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International Editor’s Picks - 10 febbraio 2014

10 Febbraio 2014 09:30
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In America, soprattutto a San Francisco e dintorni, si parla molto di sharing economy come della nuova frontiera di Internet che potrebbe esplodere nel 2014. Da noi un po’ di meno. Di che si tratta esattamente e perché c’è tanta attesa su qualcosa che sembra somigliare più al baratto che alla moderna finanza? Prendiamo Airbnb, una startup californiana non ancora quotata ma già valutata 2,5 miliardi di dollari, come informa Business Insider. Ora sta chiudendo un nuovo round di funding da 200 milioni. L’idea è quella del bed and breakfast, come dice il nome, ma su scala globale. Sulla piattaforma Airbnb si scambiano posti letto a pagamento su Internet: nel 2012, anno di fondazione, ha fatto 4 milioni di “ospiti” per 15 milioni di notti, oggi è salita a 10. Ci hanno messo dentro centinaia di milioni di dollari i grandi nomi del venture capital della Baia, a cominciare dal leggendario Sequoia Capital. Secondo Newsweek Airbnb è la punta dell’iceberg della nuova frontiera dell’industria alberghiera, destinata a prendere il posto delle grandi catene nate negli anni 50, come Holiday Inn.

Il futuro del mondo dipende dalla Cina, ma quello della Cina dipende dalla Cina. Secondo l’Economist gli squilibri esterni del paese-continente sono poca cosa se paragonati a quelli interni. Deficit e surplus di bilancia dei pagamenti tra le diverse province cinesi hanno dimensioni che senza uguali in nessun altra nazione del globo. In termini assoluti il deficit più alto è nella provincia centrale di Henan, quasi 100 miliardi di dollari. Ma in termini percentuali i problemi più acuti sono a Ovest. Il deficit della provincia di Ningxia con il resto del paese ammonta al 40% del PIL, insostenibile per qualunque nazione. Per questo Pechino ha lanciato lo slogan della “corsa al West”, la nuova frontiera dove intende pompare centinaia di miliardi in investimenti, prima di tutto in infrastrutture.

Anche il Financial Times si occupa di Cina. Gli investitori si chiedono se i mercati sopravvivranno al tapering della Fed mentre dovrebbero chiedersi se sopravvivranno a un rialzo dei tassi cinesi, scrive Gavyn Davies. Nessun paese sarebbe sopravvissuto a una bolla come quella dello shadow banking cinese, ma nessun paese al mondo potrebbe mettere sul piatto 3,5 trilioni di dollari di riserve. Molti ora sperano che l’economia cinese sia capace di toccare terra senza schiantarsi. Magari hanno ragione, ma è in Cina che si nascondono tutte le incognite del mondo che non sappiamo di non conoscere - i famosi unknown unknowns.

A Seattle stanno ancora festeggiando la storica vittoria dei Seahawks sui Broncos di Denver al SuperBowl giocato in New Jersey il 2 febbraio. Ma si sta ancora discutendo anche dell’evento nell’evento: gli spot pubblicitari trasmessi negli intervalli, che in America danno il mood del paese (quest’anno la diretta ha fatto 111,5 milioni di spettatori!). Quello di cui si parla di più è il commercial di Chrysler, che ha ingaggiato come testimonial nientemeno che Bob Dylan. Perché è così importante? Per Forbes perché mette l’industria dell’auto al centro della nuova industrializzazione americana, non la associa più a Detroit ma ne fa una bandiera nazionale. Lasciamoci pure fare la birra dai tedeschi, gli orologi dagli svizzeri e i telefonini dai cinesi. Noi facciamo automobili. Parola di Dylan.

Il turpiloquio dei politici al telefonino non è solo un affare italiano. Il numero due della diplomazia USA Victoria Nuland è stata intercettata (sembra dai Russi) mentre mandava un “vaffa” all’Europa – “F--k the EU” in lingua originale -- per l’inazione frustrante dell’Unione nella crisi dell’Ucraina. Ma sui media a stelle e strisce non è scattata l’indignazione, è prevalso il patriottismo. “Quando ci vuole ci vuole!” ha scritto su Bloomberg il columnist James Gibney.
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