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Perché il caffè sarà più costoso e meno buono

1 Aprile 2014 14:15
financialounge -  agricoltura ambiente Barack Obama caffè cambiamenti climatici giappone USA
Il cosiddetto primo mondo sta riscoprendo l’agricoltura. Per combattere la disoccupazione in Giappone vengono proposte offerte di lavoro nelle campagne, mentre negli Stati Uniti per la prima volta dall’inizio della crisi il numero di agricoltori tra i 25 ed i 35 anni sono risultati in aumento del 2%, passando da 106.735 unita a 109.146. È quanto sostiene un’indagine della Coldiretti.
D’altronde i primi segnali di una maggior propensione all’agricoltura erano già evidenti dal mese scorso, quando il Presidente Barack Obama ha firmato il cosiddetto Farm Bill, un programma di sostegno quinquennale al settore agricolo del valore di oltre 950 miliardi di dollari e nuovi finanziamenti sono previsti nel prossimo futuro.

Ma nuove nuvole si vedono già all’orizzonte. Proprio ieri la più importante organizzazione scientifica del mondo sull’analisi del clima, l’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change ha lanciato l’allarme sugli effetti che il riscaldamento globale potrà avere e le forti ripercussioni sull’economia mondiale. A livello pratico, sempre secondo le stime dell’IPCC, entro il 2050 assisteremo ad una notevole riduzione delle aree adatte alla coltivazione del caffè. In Brasile l’aumento della temperatura taglierà di quasi due terzi la produzione di caffè, portando di conseguenza ad un aumento dei prezzi. Anche in Africa occidentale assisteremo ad uno scenario analogo: a causa delle temperature in aumento, le piante faranno più fatica a crescere in altezza, immagazzinando di conseguenza minori sostanze che conferiscono l’aroma al caffè. Anche in questo caso la conseguenza diretta di tutto ciò sarà avere un caffè più caro e meno gustoso. Infine il crescere della temperatura avrà come conseguenza l’aumento del numero di insetti nocivi per le piantagioni di caffè, che si diffonderanno fino a quelle zone dove un tempo, grazie a clima più fresco, non erano presenti.

L’IPCC conclude sostenendo che se anche ci fosse la volontà reale e concreta di fermare il cosiddetto “climate change” probabilmente sarebbe già troppo tardi. I cambiamenti climatici causati dall’uomo hanno avuto un impatto talmente importante nell’ambiente circostante, tale per cui sarà impossibile prevedere come potrà reagire la natura.
Non si tratta più solamente di modificare quelle che sono le nostre abitudini alimentari, accontentandoci di pagare di più per un caffè meno buono: gli effetti di questa bomba ecologica saranno devastanti ed andranno ad impattare su tutti i mercati, non solo gli emergenti.
L’IPCC ha quantificato che a causa del climate change l'economia globale potrà contrarsi fino ad un 2%, per un valore pari a circa 1.400 miliardi di dollari l’anno, i raccolti di grano si ridurranno del 2% ogni 10 anni, a fronte di una crescita della domanda del 14%.

D’altronde le prime avvisaglie le abbiamo avuto proprio in questi anni, con l’esplodere delle proteste sociali in Nord Africa e Medio Oriente, causate proprio dall’aumento del prezzo del grano e di altri cereali. Con una popolazioni terrestre in aumento dai 7 ai 9 miliardi entro il 2050, secondo le stime dell’ONU, la produzione agricola dovrebbe aumentare anziché diminuire. Si prospettano anni difficili per la sopravvivenza, perché con l’emergenza alimentare cresceranno di conseguenza anche i disordini sociali.
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