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I petrolieri europei non si fidano di Bruxelles

La Commissione di Bruxelles va avanti nell’accordo con l’Iran nonostante la defezione americana, ma le raffinerie del continente non si fidano e smettono di comprare petrolio da Teheran.

12 Giugno 2018 07:50
financialounge -  dollaro Morning News OPEC petrolio Unione europea https://www.flickr.com/photos/repsol/28227710458/in/album-72157668955841678/

Lo ha scoperto l’agenzia Reuters andando a interpellare una per una le principali raffinerie europee, a cominciare dall’italiana Saras. Ed è venuto fuori che, senza annunci ufficiali, i petrolieri europei hanno smesso di comprare greggio dall’Iran, anche se rappresenta un quinto di tutta la produzione dell’OPEC, nonostante i prezzi bassi praticati da Teheran. Come mai? La risposta si chiama sanzioni, non quelle europee ovviamente, che non ci sono, ma quelle americane. Non solo le raffinerie, ma anche le banche, le assicurazioni e gli armatori navali europei si tengono alla larga dal fare affari con l’Iran perché temono di incappare in multe e altre ritorsioni per aver violato le sanzioni USA contro Teheran.

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VOCE GROSSA, EFFETTI DEBOLI


Sanzioni immediatamente re-introdotte dall’amministrazione Trump contemporaneamente alla disdetta dell’accordo sul nucleare annunciata il 4 maggio scorso. Germania, Francia e Gran Bretagna hanno alzato la voce chiedendo agli americani di risparmiare le imprese europee dalle sanzioni, ma senza ottenere risultati. A questo punto le raffinerie hanno deciso di non correre rischi. “Non possiamo sfidare gli Stati Uniti d’America” ha detto alla Reuters una fonte dell’italiana Saras coperta dall’anonimato. Un atteggiamento condiviso da praticamente tutte le grandi raffinerie europee, dalla francese Total, all’Eni, alle spagnola Repsol e Cepsa fino alla greca Hellenic Petroleum. Per l’Iran, che esporta il grosso del suo greggio in Asia, non è la fine del mondo, ma per Bruxelles è un’umiliazione bruciante.

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L’ARMA DEL DOLLARO


Il sito americano Zero Hedge fa notare che l’opposizione europea a Trump resta sostanzialmente parolaia e destinata a convincere l’opinione pubblica che a Bruxelles c’è un bastione contro il trumpismo, ma petrolieri, banche, assicurazioni e compagnie di navigazione non abboccano. Il problema è che gli americani hanno un’arma di cui gli europei non dispongono e che si chiama dollaro. Tutte le transazioni internazionali, a cominciare da quelle petrolifere, coinvolgono in qualche modo il biglietto verde, e questo dà al Dipartimento di Giustizia di Washington l’argomento per intervenire e sanzionare. Il dollaro è la nostra moneta, ma anche il vostro problema. La dichiarazione di quasi cinquant’anni fa del segretario al Tesoro di Nixon resta valida. Se usi il dollaro per fare affari devi sottostare alle regole del dollaro e di chi lo stampa.
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