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Emmanuel Macron

News & Views – 15 maggio 2017

News & Views Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.

15 Maggio 2017 09:45
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Vittoria per mancanza di concorrenti
Tra le tante analisi sulla vittoria di Macron, che proprio ieri si è insediato all’Eliseo, si segnala quella di Philip Delves Broughton sul WSJ: in pratica sostiene che il leader francese più giovane dai tempi di Napoleone ha vinto per mancanza di concorrenza sul suolo francese, perché tutti i talenti del paese transalpino in questi anni se ne sono andati all’estero, mentre una volta avrebbero costruito una carriera accumulando cariche ai vertici delle grandi istituzioni pubbliche e private in patria. L’inizio dell’esodo è iniziato poco dopo l’apertura del tunnel sotto la Manica, ai tempi di Chirac, con mete preferite New York, Silicon Valley, ma soprattutto Londra. Dove hanno ammassato milioni, soprattutto nella finanza, al riparo dalle costrizioni burocratiche e del mercato del lavoro francese. Secondo l’autore la carta vincente del trentanovenne Emmanuel è stata tutta qui: i potenziali concorrenti se ne erano tutti andati. A supporto della sua tesi il giornale nota che Macron ha preso il 93% dei voti dei francesi all’estero, gente che se fosse stata in Francia forse sarebbe stata un concorrente politico. Povera Francia? Fino a un certo punto, almeno lì un Macron è rimasto. Da questa parte delle Alpi sembra che non ne sia rimasto nemmeno uno.

Sorpasso in curva
Ci sono le azioni e ci sono gli indici. I secondi raggruppano le prime per categorie, dimensioni o altri criteri e danno una rappresentazione del mercato. Ovviamente le azioni sono un multiplo degli indici. O no? Una chart recentemente pubblicata da Bloomberg mostra che la risposta è sbagliata. Almeno a Wall Street, oggi ci sono più indici che azioni. Come è possibile? Prima andiamo a vedere come ci si è arrivati. Fino a metà degli anni ‘90 il numero di azioni trattate sul mercato USA è aumentato costantemente, fino a raggiungere il picco di quasi 8.000 nel 1995. Gli indici invece erano un paio di centinaia, un rapporto di 1 a 40. Poi le azioni hanno iniziato a diminuire, un calo di oltre il 40% negli ultimi 20 anni. Invece agli indici è successo l’opposto, tra il 2010 e il 2017 sono quadruplicati e hanno superato quota mille. E da allora sono diventati sempre più numerosi fino a sorpassare il numero delle azioni. Un sorpasso in curva, una ascendente e una discendente. Cosa è successo? È successo che si sono moltiplicati gli ETF, che sempre meno replicano il singolo titolo e sempre più insiemi di titoli che hanno in comune certe caratteristiche. Ma per impacchettare un ETF che replichi, ad esempio, i titoli dello shale oil ad alto dividendo, ci vuole un indice di riferimento. Di qui l’esplosione del numero degli indici. Il che ci riporta all’interrogativo di sempre sugli ETF: la liquidità del sottostante è sempre adeguata a garantire quella del replicante?

Quando i salvataggi sono un affare
Il Tesoro britannico, vale a dire il contribuente, si prepara a mettere a bilancio un capital gain da £500 milioni, frutto di un investimento spericolato di otto anni fa, quando nel pieno della crisi finanziaria spese oltre £20 miliardi per salvare dal fallimento la Lloyds Bank. A giorni farà fuori la piccola quota dello 0,25% che ha ancora in portafoglio e alla fine il conto è un profit netto di una mezza miliardata. Ha motivo di essere orgoglioso Antonio Horta-Osorio, il CEO che ha recuperato la storica banca dall’abisso e l’ha riportata in salute. Il grosso delle azioni, che in tutto ammontavano al 43% del capitale, è stato venduto nel 2016. In sei anni Horta-Osorio ha portato a casa un turnaround spettacolare, e oggi ha in mano una banca solida, concentrata sul mercato domestico, che fa soldi. Pensando all’Italia, ricorda qualcosa?
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