reggersi in piedi.

POCO SENSATO PER TRUMP PRENDERSELA CON POWELL


E’ vero che Powell in conferenza stampa ha leggermente corretto il tiro, precisando che non voleva dire che la Fed si sarebbe limitata a tagliare i tassi una volta e poi basta. Ma è anche vero che il messaggio alla fine è rimasto inalterato: nessuna garanzia che siamo alla vigilia di una serie di ribassi e all’anticamera di un nuovo Quantitative Easing. Il mercato sembra aver capito e apprezzato il fatto di avere una banca centrale che ha più a cuore l’andamento dell’economia nel medio termine che i prezzi delle azioni di qui a qualche minuto o ora. L’auspicio è che lo capisca anche Trump e che riesca ad allungare lo sguardo anche oltre la scadenza di inizio novembre 2020, quando si giocherà il secondo mandato. Solo la primavera del prossimo anno il profilo dello sfidante comincerà a prendere forma. Prendersela ora con Powell sembra poco sensato. E un dollaro forte sostenuto da una Fed non troppo arrendevole non è per forza una disgrazia. Anzi. Vuol dire pagare meno le materie prime di cui l’America ha bisogno per continuare a crescere e vendere a prezzi più alti le sue tecnologie al resto del mondo.

BOTTOM LINE


La bottom line è che la normalità monetaria resta la strada maestra per ritrovare il cammino della crescita. In America è più facile, nel resto del mondo, a cominciare dall’Europa, meno. La Fed sembra intenzionata tutto sommato a mantenere la rotta e Wall Street, anche se un po’ riottosa, sembra volerla seguire.
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