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La gestione flessibile obbligazionaria

6 Giugno 2012 08:00
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Nonostante i loro rendimenti siano schiacciati ai minimi storici, risulta ancora in aumento l’esposizione verso i titoli di Stato Usa e i bund tedeschi. I primi, con scadenza a 10 anni, non offrono più dell’1,47% all’anno mentre i bund decennali tedeschi rendono soltanto l’1,18%.

Come mai gli investitori corrono ad acquistare questi titoli che, ai tassi attuali, evidenziano un rendimento reale negativo, cioè inferiore al tasso di inflazione atteso?

Perchè la nuova instabilità derivante dalla crisi del debito sovrano della zona euro provoca forte insicurezza e gli investitori preferiscono guadagnare poco (o, addirittura, avere tassi reali negativi) piuttosto che rischiare di perdere i loro capitali in asset meno sicuri come sono ritenuti in questa fase, per esempio, i governativi dei paesi periferici europei (italiani inclusi). E’ tuttavia evidente che se questa decisione può essere giustificata dall’emotività del momento, non lo può essere come scelta d’investimento efficiente a medio lungo termine.

Per fornire una soluzione in termini di maggiori rendimenti senza tuttavia correre rischi eccessivi, sono state messe a punto le gestioni flessibili obbligazionarie. Si tratta di portafogli a reddito fisso che non guardano soltanto a una tipologia di titoli (quelli governativi) ma spaziano in tutte quelle disponibili sul mercato e, quindi, anche alle obbligazioni societarie, agli high yield bond, ai titoli del debito dei Paesi emergenti, e alle convertibili. Ma c’è di più.
Nei casi più sofisticati, il team di gestione opera anche tra le diverse aree valutarie (dollaro Usa, euro, sterline ecc.) e, inoltre, adotta una attenta gestione attiva del cambio valutario. In questo modo, il portafoglio obbligazionario può assumere, a seconda della fase dei mercati e delle stime macro economiche, una esposizione più accentuata su una specifica asset class (i corporate bond rispetto agli high yield, le convertibili rispetto gli emerging market bond) piuttosto che su una determinata area valutaria (dollaro invece che euro) e, inoltre, o adottare il cambio aperto (lasciando quindi che l’effetto valutario si sommi alla performance del portafoglio) oppure applicare la copertura valutaria (immunizzando il giardinetto obbligazionario dalle variazioni delle divise).

Portafogli così allestiti permettono di adeguarsi meglio alle variazioni dei mercati finanziari e, al contempo, offrono maggiori fonti di guadagno potenziali ai gestori.
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