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Lo strano caso del prezzo del grano

9 Dicembre 2013 16:30
financialounge -  agricoltura esportazioni Europa materie prime USA
Uno degli effetti della globalizzazione dei mercati finanziari è che un bene o un servizio dovrebbe costare lo stesso in tutto il mondo. Certo, ci possono essere delle discrepanze di quotazione ma con gli specialisti in arbitraggi queste tendono a riallinearsi. Nel caso delle materie prime, però, queste divergenze di quotazioni assumo talvolta aspetti paradossali.

È proprio quello che sta accadendo al prezzo del grado che è al massimo negli ultimi 7 mesi in Europa mentre continua a perdere terreno negli USA: le quotazioni del cereale in America hanno chiuso venerdi scorso al Chicago Board of Trade ai minimi degli ultimi due anni a quota 637,25 centesimi di dollaro per bushel, la misura di capacità per aridi e liquidi usata nel Regno Unito e per soli aridi negli USA e in Canada.

La divergenza tra i prezzi nei due mercati dello stesso bene si è talmente ampliata che una tonnellata di grado americano per consegna marzo 2014 costa ora circa 40 dollari in meno rispetto al prodotto “made in Europa”. Le ragioni di questo andamento sono da ricercarsi da un lato, quello europeo, nella robusta domanda estera che sta sostenendo le esportazioni e i prezzi mentre dall’altro, quello americano, nella stagnante domanda di grano che soffre la concorrenza del vicino Canada (il cui raccolto di grano è cresciuto del 38% su base annua) e persino dell’Australia (che ha rivisto al rialzo le stime di produzione).
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