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Sterlina e FTSE 100 di Londra, in arrivo la fine della correlazione negativa

Nei prossimi mesi difficilmente si vedrà una sterlina più debole e l’indice FTSE 100 di Londra in rialzo perché l’inflazione e i tassi di interesse sono in aumento

28 Novembre 2017 09:33
financialounge -  Bank of England FTSE 100 incertezza inflazione londra Regno Unito sterlina

Il recente ritorno dell'inflazione nel Regno Unito e, soprattutto, l'inizio del primo ciclo di rialzo dei tassi da parte della Bank of England (BoE) dopo 10 anni dovrebbero portare con ogni probabilità alla fine della relazione negativa tra sterlina e azioni del Regno Unito: insomma, la sterlina più debole è destinata a non sostenere più la borsa di Londra nel prossimo futuro.

Vediamo perché. Quando si parla di FTSE 100, l’indice delle cento blue chips quotate sul listino londinese, la sua sensibilità al cambio della sterlina è un fattore di primaria importanza per gli analisti: il 75% delle entrate dei titoli del FTSE 100 proviene infatti dall'estero.

Questo aspetto non è però una caratteristica recente di questo indice, dal momento che gli esportatori hanno costituito circa la metà dell'indice costantemente negli ultimi 25 anni, con il settore finanziario sempre più in espansione a livello internazionale.

Pertanto, la convinzione consolidata del mercato è quella che una valuta più debole tenda a sostenere il mercato azionario del Regno Unito, agendo, almeno in parte, come assicurazione contro le fonti di rischio domestiche.

Si tratta di un aspetto non irrilevante: basti pensare che dal giorno del referendum britannico (23 giugno 2016) a oggi, l’indice S&P500 è cresciuto del +25,9% (dividendi inclusi), il FTSE 100 del+23,1% e l’Eurostoxx del +22,9%. Ma ora affiorano tre fattori che giocano a sfavore di questa correlazione negativa.

In primis, l'emergere di un tasso di inflazione superiore al target del 2% complica i costi delle imprese e influisce negativamente sulla domanda locale.

In secondo luogo, l'aumento dell'inflazione è stato seguito prontamente da una stretta di politica monetaria che potrebbe proseguire anche nel 2018: un aumento dei tassi significa maggiori costi per le imprese, minori margini e utili e valutazioni di borsa che tendono a scendere in parallelo.

Infine, il deprezzamento di una valuta genera comunque incertezza che, a sua volta, pesa contro i benefici del deprezzamento: in passato, quando supera il 20% (e dal 23 giugno siamo già al 14% di svalutazione rispetto all’euro e quasi lo stesso rispetto al dollaro USD), ha sempre rotto la relazione negativa con l’indice di borsa UK.
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