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Idee di investimento – Obbligazioni – 24 settembre 2018

Per conciliare prudenza e rendimento corrono in soccorso i criteri ESG anche in campo obbligazionario. Intanto i cali valutari non riguardano solo i paesi emergenti ma anche la corona svedese.

24 Settembre 2018 09:24

PORTAFOGLI PIÙ PRECAUZIONALI


“La mancanza di condizioni estreme nei mercati, come valutazioni molto alte e premi di rischio molto bassi, è ancora più incoraggiante. Per esempio non si vede un eccessivo affollamento di investitori in specifiche attività rischiose. D’altra parte, l’ultima crisi finanziaria ha amplificato l’avversione al rischio, con la conseguenza che gli investimenti in portafoglio sono diventati più precauzionali” puntualizza nell’articolo Credito cinese, debito e altri rischi: cosa devono temere gli investitori Richard Turnill, Global Chief Investment Strategist di BlackRock. Per contro, ammette lo strategist, esiste un lungo elenco di criticità. In primis, la Federal Reserve e le autorità dell’Unione Europea (UE) ora dovranno affrontare e superare limiti legali nella loro capacità di salvare banche in difficoltà. In secondo luogo, la politica monetaria ha meno spazio di manovra con i tassi di interesse globali ancora ai livelli storicamente bassi: senza dimenticare che alcune delle principali banche centrali non hanno ancora iniziato a liquidare i loro programmi di acquisto di attività post crisi.

I CRITERI ESG ANCHE NEL REDDITO FISSO


Intanto è in aumento l’elenco delle ricerche accademiche che mostrano in modo evidente la correlazione positiva tra il buon punteggio nei parametri ESG e il costo del capitale di una società. Inoltre l’aumento della consapevolezza di quale possa essere l’impatto aziendale sull’ambiente o sulla giustizia sociale sta modificando le tendenze dei consumatori, privilegiando i prodotti e i servizi delle compagnie che sono impegnate a non inquinare e adottano comportamenti etici. Il tutto senza trascurare un altro aspetto sempre più importante agli occhi degli investitori: la sensibilità al potenziale rischio reputazionale delle società ritenute mal gestite. In quest’ottica, va ricordato come una governance solida sia di solito associata a una minore incidenza di declassamenti del rating. “Ci vorrà del tempo prima che tutti gli aspetti dell’ESG siano completamente incorporati in una strategia di investimento dedicata al reddito fisso. Ma non per questo si deve rinunciare ad implementare criteri ESG nelle scelte in ambito obbligazionario” specifica nell’articolo Selezionare le obbligazioni vincenti sfruttando i criteri ESG Frédéric Salmon, Head of Credit di Pictet Asset Management.

IG, OPPORTUNITÀ SUL MERCATO PRIMARIO


Ad ogni modo, il Team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, ritiene ancora opportuno mantenere un orientamento cauto sulle obbligazioni societarie investment grade (IG). Ma non per questo esclude che, in particolare per motivi tecnici, si possa materializzare un rialzo a sorpresa. “Il quadro fondamentale è incoraggiante e le valutazioni sono sempre più interessanti. Negli ultimi mesi, alla luce delle preoccupazioni del livello di indebitamento netto, abbiamo continuato a ridurre l’allocazione di portafoglio al settore e ora disponiamo di risorse sufficienti per incrementare l’esposizione, concentrandoci in particolare sul mercato primario per cogliere le migliori opportunità” spiega nell’articolo Obbligazioni investment grade, buone opportunità sul mercato primario il team. Il cui riferimento è a quanto accaduto di recente in Europa, dove in occasione delle nuove emissioni, i sottoscrittori hanno potuto beneficiare di premi piuttosto cospicui (in alcuni casi prossimi al 30% dello spread complessivo.

TURCHIA, UNA SCOSSA DALLA BANCA CENTRALE


In ambito valutario, invece, la decisione della banca centrale della Turchia di aumentare al 24% i tassi (+6,25% due settimane fa) ha rianimato l’attenzione sui mercati emergenti le cui valutazioni sono abbastanza attraenti. “Questa mossa dimostra una maggior reattività da parte della banca centrale turca a fronte della restrizione monetaria adottata dalla Federal Reserve” sostengono nell’articolo La mossa della banca centrale turca è positiva per tutti gli emergenti gli esperti di Euromobiliare AM. Dal momento che si tratta del primo serio segnale nella direzione auspicata dagli investitori internazionali, si sono immediatamente riaccesi i riflettori su tutta l’area emergente: stavolta, però, in ottica prospettica positiva. Infatti dopo circa 9 mesi di deflussi di capitale dai paesi in via di sviluppo, se a questa importante decisione della banca centrale turca seguissero altre significative evidenze di stabilizzazione delle valute, sarebbe possibile innescare una inversione di tendenza favorevole alle asset class emergenti. Un cambio di direzione che troverebbe peraltro valutazioni abbastanza attraenti, sia in ambito azionario che in quello obbligazionario.

ARGENTINA, INCORAGGIANTI FATTORI POSITIVI


Sull’altro fronte di ‘crisi’ dei mercati emergenti, le autorità di Buenos Aires stanno attuando le giuste misure politiche ed è possibile ricavare un’adeguata remunerazione per il rischio assunto nel debito dell’Argentina. È questa, in estrema sintesi, l’opinione che si sente di esprimere Luc D’hooge, Head of Emerging Market Bond di Vontobel Asset Management, sulla base di un’analisi che gli investitori dovrebbero fare. E cioè, non limitata all’avversione al rischio ma, alla luce della situazione evidenziata attualmente dal paese sudamericano, un’analisi approfondita focalizzata sulle valutazioni molto ridotte. Infatti, secondo l’esperto, guardando al di là della coltre di pessimismo si nascondono anche incoraggianti fattori positivi per l’Argentina. “L’impegno per risolvere le problematiche è elevato e le autorità, per la prima volta da molto tempo, stanno agendo in modo ortodosso” sottolinea nell’articolo Argentina, cosa c’è dietro la coltre di pessimismo Luc D’hooge, convinto che il surplus raddoppierà entro il 2020.

LE SPINE DELLA CORONA SVEDESE


Ma i problemi valutari non riguardano solo le monete emergenti ma anche la corona svedese (-12,6% da inizio). Come spiegato nell’articolo I dolori della corona svedese: economia forte e moneta in sofferenza, alla base di questa ingente svalutazione ci sono, secondo gli analisti valutari più attenti, cinque fattori. In primis tassi di interesse sottozero dal 2015. In secondo luogo una banca centrale che mantiene una politica monetaria estremamente accomodante che sembra orientata, e siamo al terzo punto, a non alzare i tassi nemmeno in presenza di rialzi dell’inflazione (che stanno peraltro affiorando sulla scia dei rialzi determinati dalla componente energetica). In quarto luogo un’economia in leggero rallentamento e in quinto luogo un appannamento della bilancia commerciale con l’eurozona. A questi cinque fattori ostativi, se ne è aggiunto un sesto legato alle incertezze politiche che non sono state affatto cancellate con l’atteso appuntamento elettorale di domenica 9 settembre, il cui esito ha di fatto rimandato ogni soluzione di governo stabile alla sfida europarlamentare del 2019 tra europeisti e sovranisti. Per ora la Svezia si gode la mini-corona che costituisce un bel vantaggio alle esportazioni di un paese che vive di vendite oltreconfine (l’export si attesta infatti al 45% del PIL) e che nei primi mesi di quest’anno aveva mostrato alcuni segnali di stanca proprio nelle esportazioni.
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