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La reazione dei mercati alla normalizzazione dei tassi Fed

4 Settembre 2014 10:05
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Tra i tanti punti in agenda, gli investitori stanno ponendo una crescente attenzione alle decisioni delle principali banche centrali mondiali (in primis Fed e BCE) in tema di politica monetaria con un particolare focus per quelle relative alla bassa inflazione (o, addirittura, alla deflazione) e agli stimoli alla crescita economica.

Un quadro in cui emergono elementi abbastanza certi e altri avvolti ancora da mille dubbi. Tra i primi la crescente divergenza tra l’atteggiamento della Fed e quello della BCE. Sebbene entrambe le banche centrali abbiano dichiarato di mantenere politiche monetarie accomodanti per un lungo periodo di tempo, l’istituto di credito centrale USA concluderà il tapering (cioè la riduzione dell’acquisto di tioli obbligazionari) in ottobre mentre l’Eurotower lancerà questo mese il programma di T-LTRO (Targeting Long Term Refinancing Operation), i prestiti alle bancari dedicati esclusivamente al finanziamenti alle imprese, e potrebbe poi iniziare un QE (Quantitative Easing) europeo.

Tale andamento divergente dovrebbe continuare a rafforzare il dollaro rispetto all’euro come già accaduto nelle ultime settimane: il consenso degli analisti stima un cambio EUR/USD a 1,25 entro i prossimi 12 mesi mentre gli esperti di Morgan Stanley Research ritengono che la divisa unica europea sia destinata a indebolirsi nei prossimi 12 mesi fino a scendere, nei confronti del dollaro americano, a quota 1,20.

Per tutti gli altri punti, dall’andamento dell’inflazione alla deflazione europea, dal possibile aumento della volatilità dei mercati agli impatti di un aumento dei tassi USA, emergono molte meno certezze.

“Nel corso dei prossimi trimestri, riteniamo potrebbe avere luogo una sorta di surriscaldamento dell'inflazione a livelli maggiori di quanto previsto dal mercato. Non crediamo che in generale l'inflazione possa aumentare tanto da avere un impatto sulle asset class rischiose come quella azionaria. Ma potrebbe mettere in discussione la capacità della Fed di mantenere la propria politica monetaria accomodante. Di conseguenza, potremmo assistere ad un periodo di volatilità nella curva dei rendimenti” fa presente Chris Wallis, CEO, Equity Manager Vaughan Nelson Investment Management (gruppo Natixis Global Asset Management) per il quale gli investitori e i mercati potrebbero temere che la Fed venga a trovarsi nella condizione di dover accelerare alcuni degli aumenti dei tassi di interesse.
Oppure, laddove la Fed non ponga l'acceleratore sull'aumento dei tassi, gli investitori potrebbero temere di restare indietro rispetto alla curva di rendimento, obbligando la Fed a diventare maggiormente aggressiva in seguito.

“Riteniamo che ciò possa creare una certa ansia, che potrebbe determinare volatilità. Volatilità che comunque verrebbe ben accolta da tutti i gestori attivi, che potrebbero individuare opportunità molto interessanti” tiene però a precisare Chris Wallis che poi traccia un quadro di come potrebbero reagire i mercati alla normalizzazione dei tassi da parte della Fed: “La "normalizzazione" della politica monetaria dovrebbe contestualmente mettere pressione su determinati settori del mercato, tra cui i Real Estate Investment Trust (REITs), utilities ed altri settori del mercato obbligazionario. Ciò darà ai gestori attivi la possibilità di sovraperformare il mercato in una prospettiva futura. Accoglieremo pertanto con favore qualsiasi aumento della volatilità e pensiamo che una correzione del 5-10 percento nel mercato azionario sarebbe estremamente positiva in questo momento”.
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