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Idee di investimento - Obbligazioni - 24 febbraio 2020

E’ probabile che la bolla dei Bund non scoppi nel 2020 mentre l’euro dovrebbe soffrire ancora. Lo scenario resta favorevole al debito emergente, ma meglio non abbandonare i corporate bond Usa IG

di Leo Campagna 24 Febbraio 2020 08:59

RISCHIO BOLLA DEI BUND, MA NON NEL 2020


Il rischio bolla non esiste solo nei Bund tedeschi, con i prezzi alle stelle e i rendimenti negativi, ma anche negli Stati Uniti, dove però riguarda la quantità di titoli del Tesoro immessi sul mercato. Volker Schmidt, portfolio manager di Ethenea, nell’articolo “La bolla dei bund tedeschi non scoppierà nel 2020”, osserva che il debito federale americano è salito a 23.000 miliardi di dollari e che il solo deficit dell’anno fiscale in corso, che si chiude a settembre 2020, è stimato a oltre 1.000 miliardi, causa uscite previste in 4.600 miliardi e entrate attese a 3.600 miliardi, con oneri da interessi a 370 mld. Il debito Usa vale circa quanto il Pil, livello di per sé non preoccupante, ma preoccupano invece le previsioni dell’Ufficio Bilancio del Congresso, secondo cui il deficit nei prossimi 10 anni si attesterà in media a 1.300 miliardi annui. Nel caso altamente improbabile che la Fed tornasse ad esempio ad alzare i tassi per un imprevisto aumento dell’inflazione, i detentori di titoli di Stato Usa potrebbero subire ingenti perdite in conto capitale, avverte Schmidt. In sintesi quindi per Ethenea la bolla dei Treasury Usa continuerà a gonfiarsi, ma come quella tedesca per ora non dovrebbe scoppiare. E finché i Treasury continueranno a generare rendimenti decisamente positivi nell’attuale contesto di tassi bassi, gli investitori internazionali continueranno ad acquistarli, offrendo supporto alla Fed, secondo Schmidt. A questo si aggiunge la forza del dollaro statunitense, che costituisce un ulteriore argomento a favore dell’acquisto di Treasury per gli investitori esteri.

PERCHE’ NON CONVIENE ABBANDONARE LA PARTITA DEL CREDITO IG USA


A questo proposito, secondo Kurt Halvorson, portfolio manager di Western Asset Management, affiliata Legg Mason, gli investitori non devono ancora cedere alla tentazione di uscire dalle obbligazioni investment grade americane dopo il bottino portato a casa nel 2019. Esaminando più da vicino i fondamentali societari sottostanti e i fattori tecnici favorevoli, l’esperto di Western AM pensa, nell’articolo “Non è ancora tempo di uscire dai bond Usa di qualità”, che possa essere il caso di attendere ancora, in un anno in cui la caccia ai rendimenti continuerà. Mentre i fondamentali del credito societario sono rimasti forti nell’ultimo anno, secondo Halvorson il più grande cambiamento ha avuto luogo dal lato tecnico del mercato, con le banche centrali che continuano a iniettare liquidità nei mercati nel tentativo di aumentare le aspettative di inflazione. Il gran numero di titoli che arriveranno a scadenza quest’anno, secondo Halvorson dovrebbe infatti spingere a reinvestire ancora nel credito IG americano, alla luce di fondamentali solidi e della mancanza di alternative di investimento valide.

IL VIRUS CINESE COLPIRA’ DI PIÙ LA CRESCITA EUROPEA DI QUELLA USA


Fondamentali Usa più solidi di quelli europei. Il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management nel suo Bond Bulletin Settimanale, osserva infatti che i dati europei sono stati deludenti: la produzione industriale ha registrato un forte ribasso a sorpresa in Germania, Italia e Francia, con un andamento che verrà probabilmente confermato sulla scia delle interruzioni legate al coronavirus. Sebbene l’epidemia del coronavirus cinese abbia mostrato qualche segno di stabilizzazione, il team di J.P. Morgan AM ritiene sia ancora prematuro trarre conclusioni sul suo impatto economico. Ogni colpo inferto alla crescita cinese avrà comunque ripercussioni più consistenti sull’Europa, dato il maggiore orientamento all’export, che non sugli Usa. Gli esperti di JP Morgan AM, nell’articolo J.P. Morgan AM: euro sotto pressione e destinato a indebolirsi ancora ritengono che gli investitori obbligazionari devono quindi tener conto che sull’euro, anche dopo aver perso da inizio anno, più del 2,5% rispetto al dollaro, i rischi di ribasso sono aumentati. Dati, i flussi di capitali e valutazioni relative negli Stati Uniti rispetto all’Europa segnalano, complessivamente, la possibilità che l’euro nel breve si indebolisca ulteriormente nei confronti del dollaro. Ma avvertono anche di tener presente il rischio di inversione del posizionamento, qualora il contesto globale dovesse rafforzarsi.

DEBITO EMERGENTE, UN MERCATO DA 2.500 MILIARDI DI DOLLARI


Intanto prosegue il contesto di tassi a zero e di rendimenti ai minimi per il reddito fisso in euro di medio-alto merito di credito, ed ha senso investire nel debito dei mercati emergenti. Destinare a questa asset class una porzione dell’allocazione strategica di portafoglio permette di sfruttare la crescita dei Paesi che contribuiscono maggiormente al Pil globale. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che nel tempo hanno creato una percezione distorta di questa asset class, portando talvolta a scelte di portafoglio inefficienti. “Il vero valore aggiunto sta proprio nella costruzione e della diversificazione del portafoglio, evitando singole posizioni che dominano il portafoglio: questo consente di scongiurare uno shock significativo da qualsiasi evento del cigno nero. L’abilità sta nel bilanciare i rischi e nel fare tutto il possibile per ribaltare le probabilità a proprio favore”, specifica nell’articolo “Perché le obbligazioni dei mercati emergenti restano allettanti” Wouter Van Overfelt, head of rmerging markets corporates di Vontobel Asset Managent. Il mercato obbligazionario dei Paesi emergenti ha assunto dimensioni significative, pari a circa 2.500 miliardi di dollari, più grande anche del mercato statunitense ad alto rendimento. Esiste la preoccupazione che le quotazioni dei titoli dei mercati emergenti tendano ad essere influenzate dai media e dal rischio politico, con reazioni ancora più estreme rispetto alle loro controparti sviluppate. Ma per chi ha un approccio basato sui fondamentali e il giusto orizzonte temporale d’investimento, le potenzialità di rendimento del debito emergente restano allettanti.
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