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Rischio bolla? I mercati possono crescere ancora con le banche centrali che fanno la loro parte

Il 2020 dei mercati non poteva partire meglio, le economie tengono e Trump incassa su Iran e dazi. Ora tocca a Bce e Fed, accusate di drogare il mercato, ma stanno facendo solo il necessario per garantire stabilità

di Stefano Caratelli 20 Gennaio 2020 09:24
financialounge -  banche centrali mercati Weekly Bulletin

Dopo una prima metà geopoliticamente densa di falsi allarmi e buone notizie, dalle tensioni nel Golfo alla tregua sui dazi tra Usa e Cina (e anche la ratifica del Senato americano del nuovo patto con Canada e Messico ribattezzato USMCA), la finanza è alla ribalta della seconda metà di gennaio, con le trimestrali di Wall Street che entrano nel vivo mentre si riuniscono per la prima volta nel 2020 i direttivi di Bce (giovedì 23) e Fed (il 28-29), per finire giovedì 30 con il PIL preliminare americano nel quarto trimestre 2019. Dopo una buona partenza con i risultati delle grandi banche, sono in arrivo le trimestrali di oltre un terzo delle società quotate dello S&P 500. Il consensus degli analisti punta a un declino del 2%, il quarto in un anno, che vorrebbe dire crescita piatta (+0,2%) per l’intero 2019. Ma lo stesso consensus stima un 2020 frizzante, con utili per azione in crescita del 4,6% nel primo trimestre, del 6,4% nel secondo e di quasi il 10% nell’intero anno.


ECONOMIA USA PRONTA A SOSTENERE UN PASSO DEL 2% ANCHE NEL 2020


Nel 2020 dovrebbero performare meglio i titoli energetici, rimasti indietro nel 2019, con una crescita dei prezzi intorno al 13%, mentre i tecnologici, protagonisti l’anno scorso, dovrebbero salire meno del 2%. Sul lato dell’economia reale, il PIL del quarto trimestre è previsto in crescita di poco meno del 2%, passo che dovrebbe mantenere per tutto il 2020. Tra Wall e Main Street, uno scenario non male per Donald Trump, che si prepara ad affrontare in Senato l’impeachment assistito da avvocati quotati e agguerriti, forte dell’uno-due messo a segno con lo strike di Baghdad e la reazione-boomerang di Teheran, e con il patto firmato con i cinesi, il tutto accolto dagli applausi di Wall Street. Intanto i Democratici vanno alla prima conta in Iowa abbastanza disorientati: la guerra dei dazi doveva essere una catastrofe per l’economia e invece per ora è una vittoria ai punti di Trump, mentre il blitz contro l’Iran si è rivelato una débâcle per gli ayatollah.


BANCHE CENTRALI NEL MIRINO DEI GURU, COLPEVOLI DI REITERAZIONE DEL QE E RISCHIO BOLLA


Ma il piatto forte della seconda metà di gennaio sono sicuramente le banche centrali. Il mantra dei guru dice che Bce e Fed hanno ormai sparato tutte le cartucce e non possono fare quasi più niente per tenere a galla l’economia. Christine Lagarde deve guardarsi le spalle dai falchi che si annidano nell’Eurotower di Francoforte mentre Jay Powell non sa più che pesci pigliare per garantire la liquidità sull’interbancario e deve addirittura ricorrere a un QE mascherato da pronti termine. Elena Popina su Bloomberg scrive che a Powell non resta che dichiararsi colpevole davanti al tribunale degli investitori di aver rispolverato un vero e proprio QE per tenere a galla Wall Street. E in un’ospitata su CNN lo specialista di mercati Sam Bourgi è andato a ripescare un intervento di 8 anni fa dello stesso Powell per sostenere che sa benissimo che alla fine la liquidità iniettata sul mercato farà schiantare Wall Street. Una tesi a cui ha probabilmente creduto Ray Dalio, il gestore di hedge fund che ha chiuso il 2019 con un ritorno dello 0,5% contro il quasi 30% messo a segno dallo S&P 500.


ANCORA MOLTE MUNIZIONI DISPONIBILI, MA LA PRIMA ARMA SI CHIAMA PAZIENZA


La verità è che Fed e soprattutto Bce hanno ancora molte munizioni a disposizione. La principale nell’arsenale di Christine Lagarde si chiama pazienza. Deve solo andare avanti sulla linea Draghi per tutto il tempo che serve, prima o poi la politica espansiva farà risalire l’inflazione e ripartire la ripresa. Se i governi danno una mano con gli investimenti, tanto meglio. Intanto ha un anno intero per la revisione strategica della politica monetaria, probabilmente ha in mente di aggiungere alla mission di garantire la stabilità della moneta anche quella di favorire la crescita e creare occupazione, come da sempre la Fed. Il compito di Jay Powell è ancora più semplice, ha fieno in cascina, rappresentato dalla distanza tra 1,75%, attuale livello dei tassi sui Fed Fund, e zero, dove può portarlo se rimette mano al QE, quello vero, se dovesse emergere qualche segnale di recessione, che per ora non si vede. Nel frattempo garantisce tutte la liquidità necessaria sull’interbancario, con il vecchio strumento del pronti/termine, che non è il QE.

Usa, nell’anno elettorale a Wall Street vince quasi sempre il Toro


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È TORNATA LA NORMALITÀ SULLA CURVA DEI TASSI E LA FED GARANTISCE LA LIQUIDITÀ


Sei mesi fa giornali e tv lanciavano l’allarme rosso dell’inversione della curva dei tassi USA che segnalava recessione in arrivo. Oggi la scadenza a 1 mese del debito USA rende l’1,54%, quella a 2 anni l’1,58%, quella a 10 l’1,84% e quella a 30 il 2,29%. L’inversione della curva è nello specchietto retrovisore grazie anche ai tre tagli consecutivi della Fed tra luglio e ottobre e le attese puntano a un ulteriore irripidimento con il 10 anni in area 2%. Molti guru spesso dimenticano quando parlano di ritorno del QE è che il meccanismo inventato da Ben Bernanke prevede acquisti di titoli sulla parte lunga della curva, e quindi fa scendere il rendimento (e salire i prezzi) a 10 e 30 anni, mentre i pronti/termine di Powell agiscono sulla parte brevissima, e tengono sotto controllo l’overnight e al massimo 1-3 mesi. Se l’overnight schizza per un problema di liquidità sull’interbancario magari per una scadenza fiscale importante, non serve il QE, basta un pronti termine per riportare la calma.


BOTTOM LINE


Ovviamente Wall Street non può mantenere per 12 mesi il passo dei primi 20 giorni del 2020. Vorrebbe dire chiudere l’anno con un rialzo di oltre il 50% dopo il quasi 30% messo a segno l’anno prima. Ma il trend è intatto, il pendolo delle economie oscilla sul lato crescita, le banche centrali fanno (bene) il loro dovere. Tra impeachment, geopolitica, possibili sbandate di singoli titoli o settori, non mancheranno le scuse a guru e media per gridare al lupo. Bisogna resistere fino a novembre e non abboccare alle bufale, come quella della bolla gonfiata dalle banche centrali.
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