Contatti

mercati emergenti

Mercati sviluppati nel limbo, tutto congiura a favore degli emergenti

A Wall Street e in Europa gli ultimi mesi del 2018 sono stati dominati dalla tattica e dai ribassisti. A gennaio i prezzi sono risaliti, ma soprattutto per le ricoperture e ora siamo in un limbo che durerà qualche mese.

25 Febbraio 2019 09:35
financialounge -  mercati emergenti Wall Street Weekly Bulletin

Il Toro di solito per salire prende le scale, l’Orso per scendere preferisce l’ascensore, è più veloce. E’ uno dei tanti motti che i trader di Wall Street si passano da una generazione all’altra per sintetizzare in poche parole le verità del mercato. Giocando al ribasso i soldi si fanno più in fretta, ma si perdono anche più in fretta. Negli ultimi tempi il Toro le scale le ha fatte di corsa, almeno a gennaio, per fermarsi a tirare il fiato su un pianerottolo a febbraio. Dove è oggi il mercato? Siamo in un mercato Orso o Toro? Siamo in correzione? Quello di gennaio è stato un bearish rally? Oppure è stato dicembre ad essere una trappola per Orsi? Dipende dal punto temporale che si prende a riferimento. Se prendiamo i massimi di inizio ottobre 2018 siamo ancora ai confini della correzione. Se prendiamo i minimi natalizi siamo quasi in territorio Toro. Se prendiamo la distanza delle 200 sedute, che si utilizza per costruire la più classica delle medie mobili, siamo a somma zero. Tutti gli indici globali, non solo quelli di Wall Street, ma anche dell’Eurozona, della Germania, perfino dell’Italia, fino alla Cina sono tutti a ridosso, poco sopra o poco sotto, la media mobile a 200 giorni, vale a dire il livello medio dei prezzi nel periodo che va dall’ultima seduta a tutte le precedenti 199, per questo si chiama mobile, che può essere semplice o esponenziale, vale a dire che ‘pesa’ di più i dati più recenti e meno quelli più vecchi.

IL MONDO APPESO ALLA MEDIA MOBILE


Non vuol dire che siamo dove eravamo un anno fa, ma che siamo nel punto di equilibrio relativo dell’ultimo anno. La media mobile è probabilmente l’indicatore tecnico più guardato da trader e broker. Se viaggia ben sotto, a distanza, rispetto alla linea dell’indice o di un prezzo in salita, vuol dire che stiamo avanzando nel territorio del Toro. Se viceversa costruisce una specie di soffitto ben posizionato a distanza sopra l’indice, allora comanda l’Orso. La rottura della media, al ribasso o al rialzo, segna il cambiamento di regime, il passaggio dal rialzo al ribasso o viceversa. Quando la media mobile più breve, tipicamente a 50 giorni, intercetta la media a 200 giorni e la supera al ribasso, allora abbiamo il death cross, l’incrocio mortale, che indica l’arrivo dell’Orso. Quando succede la stessa cosa a parti invertite, trader e broker lo interpretano come un forte segnale rialzista. Il mercato è in terra di nessuno, tutti gli sviluppi sono aperti. Prendendo le distanze dall’analisi tecnica si può osservare che è un mercato abbastanza insensibile alle cattive notizie, mentre apprezza molto prontamente quelle buone, o percepite come tali.

MERCATO INSENSIBILE AI DATI NEGATIVI


Raffiche di dati macro negativi, in USA e in Europa, vengono sostanzialmente ignorate. Mentre ogni spiraglio che sembra aprirsi nella trattativa commerciale tra americani e cinesi viene salutata con un rally. Sembra voler dire che il mercato non è alla ricerca di scuse per scendere, mentre è ansioso di avere motivi più o meno validi per salire. Può anche voler dire che i ribassisti hanno incontrato un limite a dicembre, dopo aver accumulato posizioni short per quasi tutto il terzo trimestre, e che il rally di gennaio è stato soprattutto l’effetto di ricoperture, vale a dire il riacquisto di titoli e altri strumenti che erano stati venduti allo scoperto tra ottobre e dicembre. A conforto di questa spiegazione ci sono diversi report secondo cui i fondi azionari USA hanno registrato da inizio anno 12 settimane consecutive di deflussi netti per un totale di oltre 4 miliardi di dollari. Se i fondi sono usciti, chi ha comprato a Wall Street? Qualcuno dice che ha comprato il retail attratto dai prezzi bassi di Natale. Più verosimilmente hanno ri-comprato quelli che da ottobre avevano venduto allo scoperto, portando a casa il profit.

Mercati emergenti, un anno da ricordare?


Mercati emergenti, un anno da ricordare?





A OTTOBRE I RIBASSISTI HANNO CHIAMATO IL BLUFF


A settembre la gente si era fatta l’idea che dopo otto mesi di alti e bassi il 2018 potesse chiudersi con un bel rally di fine anno, aiutato anche dalle elezioni di mid-term a novembre, di solito positive per Wall Street. E quindi ha comprato spingendo lo S&P 500 e gli altri indici a nuovi record storici ai primi giorni di ottobre. Ma erano acquisti tattici, fatti da mani pronte a rivendere non appena fosse partito il rally di Santa Claus. I ribassisti hanno capito che non era un movimento con basi solide, e sono andati a vedere il bluff, cominciando a vendere allo scoperto. Purtroppo allo scoperto si può solo vendere, non comprare, e i Tori, che non erano veramente convinti e poco disposti a impegnarsi troppo, si sono trovati in trappola. Adesso siamo in una specie di limbo, un momento della verità che può durare anche qualche mese. I ribassisti hanno bisogno di qualcosa di più del rally di gennaio, alimentato dalle loro stesse ricoperture, per rischiare subito un’altra mossa. E i Tori hanno bisogno di qualche certezza in più su troppi fronti – dalla guerra dei dazi, alla Brexit, fino alle elezioni europee – per fare scommesse di lungo periodo.

BOTTOM LINE


La bottom line è che tutto congiura a favore dei mercati emergenti, sia per quanto riguarda l’investimento azionario che per quello nel reddito fisso. Il 2018 li ha puniti più di quanto meritassero, hanno conti con l’estero sostanzialmente in ordine, inflazione sotto controllo quasi dappertutto, monete stabilizzate e economie in crescita moderata. Il tutto condito dall’emergere di una classe media con sempre più reddito disponibile per consumare e investire. In Attese & Mercati la classifica dei 10 emergenti che cresceranno di più nel prossimo decennio.
Share:
Trending