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Chia-Liang Lian

Mercati emergenti, perchè non sono un’asset class convenzionale

L’eterogeneità dei paesi, la vulnerabilità ad eventi esterni e la poca trasparenza nella informativa lasciano gli investitori ancora diffidenti sui mercati emergenti.

5 Ottobre 2016 09:57
financialounge -  Chia-Liang Lian Legg Mason mercati emergenti

Dal 1 gennaio 1999 al 23 maggio 2013 gli obbligazionari paesi emergenti sono stati la categoria di fondi che ha registrato senza ombra di dubbio la miglior performance assoluta (+195,66%).

Per comprendere meglio il significato di tale performance si può ricordare che, nello stesso arco di tempo, i fondi obbligazionari governativi euro a medio lungo termine (i fondi specializzai sui titoli di stato euro con scadenza media superiore ai 24 mesi) hanno realizzato un rialzo del +55,67%, gli obbligazionari area dollaro un +54,46% e i fondi obbligazionari governativi internazionali un guadagno del +37,96%.

Dal 23 maggio 2013 (giorno in cui cominciarono a trapelare le prime indiscrezioni circa un possibile rallentamento dei flussi di acquisto di obbligazioni in dollari, tra le quale anche quelle emesse da paesi emergenti, da parte della Federal Reserve) al 31 dicembre 2015, invece, i fondi obbligazionari paesi emergenti hanno registrato una performance piatta (+1,1%), penalizzati dai forti deflussi degli investitori internazionali.

Dall’inizio di quest’anno, però, il vento è tornato a soffiare di nuovo a favore dei fondi obbligazionari paesi emergenti che, infatti, vantano un rotondo +11 per cento di rendimento.

Resta il fatto che nonostante emerga un miglioramento dei fondamentali è difficile ipotizzare che il debito dei mercati emergenti possa essere considerato un’asset class convenzionale.

Ad ostacolare questo percorso persistono tre fattori che, secondo Chia-Liang Lian, Head of Emerging Markets Debt di Western Asset (gruppo Legg Mason), impediscono questo cambiamento strutturale: l’eterogeneità dell’asset class, la vulnerabilità ad eventi esterni e la poca trasparenza nell’informativa.

Per quanto riguarda il primo ostacolo, si deve notare che spesso gli operatori di mercato tendono ad applicare un metodo di valutazione univoco nell’analisi del debito dei mercati emergenti. Si tratta però di un approccio che comporta il rischio di errori di valutazione: sono circa 70 i paesi che a vario titolo rientrano tra quelli del debito emergente e il cui rating spazia da un massimo di ‘AA’ ad un minimo di ‘CC’.

In secondo luogo, le economie in via di sviluppo sono caratterizzate dall’essere in una fase di crescita. Ne deriva che la loro capacità di crescere e rafforzarsi dipende, talvolta in modo significativo, dagli stimoli e da investimenti esterni per sostenere il proprio sviluppo. Le decisioni che assumerà la Federal Reserve in tema di tassi americani, il possibile rallentamento dell’economia di Pechino e le quotazioni dei prezzi delle materie prime incidono in modo significativo sulle economie emergenti costringendole ad adattarsi alle nuove condizioni internazionali con risultati che potranno essere sensibilmente differenti tra un paese e un altro.

Infine, non meno importante, si segnala una certa opacità informativa.

“La qualità e la trasparenza della comunicazione esterna da parte dei paesi emergenti è generalmente piuttosto carente” spiega Chia-Liang Lian per il quale questo aspetto è particolarmente spinoso per gli analisti che puntano ad un monitoraggio minuzioso e dettagliato dei mercati obbligazionari governativi e del credito locali.

“Una conseguenza spiacevole di questa scarsa trasparenza informativa è che spesso si registrano eventi inaspettati (come, per esempio, decisioni da parte delle banche centrali imprevisti o non correttamente segnalati, cambiamenti inattesi ai vertici di governo, dati aziendali lacunosi o annunciati con ritardo), che possono arrivare a provocare anche profonde turbolenze sui mercati” conclude Chia-Liang Lian.
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