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Idee di investimento - Obbligazioni - 30 dicembre 2019

La raccolta dei fondi segnala riscatti dai monetari: deflussi che potrebbero indicare una inversione di tendenza nel 2020 con le famiglie italiane più inclini a investire la liquidità in portafoglio

di Redazione 30 Dicembre 2019 09:51

FONDI COMUNI, TUTTE LE CATEGORIA IN ATTIVO, TRANNE I MONETARI


Il buon andamento dei mercati finanziari in autunno ha avuto ricadute positive anche sul fronte della raccolta dei fondi comuni. In base ai dati di Assogestioni, nel mese di novembre l’industria italiana del risparmio gestito ha raccolto complessivamente 3,65 miliardi di euro, di cui 1,25 miliardi nell’ambito dei fondi comuni aperti. A differenza dello scorso mese, però, tutte le principali categorie hanno registrato un saldo mensile positivo: dagli obbligazionari (+942 milioni) ai bilanciati (+697 milioni), dagli azionari (+643 milioni) ai flessibili (+248 milioni). Unica eccezione i fondi monetari che hanno accusato deflussi mensili per un totale di 1,12 miliardi (sebbene dimezzati rispetto ai -2,09 miliardi di ottobre). Come si legge nell’articolo Fondi comuni, il rally di autunno spinge la raccolta, i risultati di novembre non sono stati sufficienti tuttavia a riportare in attivo il saldo da inizio anno per i fondi azionari (che denunciano un decifit di 3,93 miliardi tra sottoscrizioni e riscatti da gennaio) e per i flessibili (-11,29 miliardi) mentre hanno rimpinguato il ‘bottino’ dei bilanciati (+4,29 miliardi) e degli obbligazionari (+11,29 miliardi). Da segnalare invece che i monetari, nonostante il saldo negativo di novembre, mantengono un ‘attivo’ nella raccolta da inizio anno per 1,18 miliardi. Tuttavia il dato di raccolta di novembre potrebbe essere un primo importante segnale di inversione di tendenza.


LA GRANDE LIQUIDITÀ ACCUMULATA POTREBBE INIZIARE AD ESSERE INVESTITA


Gli Europei, e gli Italiani in particolare, storicamente hanno avuto una propensione più al risparmio che all’investimento abbiano sempre voluto risparmiare più che investire. Negli ultimi anni, anche se non soprattutto per le incertezze generate dalla crisi, soprattutto per le famiglie italiane i due estremi di questo dilemma si sono in qualche modo uniti, in quanto la liquidità è stata in realtà la scelta di investimento privilegiata dalle famiglie. Ma, proprio in quest’ottica, potrebbe essere solo una questione di tempo prima che le famiglie i decidano di destinare risorse anche ad altre forme di investimento, con un profilo di potenziale rendimento superiore alla liquidità, specialmente in area Euro. Partendo da questa considerazione, Luca Tobagi, CFA – Investment Strategist di Invesco, nell’articolo La liquidità degli italiani pronta a tornare sul mercato? proietta la sua analisi sul 2020, sottolineandone gli aspetti positivi: economia comunque in espansione, inflazione moderata e positiva, banche centrali accomodanti, possibili accelerazioni temporanee a sorpresa del ciclo economico nella prima metà del 2020. Una lista a cui si aggiungono alcuni aspetti specifici, come i rendimenti obbligazionari molto compressi o negativi, preoccupazione diffusa, assenza di ottimismo e posizionamento poco affollato per quanto sull’azionario e una grande liquidità che continua ad accumularsi attraverso il risparmio e potrebbe aspettare di essere investita dalle famiglie in altre tipologie di attività finanziarie.

LA CORSA AI BOND NON E’ FINITA, MEGLIO TENERE UN PO’ DI LIQUIDITA’


A proposito di rendimenti obbligazionari ai minimi storici o negativi, la paura, infondata, di recessione aveva spinto i tassi in picchiata. Ma poi il mercato ha corretto l’anomalia ed è tornata la propensione al rischio, con la montagna di debito globale a tassi sottozero ridotta di oltre un terzo in meno di 6 mesi. Questo non vuol dire che i tassi sottozero siano ormai una storia del passato, soprattutto in Europa, dove la Bce a guida Lagarde prosegue sulla linea Draghi dei tassi negativi e dello stimolo monetario fatto di acquisto regolare di bond, che fa salire i prezzi e ovviamente spinge i rendimenti verso Sud. In Giappone è più o meno la stessa storia, che invece è un po’ diversa in America dove la Fed ha deciso di mettersi in pausa a tempo indeterminato dopo tre tagli di un quartino ciascuno per mettere in sicurezza il ciclo di espansione dell’economia che ormai dura da un decennio, con passo lento ma sicuro da montanaro. Proseguirà il trend nel 2020? Nell’articolo La recessione che non c’è fa rientrare anche i tassi negativi si spiega che tutto dipende dalla volatilità di economie e mercati. Se arrivasse qualche sussulto, possibile dopo un 2019 eccezionale, potrebbe anche ripartire la corsa ai bond, privilegiando quelli considerati un porto sicuro, come i governativi. Ma sono possibili sorprese anche sul versante opposto, da un fronte che si chiama inflazione e che non manda segnali di vita da una decina d’anni. Per questo molti gestori raccomandano di non lasciarsi spaventare da eventuali storni dell’azionario, soprattutto quello che ha corso di più come Wall Street, ma anche di detenere una liquidità sufficiente a cogliere opportunità se si dovessero presentare.

L’HIGH YIELD IN UNA PROSPETTIVA DI LUNGO TERMINE


Alcuni asset rischiosi sono più rischiosi di altri, osservano in AllianceBernstein. Ma dove posizionarsi nel 2020? Secondo AllianceBernstein un’opzione interessante resta quella degli high yield. Questi titoli evidenziano nel tempo un andamento più simile alle azioni che ad altri tipi di obbligazioni, ma con un’importante differenza, una volatilità ridotta della metà. Entrambi gli investimenti dovrebbero trovare posto in un portafoglio diversificato, ma trasferendo parte dell’esposizione azionaria verso i titoli high yield, può attenuare il rischio di portafoglio, riducendo solo in misura modesta il potenziale di rendimento. Come spiegano i professionisti di AllianceBernstein nell’articolo Obbligazioni: come generare reddito in un mercato complesso, la cosa peggiore che gli investitori possono fare a fronte di un deterioramento delle prospettive economiche e di un’impennata della volatilità è trasferire tutta la loro esposizione dall’high yield e dall’azionario verso il corporate investment grade e i titoli di Stato di alta qualità, considerati i bassi rendimenti ottenibili. Più utile assumere una prospettiva di lungo termine. La volatilità va e viene, ma gli investitori che mantengono un’esposizione al debito high yield nell’arco di diversi cicli di mercato tendono ad essere adeguatamente remunerati per questa scelta: oggi il cosiddetto “yield to worst”, il rendimento più basso che ci si possa aspettare del mercato high yield globale è prossimo al 6,2%.
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