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Taglio dei tassi, meno austerity e Golfo infiammabile nel menù agrodolce di agosto

La Fed prepara il suo primo taglio dei tassi mentre l’Europa si affida a una governance che sembra aver archiviato austerity e rigore. Ma l’Italia non festeggia, e intanto la tensione nel Golfo sale

di Redazione 22 Luglio 2019 09:41
financialounge -  BCE Federal Reserve Golfo Persico petrolio Weekly Bulletin

Per l’ultima settimana di luglio 2019 l’agenda globale propone un menu agrodolce. A Wall Street l’indice S&P 500 fa fatica a conquistare la vetta dei 3.000 punti, frenato dall’escalation nel Golfo più che da timori sulla frenata di utili ed economia. Intanto l’Europa si prepara alla lunga digestione agostana dell’arrivo della coppia ‘rosa’ Lagarde-von der Leyen al vertice della governance europea, due colombe che dovrebbero definitivamente archiviare la stagione dell’austerity e del fiscal compact. La tedesca, nel suo discorso programmatico davanti al Parlamento Europeo, non ha pronunciato neanche una volta le parole ‘debito’ ‘disciplina’, ‘politica fiscale’, mentre ha evocato la possibilità di emettere ‘project bond’ europei per finanziare investimenti e progetti green, e non solo. Giovedì 25 luglio potrebbe arrivare la ‘benedizione’ di Mario Draghi al nuovo tandem alla guida dell’Europa in occasione della conferenza stampa dopo l’ultimo board della Bce prima della pausa agostana. Da Draghi ci si aspetta anche una definizione più precisa delle nuove misure di stimolo in arrivo, che potrebbero essere implementate già a settembre. Meno di una settimana dopo tocca a Jay Powell, che sicuramente taglierà i tassi al Fomc del 30-31 luglio, ma molto probabilmente si limiterà a un quartino. Powell potrà disporre del dato preliminare del Pil Usa del secondo trimestre che esce il 26. Le previsioni puntano a un dimezzamento della crescita all’1,6% dal 3,1% del primo.

LA FED PREPARA UNA POLIZZA ASSICURATIVA ANTI-RECESSIONE


Che la Fed tagli i tassi con Wall Street ai record storici e la disoccupazione ai minimi può sembrare strano, ma secondo le ricostruzioni di MarketWatch lo ha fatto diverse volte dal 1980 in avanti, l’ultima tra fine 1995 e inizio 1996, a fronte di un’inflazione più bassa delle attese, in assenza di crisi economiche o finanziarie. Quella delle Tigri Asiatiche sarebbe esplosa solo un anno dopo. Sarebbe invece la prima volta che la banca centrale americana si produce in un taglio ‘preventivo’, una specie di polizza assicurativa anti-recessione. Anche nel 1995 e nel 1998 si era mossa per evitare una recessione, e con successo. Ma allora gli indici manifatturieri erano scesi sotto quota 50, che demarca il confine tra espansione e contrazione, mentre ora l’ultimo Pmi manifatturiero segna quasi 52. Secondo alcuni la Fed vuol evitare a Wall Street qualche storno violento e ha in mente più le tensioni geopolitiche, a cominciare dalla guerra dei dazi, che il rischio recessione. I maligni tolgono il prefisso ‘geo’ e pensano che le motivazioni di Powell siano semplicemente ‘politiche’, vale a dire dare una mano a Trump ad arrivare alle elezioni di novembre 2020 accompagnato da un’economia che cresce e da una Borsa ai massimi.


LA NUOVA GOVERNANCE EUROPEA VUOL FAR RIPARTIRE LA CRESCITA


La strada fino a martedì 3 novembre dell’anno prossimo è ancora lunga, e almeno finora sembra che il miglior amico di Trump non sia Powell, ma la schiera dei 27 candidati democratici che fanno a gara per sorpassarsi a sinistra, per scaldare i cuori dei militanti in vista delle primarie che cominciano il 3 febbraio nello Iowa, con il danno collaterale di spaventare e allontanare gli elettori della middle class della grande pancia americana distesa tra le coste dei due oceani. Comunque, fin qui la parte ‘dolce’ del menù fatta di banche centrali che continuano ad allentare e di una nuova governance europea che almeno nelle intenzioni dichiarate sembra più orientata a far ripartire la crescita che a insistere su rigore e austerity. L’agro ha il profumo poco gradevole del petrolio del Golfo, dove la temperatura continua a salire. Proprio la notizia di un paio di petroliere battenti bandiera britannica bloccate nello stretto di Hormuz da forze iraniane ha fatto invertire la rotta di Wall Street alle ultimissime battute di una settimana che ha visto il Nasdaq chiudere la peggiore ottava da sette settimane.

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I COLOSSI USA DEL WEB NEL MIRINO E LE CONVULSIONI ITALIANE


Gli altri piatti del menù che emanano effluvi agrognoli sono infatti i colossi high-tech americani, protagonisti di rialzi spettacolari negli ultimi due anni, che sono in molti a chiedersi quanto siano sostenibili, oltretutto con Amazon finita nel mirino dell’Antitrust europeo e Facebook sotto tiro di Fed e Washington per il suo progetto Libra. In questa sezione del menù troviamo anche l’Italia, che ha perso l’occasione di sedersi tra i protagonisti della creazione di una nuova governance europea sicuramente meno ostile e aggressiva in materia di conti pubblici e preferisce avvitarsi in una diatriba sterile tra alleati di governo da cui sembra proprio che tutti abbiano qualcosa da perdere. Lo spread per ora tiene bene, e probabilmente continuerà così, proprio perché tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte i conti pubblici italiani non sono più in cima alla lista delle emergenze. Ma la Borsa no, perché gli investitori percepiscono che dalla confusione politica non può venire nulla di buono per la ripartenza dell’economia.

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BOTTOM LINE


L’agosto del 2019 non deve per forza finire sui libri di storia come quello del 1990  ma i liquidi infiammabili che si stanno versando nel Golfo richiedono massima attenzione. Nell’era dei droni e dell’intelligenza artificiale non abbiamo idea di cosa possa voler dire un evento bellico che veda in campo, direttamente o indirettamente, potenze tecnologicamente avanzate. I piatti agrodolci vanno approcciati con cautela, soprattutto sotto il Solleone.
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