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Manovra, le banche (incolpevoli) pagano il conto di spread e incertezze

Lo spread spinto al rialzo mangia capitale a un sistema bancario che stava concludendo con successo un percorso di risanamento, e che ora è costretto, non per colpa sua, a danzare con l’Orso a Piazza Affari.

4 Ottobre 2018 07:50
financialounge -  banche italiane legge di bilancio 2019 Morning News Piazza Affari https://www.flickr.com/photos/leeperryphd/25489187573/in/photolist-EQoKrg-C2sxkH-EkJS46-omWGF9-o5E8BB-CCW8uE-o5DZvh-bsXDDk-FBsZRQ-UM4v5C-jAYsMT-qaPs4J-qmq9dV-djdBfV-qQgC77-PqyJLP-qMXwjg-o3z9M3-ecctKh-nPp6Le-o5DZzW-iJ9kzy-238kwby-iJ5mVB-a7ZnZP-iwBNiP-e5FrB5-gjfpjf-bkyDTY-CVWhy5-EjBmA9-hFCnfW-qiJuX4-eccs4L-eNoYp5-Yk5fj4-211xcTD-pwmogK-peRXxy-CHXC95-hoxH7n-o5Ea7E-bytDNB-9xezwJ-vx5U46-KtiaTm-EmQ1UB-EqLWM3-vx539B-25iMQ5S

La Borsa italiana sta flirtando con l’Orso. Il 2 ottobre scorso l’indice FTSE Mib si è avvicinato a una distanza di poco più di un paio di punti percentuali a quel distacco di oltre il 20% dai massimi recenti che segna l’ingresso nel territorio del plantigrado. La componente finanziaria di Piazza Affari invece, fatta di titoli bancari e assicurativi, sta già ballando il tango con l’Orso da metà maggio, portandosi ogni tanto fuori dalla zona -20 per poi tornarvi con una certa puntualità. Ieri l’indice dei finanziari viaggia più o meno a una distanza del 24% rispetto ai massimi in area 15.300 toccati verso fine aprile. Sono livelli importanti, che il mercato guarda con la stessa attenzione con cui guarda se la manovra punta a un deficit/PIL al 2,2% o al 2,4%. Un altro indicatore che il mercato osserva attentamente sono le medie mobili. Per quanto riguarda i finanziari, quella a 50 giorni viaggia molto sotto quella a 200, un altro segnale caratteristico di un mercato in fase Orso. Sull’indice generale la situazione è la stessa, ma la distanza tra i due indicatori è minore.

ANDATI IN FUMO 6 MLD DI VALORE DI BTP IN PORTAFOGLIO


La correlazione tra andamento dello spread e andamento dei titoli bancari è molto stretta. Dalla scorsa primavera le azioni delle banche italiane quotate hanno bruciato una trentina di miliardi di capitalizzazione, in coincidenza con l’allargamento del divario tra rendimento di BTP e Bund. Un allargamento dovuto interamente all’aumento dei tassi del BTP a cui corrisponde un simmetrico calo dei prezzi. Questo vuol dire che più aumenta lo spread più cala il valore di mercato dei BTP in portafoglio alle banche aumentando la rischiosità ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali e di rischio mercato, imposti dagli organi di vigilanza.  Lo spread ‘mangia’ capitale alle banche, lasciando meno disponibilità per prestiti e mutui a famiglie e imprese. E meno prestiti vuol dire meno incassi, perché il business delle banche è fatto dai margini tra il costo del denaro e l’interesse a cui lo prestano. Si calcola che ogni 100 punti in più di spread mangi tra i 30 e i 50 punti base di Cet1 delle banche. Dalla primavera a oggi lo spread ha fatto perdere circa 6 miliardi di valore dei BTP che le banche quotate hanno in portafoglio.

Quel 2,4%, un’occasione servita su un piatto d’argento alla speculazione


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TORNA IL RISCHIO DEGLI AUMENTI DI CAPITALE?


Se il Cet1 delle banche si assottiglia troppo, può succedere qualcosa di molto spiacevole, cioè che l’autorità di vigilanza, che su quasi tutte le quotate è di competenza della BCE, decida che bisogna rafforzare il capitale, con un’emissione di nuove azioni a pagamento. Dopo l’aumento di capitale monstre da 13 miliardi di Unicredit il mercato aveva pensato che ormai le banche italiane, a parte alcune situazioni molto particolari come Carige, avessero raggiunto livelli di patrimonializzazione più che adeguati. Ora questa certezza data per acquisita comincia sotterraneamente ad essere messa in discussione. Capitale adeguato e NPL in costante e cospicuo smaltimento proiettavano le banche italiane verso un ritorno alla normalità fatto di recupero di margini e redditività. E infatti nella prima parte dell’anno sono andate in rally. Fino a metà maggio, quando sono cominciati a circolare i timori che i conti pubblici andassero fuori dal sentiero tracciato dalla UE e risvegliassero timori di un possibile sganciamento dall’euro. Da lì è iniziato ad avvitarsi il circolo vizioso di spread e cali di Borsa che non è ancora rientrato.

L'incertezza sul DEF alimenta la volatilità


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BOTTOM LINE


La situazione è lontana mille miglia dalla crisi del debito del 2010-12. I problemi italiani sono auto-inflitti, non segnalano problemi di tenuta dell’euro, come dimostra il fatto che non c’è nessun effetto contagio nell’Europa periferica. Ma offrono alla speculazione la possibilità di insinuarsi nelle incertezze politiche per cercare di realizzare profitti, che è esattamente il suo mestiere. E a farne le spese sono le banche incolpevoli.
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