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Mercati emergenti, Argentina e Russia confermano che non sono tutti uguali

Mentre l’Argentina soffre per un’inflazione alle stelle (30%), la Russia, pur esposta alle sanzioni internazionali, vanta fondamentali economici di tutto rispetto.

9 Maggio 2018 09:48
financialounge -  Amundi Argentina dollaro mercati emergenti Russia treasury

Sempre più spesso gli asset manager sottolineano che i mercati emergenti non sono affatto tutti uguali. I casi recenti di Argentina e Russia ne sono la conferma. Scopriamo insieme perché. Venerdì scorso la banca centrale dell’Argentina ha rialzato i tassi al 40% per cercare di frenare il crollo della valuta nazionale rispetto al dollaro.

TREASURY USA A 10 ANNI AL 3%


Dal 24 aprile, il giorno nel quale il rendimento del Treasury USA a 10 anni ha tagliato al rialzo il traguardo del 3%, si assiste ad un deflusso dalle divise dei paesi in via di sviluppo a favore del biglietto verde: tutti coloro che speculavano sull’indebolimento del dollaro USA hanno dovuto rapidamente fare marcia indietro provocando un vero e proprio piccolo terremoto valutario. Un problema comune a molte altre valute emergenti ma che ha trovato nell’economia di Buenos Aires terreno fertile per arrecare i danni maggiori visto che l’inflazione argentina viaggia al 30%.

60 MILIARDI DI DOLLARI DI VALUTA ESTERA


Secondo gli addetti ai lavori, le riserve in valuta della Banca centrale argentina superiori ai 60 miliardi di dollari, dovrebbero scongiurare un altro default (fallimento). Resta il fatto che i possessori di bond di Buenos Aires hanno cominciato a sentire i brividi memori di quanto accaduto nel 2001, quando il governo argentino negoziò il rifinanziamento del debito con un drastico taglio del valore nominale dei titoli in circolazione.

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L’OMBRA DELLE SANZIONI INTERNAZIONALI


Sull’altro versante, troviamo la Russia. Un paese le cui prospettive economiche sono adesso positive, sostenute da una politica monetaria espansiva, da un commercio globale solido e dall'aumento del prezzo del petrolio. Un contesto che però è messo in discussione dall'ultimo ciclo di sanzioni annunciato dall’amministrazione Trump. “La posizione verso l’estero della Russia rende l'economia resiliente agli shock esterni. Il rischio maggiore è rappresentato da un calo del prezzo del petrolio, sebbene la recente adozione di una nuova legislazione fiscale abbia reso i conti fiscali del Paese meno vulnerabili rispetto a prima alle oscillazioni dei prezzi del petrolio” fanno però sapere gli esperti di Amundi convinti che il rublo proseguirà nel suo ruolo di ammortizzatore, alla luce dell'ultimo round di sanzioni statunitensi.

IL CAMBIO DOLLARO RUBLO A 61-62


“In base al nostro modello interno, una corretta valutazione del cambio dollaro USA / rublo (USD/RUB) si attesta a 61-62 (cioè in linea con l’attuale quotazione di 62, ndr), se il prezzo del petrolio rimane ben impostato. Non ci aspettiamo che la Banca Centrale Russa (CBR) aumenti i tassi nel breve termine, ma potrebbe prendere una pausa nel primo semestre 2018 dall'attuale orientamento di allentamento e ristabilirlo una volta che la situazione si sarà calmata” spiegano i professionisti di Amundi. Per quanto riguarda invece il mercato azionario, gli esperti di Amundi mantengono una posizione costruttiva sebbene non si possano ancora escludere ulteriori implicazioni negative derivanti dall’allargamento, nell'elenco delle sanzioni, a ulteriori nuove aziende o manager.

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BORSA DI MOSCA CONVENIENTE


“Il mercato azionario russo appare piuttosto conveniente. Tuttavia siamo persuasi che la rigorosa selezione delle società e dei settori meno esposti ad eventuali interruzioni della filiera produttiva e più al riparo da potenziali sanzioni future sia l’approccio migliore, soprattutto in questa fase” fanno sapere i professionisti di Amundi che, relativamente al mercato obbligazionario indicano una preferenza sui titoli governativi, sugli emittenti quasi-governativi e, nell’ambito degli emittenti societari, quelli finanziari.
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