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Emergenti miglior alleato dell'investitore

L’anno prossimo la Cina infilerà il trentesimo anno di crescita ininterrotta mentre per le economie avanzate il percorso è stato più accidentato e ora si avviano al test cruciale del ritorno alla normalità monetaria.

26 Novembre 2018 08:30

Tra un anno di questi tempi la Cina spegnerà 30 candeline, quanti gli anni di espansione economica ininterrotta che sta infilando mese dopo mese dal dicembre del lontano 1989. Un anno storico per molti versi: a ottobre la caduta del Muro di Berlino segnò la fine della guerra fredda ma soprattutto segnò l’avvio del processo che avrebbe portato nel giro di un paio d’anni al collasso dell’impero sovietico e alla fine del comunismo in Europa. Tra i grandi paesi a restare comunista fu la Cina ma solo di nome. Sempre nello storico 1989 infatti anche i cinesi provarono a buttare giù il loro muro a piazza Tienanmen ma il comunismo di fatto era già stato spazzato via dalle riforme economiche e dall’apertura al mercato degli anni precedenti e la rivolta degli studenti di Pechino servì solo ad accelerare un processo già in atto. In Occidente, a cominciare dagli USA, lo storico 1989 segnò l’inizio della distribuzione del ‘dividendo della pace’ con l’arrivo dei benefici derivanti dall’apertura del mercato e della libertà di circolazione di merci e capitali in un pezzo di mondo popolato da centinaia di milioni di persone che ne era stato tagliato fuori per decenni. Lo storico 1989 fu anche l’anno dell’acme della bolla degli asset giapponesi, che a dicembre portò l’indice Nikkei a valere 39.000 punti (quasi il doppio di oggi) per poi dimezzare nel giro di un paio d’anni.

[caption id="attachment_132550" align="alignnone" width="529"]Durata della crescita nelle economie globali (Fonte: Economic Cycle Research Institute) Durata della crescita nelle economie globali (Fonte: Economic Cycle Research Institute)[/caption]

L’AUSTRALIA HA BENEFICIATO PIU’ DI TUTTI


Infatti il Giappone è stato tra i paesi vicini quello che ha beneficiato di meno della lunghissima espansione della Cina, mentre come si vede nella tabella tutti gli altri, dall’Australia all’India, fino alla Corea del Sud, hanno goduto di periodi di espansione lunghissima proprio al traino dell’economia cinese. L’Australia in particolare ha beneficiato del lunghissimo boom cinese alimentandolo con le sue riserve praticamente infinite di materie prime, un beneficio che proprio quest’anno ha consentito agli australiani di superare gli svizzeri e conquistare il primo posto nella classifica globale delle ricchezza media più alta della popolazione adulta. Dal 1989 ogni anno si sono aggiunti alla platea globale dei consumatori prima decine e poi centinaia di milioni di persone con reddito disponibile in aumento, una nuova classe media globale che costituisce il miglior alleato dell’investitore, perché offre nuove opportunità di diversificazione e sostiene con i suoi consumi crescenti anche le economie sviluppate.

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GLI ERRORI DELLA POLITICA MONETARIA


Una trasformazione profonda che ha consentito ad esempio all’Italia, storicamente importatrice di quasi tutte le materie prime e strutturalmente in deficit commerciale, di diventare strutturalmente in surplus, a differenza ad esempio della Francia, nonostante non disponga più dell’opzione svalutazione per recuperare competitività di prezzo. Ma la traiettoria di crescita delle economie sviluppate è stata meno lineare e nello stesso arco di tempo ha conosciuto strappi in avanti e cadute. Eccessi in una direzione e nell’altra aiutati anche da errori di politica monetaria. Come nel 1998, quando l’economia americana si stava surriscaldando e Wall Street stava esagerando con l’euforia per la new economy ma l’allora capo della Fed Alan Greenspan abbassò i tassi invece di alzarli e consentì alla bolla di gonfiarsi fino al limite dell’esplosione, anche per accompagnare il salvataggio dell’hedge fund LTCM, un precedente anticipatore del crac Lehman. O come nella prima parte del 2011 quando l’allora presidente della BCE Trichet alzò per due volte consecutive i tassi mentre stava esplodendo la crisi del debito rispedendo in recessione diverse economie europee che stavano provando a uscire dalla Grande Crisi.

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IL RISCHIO DEL CONSENSO A OGNI COSTO


Di solito le economie sviluppate tendono a esagerare perché incoraggiate da una politica alla ricerca del consenso a ogni costo, come Bush figlio nel 2006-7 incoraggiando la concessione di mutui a chiunque li chiedesse, e non trovano un argine adeguato nella politica monetaria. Ora il tema si ripropone, con un Donald Trump innervosito dagli alti e bassi di Wall Street che mette pressione al capo della Fed Jay Powell perché la smetta di alzare i tassi, con qualche frecciata poi smentita anche nei confronti de segretario al Tesoro Steve Mnuchin. Powell fa il suo mestiere e punta al ritorno alla normalità monetaria: se l’economia è forte come dice Trump allora può benissimo sopportare Fed Funds intorno al 3%, tutto sommato sarebbe un livello molto più basso del 5% a cui viaggiavano prima della crisi. Se invece ha ancora bisogno di tassi a livello di stimolo, allora è meglio saperlo prima. In Europa invece ci sono pochi dubbi sul fatto che di stimolo monetario ci sia bisogno almeno per tutto il 2019.

La bottom line è che le economie avanzate sono a una svolta e a partire dal 2019 devono verificare la capacità di crescere anche senza la stampella dello stimolo monetario. Anche perché i prezzi degli asset finanziari possono essere sostenibili solo se hanno sotto delle economie reali non drogate dallo stimolo monetario. Per fortuna a fare da àncora ci sono le economie che continuiamo a chiamare emergenti sempre più grandi e strutturate che si stanno trasformando in uno stabilizzatore del sistema globale.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

Attese & Mercati – Settimana dal 26 novembre 2018 - News - FinanciaLounge


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