Contatti

banche italiane

Spread giù ma bancari in crisi, ecco il risultato della politica di Draghi

La fase accomodante della Bce ha portato il differenziale con i bund sotto i 250 punti base ma a soffrire a Piazza Affari sono i titoli bancari che dal settembre 2011 aspettano un rialzo dei tassi e temono il riaffacciarsi della recessione economica

di Giancarlo Salemi 19 Giugno 2019 08:45

Un semestre poco “bianco” quello del governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. A Lisbona il numero uno dell’Istituto di Francoforte ha ribadito, davanti ad una platea d’investitori e banchieri, il proprio sostegno all’economia europea con la Bce che è pronta a intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione, compreso nuovi acquisti di titoli di Stato, finanziamenti a basso costo alle banche e persino un possibile taglio dei tassi di interesse. Tutto questo ha portato lo spread dai massimi di 300 punti base toccati ad aprile ad abbattere la soglia psicologica dei 250 punti e, per molti analisti, il differenziale con i bund otrebbe scendere ancora nelle prossime settimane. Una situazione che ha portato gli strategist di Morgan Stanley a dichiarare che “i Btp possono essere una fonte di rendimento interessante per gli investitori” inserendo proprio i nostri titoli di Stato italiani tra i top trade. “L'elevato spread e la curva ripida rendono i titoli di Stato italiani un'eccezione tra le obbligazioni dei Paesi sviluppati – si legge nel loro report - il loro ritorno è particolarmente appetibile per gli investitori globali una volta coperto il rischio di cambio. Infatti il carry (indebitarsi in euro a tassi molto bassi e investire in Btp euro coprendo anche il rischio cambio, ndr) sul Btp a tre anni con la copertura sul dollaro arriva a rendere il 4,1% anche se i tassi restano a questi livelli”.

LE BANCHE SOFFRONO PER IL MANCATO RIALZO DEI TASSI D’INTERESSE


Tutto bene, quindi? Non esattamente perché se qualcuno sorride, qualcun altro piange. E sono soprattutto i titoli bancari che nonostante uno spread in discesa continuano una stagione molto amara a Piazza Affari. “I tassi scendono perché la politica delle banche centrali sarà più accomodante – ci spiega Vincenzo Longo market strategist di Ig Group – e si spera in un ulteriore taglio dei tassi, tutto questo però non favorisce le banche, da Intesa a Unicredit, alle prese con il problema dei margini d’interesse. Insomma la prospettiva di un rialzo dei tassi si allunga tantissimo – l’ultimo venne fatto nel settembre del 2011 - e questo non piace ai bancari. Ricordiamo che la redditività delle banche è stata messa a dura prova in questi anni dai bassi tassi di interesse, con quelli sui depositi in negativo ormai da 5 anni”.

IN CINQUE MESI BRUCIATI 11 MILIARDI DI CAPITALIZZAZIONE


La nostra prima banca sul territorio italiano, Intesa Sanpaolo, ha concluso il primo trimestre dell’anno con un utile netto superiore al miliardo di euro. Unicredit, la nostra banca più presente all’estero, ha registrato a sua volta un utile netto per 1,3 miliardi di euro. Eppure di tutto questo non c’è traccia negli andamenti a Piazza Affari: i primi sei istituti bancari quotati hanno perso nei primi cinque mesi dell’anno hanno otre 11 miliardi di capitalizzazione. Questo nonostante il rimbalzo di ieri, con Italia All-Share–Banks che ha segnato un + 2,77%, comunque in ritardo di circa 20 punti rispetto allo scorso aprile. Soffrono tutti gli istituti. “Questi guadagnano molto sul margine d’intermediazione – prosegue Longo – quindi in un contesto di tassi che rimarranno ancora bassi il loro margine soffrirà tantissimo. Negli ultimi anni proprio sulla scia del miglioramento dell’outlook economico e quindi anche su una prospettiva di una Bce meno accomodante si era scommesso su un rialzo dei tassi d’interesse ma questo non è avvenuto. Al contrario le nuove parole di Draghi se da una parte raffreddano lo spread stroncano dall’altro le aspettative dei titoli bancari che aspettavano con ansia un rialzo e per queste si prevedono ancora mesi di sofferenze”.

PROCEDURA D’INFRAZIONE A VISTA E AGENZIE RATING PRONTE AD ABBASSARE GIUDIZIO


Non solo. Anche la situazione economica italiana pesa sull’andamento delle banche. “Balla una procedura d’infrazione che potrebbe essere aperta formalmente il prossimo 9 luglio – ci spiega Emanuele Canegrati, senior analyst di BpPrime – e le principali agenzie di rating sono pronte ad applicare un downgrading sulla solvibilità non solo sui titoli sovrani ma anche sugli istituti bancari. Poi ci sono tante situazioni bancarie non ancora risolte come quella della Popolare di Bari, di Carige, della stessa Mps e tutto un risiko bancario che si sperava potesse portare un po’ di luce al settore”.

La put di Powell può funzionare, se al tavolo non torna l’inflazione


La put di Powell può funzionare, se al tavolo non torna l’inflazione





IL RISCHIO RECESSIONE POTREBBE RIAPRIRE IL PROBLEMA DEGLI NPL


Ma non solo, per le banche resta aperto anche il tema degli Npl, (non performing loans), ovvero dei crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza sia per l’ammontare dell'esposizione. I cosiddetti crediti deteriorati: in pancia dei nostri istituti bancari ci sono almeno 79 miliardi di euro insolvibili. “Questo è il problema numero uno – sottolinea Canegrati – le banche hanno prestiti non rimborsati che pesano e il ciclo economico potrebbe girare in negativo e questo preoccupa dal momento che non si riescono a smaltire e se l’economia italiana piomberà in recessione questo sarà un’ulteriore tegola che si abbatterà sulle nostre banche perché comporterà anche un ripensamento delle modalità con cui i nostri istituti erogheranno il credito alle imprese, credito che si è già particolarmente ristretto negli ultimi anni”.
Share:
Trending