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Procedura di infrazione, ecco cosa rischia l’Italia

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria lavora al raggiungimento di un compromesso con l'Europa, che eviti all'Italia la procedura di infrazione per debito eccessivo. Vediamo in cosa consiste

di Chiara Merico 12 Giugno 2019 11:09

Scongiurare la procedura di infrazione, evitando il ricorso a manovre correttive: è questa la posizione del governo italiano, espressa dai vicepremier Di Maio e Salvini, dopo che l’Italia è finita nel mirino delle istituzioni europee per il debito eccessivo.

TROVARE UN COMPROMESSO


A quanto si è appreso, il ministro dell’Economia Giovanni Tria starebbe lavorando a un compromesso finale con l’Ue sulla procedura. "È nel nostro interesse trovare un ragionevole punto d’incontro" adottando un atteggiamento "costruttivo" per evitare la procedura di infrazione, ha fatto sapere il ministro durante la sua informativa parlamentare. Il riferimento è sia ai partner europei, con cui ci sarà un confronto giovedì 13 e venerdì 14 all’Eurogruppo e all’Ecofin, sia ai partiti di maggioranza. E secondo quanto rivela il Corriere della Sera, anche il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno starebbe lavorando per giungere a un accordo con l’Italia, ipotesi che vedrebbe anche il sostegno dei ministri dell’Economia di Spagna, Portogallo e addirittura Germania.

CONTINUARE I NEGOZIATI


Per gli esperti del Comitato economico e finanziario dell’Ue, l'apertura della procedura per debito eccessivo è giustificata: tuttavia, l’organismo ha invitato la Commissione a tenere conto di eventuali nuovi elementi provenienti dall'Italia. Uno scenario auspicato dallo stesso Tria, secondo cui "ci aspettiamo che il Comitato economico e finanziario, pur accettando le conclusioni della Commissione Ue, inviti la Commissione stessa a continuare i negoziati per raggiungere un accordo". Il ministro ha poi aggiunto che "la decisione finale verrà in ogni caso rimessa al Consiglio dell'Unione europea".

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PRIMA VOLTA


Ma cosa comporta la procedura di infrazione per debito eccessivo? Anche in questo caso l’Italia detiene un record, per quanto poco invidiabile: il percorso non è stato mai applicato a nessun altro Paese europeo. A regolare la procedura è l’articolo 126 del Trattato dell’Unione europea, che prevede due requisiti fondamentali per ogni Paese dell’Ue: il deficit non deve superare il 3% del Pil e il debito non deve superare il 60% del Pil. L’Italia è ampiamente fuori da questo parametro, considerato che il debito pubblico italiano ammonta a circa 2.300 miliardi di euro, ovvero il 132% del nostro Pil.

GLI ALTRI PAESI


Per quanto l’Italia non sia l’unico Paese che si trova al di là del parametro del 60% per il rapporto debito/Pil, il punto fondamentale è l’andamento del debito, che in Italia continua a crescere. Nel nostro Paese, infatti, nel 2018 il debito è salito al 132,2% del Pil, dal 131,4% del 2017. Solo Grecia e Cipro hanno registrato una tendenza analoga, mentre i Paesi più grandi, pur restando al di là della soglia del 60%, hanno messo a segno riduzioni. Secondo Eurostat lo scorso anno il debito della Germania è sceso al 60,9% del Pil, dal 64,5% del 2017, quello della Francia è rimasto stabile al 98,4%, mentre in Spagna il debito è sceso al 97,1% del Pil dal 98,1% e in Portogallo calato al 121,5% del Pil dal 124,8%.

RIENTRARE DAL DEBITO


Il nostro Paese dovrebbe riuscire ad alleggerire questo fardello con un taglio del 3,5% all’anno nei prossimi tre anni, circa 60 miliardi all’anno: un’impresa già di per sé quasi impossibile, che diventa ancora più ardua se si tiene conto di altri fattori, come la scarsa crescita e la mancata riduzione del deficit strutturale.

MULTA MILIARDARIA


Cosa rischia l’Italia? Se non rispettiamo la regola sul debito il nostro Paese potrebbe dover pagare una multa fino fino a 9 miliardi di euro (corrispondenti allo 0,5% del Pil, con un minimo dello 0,2%), il congelamento dei fondi strutturali (l'Italia dovrebbe ricevere 73 miliardi fino al 2020) e lo stop dei prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti.

PERDITA DI FIDUCIA


Questo per quanto riguarda le conseguenze dirette: ci sarebbero poi anche pesanti effetti indiretti come la perdita di fiducia dei mercati, la necessità di attuare misure restrittive per centrare i parametri, e un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato, che si tradurrebbe in una maggiore spesa per interessi.
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