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I mercati prezzano tempi duri, ma non catastrofi

I minimi di Wall Street del 23 marzo non sono stati violati e potrebbero tenere, fondamentale evitare che il blocco anti-virus non infligga danni troppo gravi e permanenti alle economie. Occhio agli indicatori tecnici

di Stefano Caratelli 6 Aprile 2020 10:20
financialounge -  coronavirus mercati Weekly Bulletin

I movimenti sono diventati più contenuti, da "stormy" a "choppy" per dirla all’americana, vale a dire oscillazioni non più violentissime ma sempre sostenute. Il problema è che la direzione dei mercati finanziari non è cambiata di molto da fine febbario/metà marzo, con gli asset a rischio che continuano a puntare più a sud che a nord. Dopo un rally che aveva riacceso speranze sia a Wall Street che in Europa, sull’onda dei massicci stimoli monetari e fiscali varati in America, e in misura minore da queste parti, gli indici delle Borse si sono riavvicinati ai minimi del 23 marzo. Si preparano a ritestarli? Oppure a cercarne di nuovi? O magari quei livelli, che si cifrano in un infraday dello S&P 500 a 2190 hanno formato effettivamente un bottom da cui però la risalita è particolarmente difficile e accidentata? Le tre ipotesi sono aperte e l’esito finale è legato a un fattore su cui nessuno sembra avere ancora pieno comando, vale a dire il rientro del contagio e la fine dell’emergenza virus.

EVITARE IL PERICOLO DI PASSARE DA UNA CRISI ACUTA A UNA PATOLOGIA CRONICA


Per ora il danno inferto alle economie è importante, ma non fatale. Una crisi acuta ma da cui si può uscire in poco tempo in piena salute. Ma se da una crisi acuta, ma breve, si passa a uno stato cronico di patologia, con le economie dei paesi sviluppati di fatto inchiodate per mesi nel letto d’ospedale, allora i danni potrebbero essere devastanti e definitivi. Per ora sembra che i mercati stiano prezzando un danno molto importante, ma temporaneo. La risposta di governi e banche centrali alla paralisi economica indotta dalle misure di contrasto al virus finora è stata abbastanza omogenea in USA e Europa, soprattutto dal punto di vista monetario, anche se non concertata a livello di G7 o di G20. La risposta all’emergenza sanitaria in senso stretto è stata invece molto diversificata.

LA RISPOSTA SANITARIA È MOLTO DIVERSIFICATA, CUOMO RISCHIA E TRUMP LO LASCIA FARE


Si va da quella cinese, di isolamento totale del focolaio sia dal punto di vista sociale che economico e produttivo, che sembra aver funzionato, anche se sui numeri che arrivano da Pechino qualche dubbio è lecito, alla risposta dell’Europa comunitaria in ordine sparso, con primo allarme rosso in Italia, sottovalutazione e poi risposte forti ma non coordinate, fino agli Stati Uniti d’America, dove il presidente ha lasciato sostanzialmente in mano il timone ai governatori. Il caso di New York è interessante, il governatore Andrew Cuomo contro il consiglio di Trump ha preferito non chiudere per virus l’Empire State e soprattutto la Grande Mela, la capitale del capitalismo, affidandosi a una gestione ‘chirurgica’ della crisi con interventi mirati ma non a tappeto. La Casa Bianca lo lascia fare, sta rischiando molto, ma se avesse successo potrebbe essere un segnale molto importante.

I MERCATI NON HANNO PERSO DI VISTA L’ORIZZONTE DI LUNGO TERMINE, CHE È ANCORA DI CRESCITA


Queste risposte diverse daranno probabilmente risultati diversi. La cosa importante è che i risultati arrivino e si possano rimettere in moto le economie, magari inizialmente solo a un paio di cilindri. Ma è cruciale che i danni inflitti dalle misure anti-virus non si prolunghino nel tempo fino a diventare permanenti. Finora la reazione di investitori e mercati è stata di non perdere di vista l’orizzonte di medio lungo termine, che è ancora un orizzonte di crescita. Gli indici di Borsa, da Wall Street a Francoforte fino a Milano, stanno prezzando una violentissima frenata, che determinerà una recessione altrettanto violenta nel secondo trimestre. L’importante è che sia breve e si possa arrivare a fine anno con economie in tenuta e in ripresa. Gli strumenti monetari e fiscali messi in campo, visualizzati in % del PIL nel grafico qui sotto, proposto su Financialounge.com da J.P. Morgan AM, sono certamente sufficienti per accompagnarla e stimolarla.

[caption id="attachment_156047" align="alignnone" width="482"]FONTE: Bloomberg; dati al 25 marzo 2020. *Misure fiscali statunitensi e importo totale del QE FONTE: Bloomberg; dati al 25 marzo 2020. *Misure fiscali statunitensi e importo totale del QE[/caption]

NAVIGAZIONE A VISTA GUIDATA DA INDICATORI TECNICI: T-BOND, ORO, MATERIE PRIME E PETROLIO


Nelle prossime settimane dovremo proseguire una navigazione a vista, guidata più che dai dati macro e micro (tra poco cominciano ad arrivare le trimestrali), che tanto saranno pessimi ma sono già prezzati, piuttosto dagli indicatori "tecnici". Ad esempio, i minimi dello S&P 500 del 23 marzo sono stati anticipati un paio di settimane prima da un rendimento del T-bond precipitato allo 0,31% e dall’oro che ha bucato al rialzo 1.700 dollari l’oncia. Oggi il primo viaggia in area 0,6% e il secondo poco sotto 1.650 dollari. Sono due livelli che vanno tenuti d’occhio perché potrebbero essere i classici ‘canarini nella miniera’. Un altro indicatore chiave è l’indice delle commodity, che sta toccando il livello su cui è rimbalzato dopo la caduta a picco seguita alla crisi del 2008. La componente più importante di questa classe di asset è ovviamente il petrolio, che ha recuperato quasi il 50% dalla puntata sotto i 20 dollari del 30 marzo, ma ai livelli di venerdì 3 aprile, il WTI a 29 dollari è ancora sotto del 54% rispetto a inizio anno.

“Non cercare i minimi di mercato e guardare lontano”


“Non cercare i minimi di mercato e guardare lontano”





BOTTOM LINE


Salvare migliaia di vite dal virus è sicuramente fondamentale. Ma lo è altrettanto evitare che il blocco da virus provochi danni gravi e permanenti alle economie compromettendo le condizioni di esistenza di centinaia di milioni di persone. Trovare la quadra tra questi due estremi è compito di governi e politici, che non possono cavarsela lasciando la responsabilità tutta ai tecnici sanitari e agli epidemiologi.
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