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Sofferenze bancarie, l’arte di riciclare i crediti deteriorati guadagnandoci

Le sofferenze nette bancarie in Italia sono in calo e continuano a scendere, ma restano un problema di rilievo: per alcune banche, però, rappresentano un’opportunità.

19 Maggio 2017 09:35
financialounge -  crediti deteriorati Intesa Sanpaolo NPL settore bancario subprime

Le sofferenze nette delle banche italiane (cioè i crediti deteriorati al netto delle svalutazioni già effettuate in bilancio dagli istituti di credito con proprie risorse) a marzo 2017 si sono posizionate a 77,2 miliardi di euro (valore in linea con quello del mese precedente e il più basso da maggio 2014), in forte diminuzione rispetto al dato di dicembre 2016 (86,8 miliardi).

Da segnalare che, rispetto al picco di 89 miliardi toccato a novembre 2015, si registra una riduzione delle sofferenze nette di oltre il 13%. Tuttavia, nonostante questo significativo miglioramento, il problema dei NPL (non perfoming loans) delle banche italiane resta sul tavolo, con tutte le implicazioni del caso.

Ma, come ha insegnato la crisi dei mutui subprime USA, quella che rappresenta una criticità per il sistema bancario può rappresentare una opportunità per gli istituti specializzati nello ‘smaltimento dei crediti deteriorrati’. A tale proposito va ricordato come, nel 2009, gli Stati Uniti abbiano agevolato le case d’investimento americane specializzate nel recupero crediti nell’acquistare all’ingrosso i mutui deteriorati delle banche nazionalizzate al fine di renderle di nuovo funzionanti e con business sostenibile.

Le case d’investimento specializzate, che hanno potuto acquistare i crediti deteriorati al 20-25% del valore nominale, sono riuscite poi a ricavare, con calma e sfruttando le proprie competenze, tra il 45% e il 60% del valore nominale: hanno potuto così guadagnare dalle compravendite tra l’80% e il 200% nel giro di pochi anni. Lo stesso itinerario virtuoso lo stanno percorrendo alcune banche italiane che hanno individuato, proprio nei crediti deteriorati, un potenziale business.

C’è chi, come Intesa Sanpaolo, preferisce ‘smaltire’ i crediti deteriorati sfruttando una propria divisione interna specializzata. Ci sono invece altre banche (come, per esempio, Banca Ifis) che comperano all’ingrosso gli NPL italiani. In questo caso, riescono ad acquisire pacchetti di NPL addirittura al 4%-6% e recuperarne il 20% -25%, o, nella peggiore della ipotesi, ricollocarli sul mercato, dopo averli riclassificati per tipologia di creditore e di durata, a prezzi superiori (tra il 7% e il 10%).
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