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Idee di investimento – Azioni – 15 aprile 2019

Gli investitori riconoscono i punti di forza della gestione attiva che tuttavia, per offrire valore, deve saper sfruttare le occasioni presenti sul mercato tra le quali quelle in Asia, in particolare in Giappone e India

di Redazione 15 Aprile 2019 10:06

I PUNTI DI FORZA E QUELLI CRITICI DELLA GESTIONE ATTIVA


C’è ancora spazio per la gestione attiva? Un recente studio di Allianz Global Investors, dal titolo Staying Active: how to regain trust in active management, condotto su un campione di 500 investitori istituzionali, 30 dei quali italiani, ha cercato di individuare le aree critiche su cui i gestori attivi devono lavorare per convincere gli investitori della validità del loro approccio. Dal report, i cui dettagli sono riportati nell’articolo “Gestione attiva, come recuperare la fiducia degli investitori”, emerge una precisa indicazione: gli investitori istituzionali riconoscono i punti di forza della gestione attiva, ma non necessariamente il suo valore. Così, meno di un quarto del campione globale ritiene che i portafogli gestiti attivamente giustifichino i costi pagati, tra gli investitori italiani la percentuale scende addirittura al 13%, e solo il 36% ritiene probabile che possano performare meglio di prodotti passivi nel lungo periodo, ma Il 71% del campione globale, e ben il 90% di quello italiano, è dell’opinione che i gestori attivi siano nella posizione migliore per sfruttare appieno le opportunità di investimento offerte dalla trasformazione digitale; ancora, il 61% degli intervistati riconosce alla gestione attiva una maggiore funzione di stewardship, percentuale che sale al 93% tra gli investitori istituzionali italiani, e una maggiore capacità di trarre vantaggio da intelligenza artificiale e big data, così come la gestione attiva è considerata l’opzione migliore quando i mercati sono fortemente decorrelati.

L’APPEAL DELLE AZIONI ASIATICHE


Per vedere in pratica come si declina la gestione attiva in un portafoglio, si possono osservare le scelte d’investimento in ambito multi asset come quelle illustrate nell’articolo Multi asset, via libera ad azioni e credito corporate a cura di Maya Bhandari, gestore multi asset di Columbia Threadneedle Investments. Tra le mosse più recenti si annovera quella riguardante l’esposizione alle azioni asiatiche che nel corso del 2018 hanno sofferto per la concomitanza di diversi fattori avversi: dalle dispute commerciali tra Washington e Pechino al rallentamento della Cina fino al deterioramento del quadro macroeconomico. Una correzione eccessiva che ha reso le valutazioni interessanti al punto che il fondo ora ha in portafoglio, tramite la strategia TLux Asian Equity Income, circa il 5,5% alle azioni dei mercati emergenti asiatici ad alto rendimento.

FONDAMENTALI OK PER LA BORSA DI TOKYO


E che l’Asia in questa fase presenti diverse opportunità lo conferma anche quanto scritto nell’articolo Quattro motivi per tornare sull’azionario giapponese. Secondo Akira Fuse, investment director di Capital Group, le valutazioni dell’azionario giapponese sono interessanti se confrontate con i valori storici e relativamente ad altre piazze, con titoli scambiati ad un multiplo prezzo/utili forward a dodici mesi pari a 12, uno dei valori più bassi dalla crisi finanziaria globale del 2008. A Wall Street, ad esempio, lo stesso indicatore sta tornando a superare le quindici volte sullo S&P 500, mentre anche gap tra il ROE delle società giapponesi e quelle europee e americane si è ridotto negli ultimi anni. Secondo Fuse quindi ci sono “ottime ragioni” per credere che le società giapponesi continueranno a migliorare la redditività del capitale, soprattutto visti i margini di redditività a livelli record, anche per la pressione ad aumentare gli utili sulla base del miglioramento degli standard di governance. L’esperto di Capital Group sottolinea anche come il management delle imprese sia sempre più incoraggiato ad aumentare gradualmente i dividendi e a ricorrere ai buyback. Per meglio allineare gli interessi di management e azionisti sono stati aumentati i compensi in azioni, mentre sono state adottate altre positive modifiche di corporate governance, il tutto in direzione di miglioramenti degli standard.

INDIA, PREVALE UN CAUTO OTTIMISMO


Intanto sono iniziate le elezioni in India che proseguiranno fino al prossimo 19 maggio. Tuttavia, secondo Craig Botham, emerging markets economist di Schroders, se l’attuale presidente Narendra Modi vincesse, probabilmente continuerebbe a perseguire un’agenda a favore delle imprese, ma con una maggioranza ridotta sarà più difficile far passare riforme controverse, mentre una vittoria del Partito del Congresso o una coalizione potrebbe preoccupare inizialmente i mercati all’inizio, ma le diverse posizioni politiche sono meno distanti di quanto sembri. In termini di prospettive di mercato, come spiega lo stesso esperto nell’articolo Voto in India: possibile cambio politico, non economico, sembra improbabile qualsiasi forte reazione al risultato del voto. Le riforme agraria e del lavoro sono ormai delegate a livello di singoli stati ed escluse dall’agenda nazionale, quindi i prossimi cinque anni saranno molto simili in presenza di qualsiasi scenario. Nessun rally importante se vince Modi, nessun sell-off in caso di vittoria del partito del Congresso o di un Parlamento bloccato. La conclusione di Botham è che l’India probabilmente resterà incamminata su un sentiero di miglioramento graduale e incrementale, e quindi le aspettative dovrebbero essere ricalibrate verso un cauto ottimismo.
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