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Perché l’Europa si gioca molto con le elezioni in Olanda

Wilders ha pochissime possibilità di andare al governo. Ma una sua vittoria segnerebbe un passaggio storico per i movimenti anti-europeisti del continente.

15 Marzo 2017 09:30
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Mentre cresce l’attesa per le elezioni in Francia, la stagione politica europea comincia ufficialmente oggi con l’apertura dei seggi in Olanda. Strategicamente parlando, l’impatto delle elezioni olandesi non è neanche paragonabile a quello di altre grandi nazioni europee. Tuttavia, osservare cosa accadrà nei Paesi Bassi potrebbe aiutare a capire se nel futuro dell’Europa c’è il populismo. Con tutti i rischi che ciò comporterebbe per il destino dell’Unione europea.

QUI AMSTERDAM – Le possibilità che Wilders possa andare al governo sono molto remote. Il perché è presto spiegato. In Olanda vige un sistema elettorale puramente proporzionale con soglia di sbarramento allo 0,6%. Per formare un governo, serve una maggioranza di 76 deputati (sui 150 totali della Camera) ma secondo gli ultimi sondaggi la frammentazione è altissima. Il VVD, partito del premier in carica Rutte (liberali di destra, ultimamente più di destra che liberali…) è in testa col 16,4%, seguito dal PVV di Wilders col 14,7%. Più staccati i cristiano-democratici, il D66, il GL (verdi) e i laburisti del PDVA, comunque tutti intorno al 10%. Se le dichiarazioni della campagna elettorale verranno confermate, nessuno di questi partiti sarà disposto a formare una coalizione con Wilders. Dunque il “Trump” d’Olanda, che ha promesso un referendum per uscire dall’euro e la de-islamizzazione del paese, anche diventando il primo partito non avrebbe i numeri per governare.

TRUMP OLANDESE VS TRUDEAU EUROPEO – Le tensioni tra Olanda e Turchia degli ultimi giorni hanno fatto guadagnare terreno al Partito della Libertà di Wilders. Ma anche arrivando a 30 seggi, Wilders non riuscirebbe a formare un governo. L’ipotesi più probabile, secondo gli osservatori, è che dopo qualche mese di stallo nasca un governo sostenuto da un’ampia maggioranza moderata. Qualcuno azzarda anche l’ascesa del leader trentenne dei Verdi Jesse Klaver, considerato invece (proseguendo l’analogia con il Nord America) il Justin Trudeau d’Europa. Oppure, molto probabilmente, Rutte conserverà il suo posto a capo di una frastagliata coalizione velatamente anti europeista.

VALORE SIMBOLICO – Le elezioni olandesi non preoccupano gli analisti. I mercati hanno dimostrato di saper reagire a eventi politici di ben altra portata (Brexit, Trump, referendum italiano) in tempi brevissimi: dunque, non c’è motivo di preoccuparsi per l’Olanda. Ma una formazione visceralmente anti-UE e anti-immigrazione che diventa il primo partito in uno dei paesi fondatori può diventare un messaggio (o una speranza concreta) per tutti gli altri movimenti che mirano al disfacimento dell’Unione europea. Un messaggio ancor più dirompente perché proveniente da un paese considerato, fino a qualche anno fa, un modello di integrazione. Un paese la cui capitale commerciale (Rotterdam) ha come sindaco un cittadino marocchino che ha vietato l’ingresso ai ministri turchi facendosi dare del “nazista” da Erdogan. Un paese, però, che non è nuovo a “spallate” contro l’UE, come dimostra il referendum del 2005 che affossò la Costituzione europea con un roboante 61% di “no”.

QUI PARIGI – In quel caso il voto olandese arrivò dopo la prima bocciatura della Costituzione da parte degli elettori francesi. Questa volta le tempistiche sono invertite, perché il 23 aprile toccherà alla Francia votare per il primo turno. Marine Le Pen, secondo gli ultimi sondaggi, è in testa con il 26,5% davanti a Emmanuel Macron, fermo al 25%. Anche in questo caso gli analisti giudicano molto improbabile la vittoria della candidata anti-europeista. Ma il costante (seppur lento) recupero, l’imprevedibilità del ballottaggio, i recenti abbaglia presi dai sondaggisti e l’indagine a carico di Fillon per malversazione inducono a non chiudere del tutto alla possibilità di una vittoria di Le Pen. In questo contesto, un’affermazione di Wilders potrebbe essere un assist per i proclami della candidata del Front National. Senza dimenticare i possibili risvolti anche in vista delle eventuali elezioni in Italia, dove i movimenti anti-europeisti stanno crescendo.

TRUMP E MERKEL – La Germania andrà al voto a settembre. Per la prima volta le previsioni danno in vantaggio Martin Schulz su Angela Merkel. Considerata troppo accomodante sull’immigrazione, la cancelliera sta perdendo consensi anche a causa dell’ascesa dell’AfD, partito euroscettico e anti-immigrazione. Mentre il vento del populismo comincia a spirare, Merkel si prepara all’incontro con Trump in programma venerdì. Oltre alle scelte sull’immigrazione, Merkel dovrà “rendere conto” a Trump anche delle politiche commerciali della Germania e dello spaventoso surplus nei confronti degli USA. Almeno per questa ad Angela Merkel potrebbe fare comodo parlare a nome dell’Unione europea per difendersi dalle accuse di svalutare l’euro per favorire le esportazioni tedesche.
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