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Idee di investimento - Obbligazioni - 18 novembre 2019

Le indicazioni degli asset manager che consigliano più azioni e meno bond non significano un azzeramento delle obbligazioni. C’è ancora valore nei bond societari, nella duration e nel debito emergente

di Redazione 18 Novembre 2019 10:16

PIU’ AZIONI E MENO OBBLIGAZIONI NON SIGNIFICA AZZERARE I BOND


I timori che avevano tenuto banco durante l’estate sembrano si siano dissipati o almeno attenuati. Dai diversi fronti caldi, a cominciare dalla guerra dei dazi fino alla Brexit, sono arrivati segnali distensivi e rassicuranti, mentre anche dal versante dei dati macro è arrivato un po’ di sollievo. Stessa indicazione dalla stagione delle trimestrali che sta arrivando a conclusione e che ha prodotto un rallentamento degli utili meno marcato delle attese. Un quadro che induce François-Xavier Chauchat, chief economist di Dorval Asset Management del gruppo Natixis, a scrivere nell’articolo Pessimismo rientrato, più azioni e meno bond in portafoglio che “il prolungamento del ciclo favorisce un rally generalizzato delle borse”. L’esperto osserva che mentre l’eccessivo pessimismo dell’estate si è attenuato, le revisioni al ribasso della crescita mondiale proseguono. Ma aggiunge che emergono anche i primi segnali positivi: nel complesso gli indicatori Pmi manifatturieri mondiali sembrano aver toccato i minimi in luglio, mentre da allora si evidenzia una modesta ripresa. Ed era stato proprio il ciclo industriale che aveva dettato le revisioni al ribasso della crescita mondiale. La conclusione in termini di composizione di portafoglio si è trasformata a ottobre in un ampliamento dell’esposizione ai titoli azionari, aumentando al contempo la diversificazione tramite investimenti nei finanziari e in determinati titoli value. Nei fondi internazionali, Natixis ha ridotto ulteriormente la ponderazione delle obbligazioni. Riduzione che non significa però azzerare del tutto l’esposizione ai bond.

UN APPROCCIO COSTRUTTIVO SULLA DURATION


Ma dove trovare valore nel reddito fisso? Per scoprirlo bisogna partire dall’inversione dei rendimenti dei governativi dei Paesi core, che nelle ultime settimane sono aumentati portandosi all’1,86% (Treasury Usa a 10 anni) e al -0,30% (Bund tedesco decennale). Un movimento che trova giustificazione nell’evoluzione del quadro dei fondamentali ma che pone anche diversi interrogativi agli investitori sui possibili sviluppi e sulle scelte di portafoglio. “I movimenti registrati dalle obbligazioni governative dei Paesi core sono da ascriversi al significativo cambiamento apparentemente registrato dal contesto economico, alla luce di alcuni recenti dati macro che lasciano presagire che la fase peggiore sia alle nostre spalle”, spiega nell’articolo Obbligazioni, continua la caccia al rendimento il team Global fixed income, currency and commodities group di J.P. Morgan Asset Management. Che, dal punto di vista strategico, continua a preferire un approccio costruttivo sulla duration, ovvero esposto alla parte medio lunga della curva dei tassi. Questo anche in considerazione delle ali protettive dispiegate da inizio anno dalle principali banche centrali, che hanno riassunto una politica monetaria globale più protesa a sostenere il ciclo economico in rallentamento. Il team adotta comunque un approccio tattico agli investimenti, dal momento che alcuni degli ultimi movimenti potrebbero non essere solo oscillazioni temporanee dettate dal flusso di notizie.

LO SCENARIO RESTA PROPIZIO AI BOND SOCIETARI DI ALTA QUALITÀ


Resta il fatto che gli investitori si interrogano se sia il caso di mantenere l’esposizione ritenendo – forse – sopravvalutati i corporate bond Usa investment grade alla luce di questo significativo apprezzamento. Una risposta costruttiva la formula il team Global fixed income, currency and commodities group di J.P. Morgan Asset Management, che individua una serie di catalizzatori all’orizzonte che dovrebbero sostenere l’asset class anche nei prossimi mesi. E’ senz’altro vero che la situazione a livello macroeconomico non evidenzia ancora segnali di miglioramento mentre le valutazioni delle obbligazioni societarie sono salite. Ma il Team – come si legge nell’articolo Per J.P. Morgan Am le obbligazioni societarie hanno margini di crescita - ritiene comunque ancora interessanti i corporate bond di alta qualità dopo aver analizzato i fondamentali delle aziende, constatato il recente raffreddamento delle incertezze sulla Brexit e interpretato un quadro tecnico che, nel suo insieme, disegna uno scenario favorevole alle obbligazioni societarie di alta qualità al punto che ci sono buone probabilità che riescano a sovraperformare il resto del mercato del credito.

GLI EMERGENTI AVRANNO UNA MARCIA IN PIÙ ALMENO FINO AL 2023


A proposito di performance superiori alla media di mercato, gli esperti del Fmi prevedono che il Pil dei mercati emergenti continuerà a crescere molto più rapidamente di quello dei mercati sviluppati almeno fino al 2023. Tuttavia, nonostante i significativi progressi registrati negli ultimi due decenni, la cosiddetta trappola del reddito medio mina le prospettive future. “La crescita economica dei Paesi in via di sviluppo è stata trainata finora, oltre che dagli investimenti di capitale, anche dal miglioramento della produttività del lavoro e della partecipazione. Ma per il futuro, per stimolare la creazione di nuova ricchezza, i mercati emergenti dovranno sempre più spesso innovare”, fa presente nell’articolo Ecco perché i mercati emergenti avranno una marcia in più Brian Bandsma, portfolio manager di Vontobel Asset Management. A questo proposito, la diffusione delle più innovative tecnologie – come per esempio il fintech, il cloud computing e l’Internet of Things – sembrano destinate a produrre benefici soprattutto agli abitanti dei mercati emergenti più che a quelli ubicati nei paesi sviluppati. Ed è proprio in questo ambito che Bandsma individua interessanti opportunità: nell’investimento in queste tecnologie innovative e nel luogo della diffusione delle loro ricadute positive.

ANTICIPARE LA VOLATILITÀ


Infine, merita di essere letto l’articolo Investimenti, una marcia in più per i fondi a volatilità controllata, in cui Andrew Harmstone e Laura Biancato del team Global balanced risk control di Morgan Stanley Investment Management illustrano i vantaggi dei fondi che hanno l’obiettivo di contenere la volatilità entro un intervallo predefinito. Un gestore multi-asset dispone di un maggior numero di classi di attivo che può riorganizzare per gestire il rischio. Uno dei pilastri dell’approccio d’investimento della strategia Global Balanced Risk Control di Morgan Stanley IM è anticipare la volatilità: le condizioni macroeconomiche e geopolitiche sono costantemente monitorate per individuare potenziali fonti di rischio, con l’obiettivo di adeguare le esposizioni di portafoglio prima che si verifichino incrementi di volatilità. L’allocazione azionaria rappresenta quindi la leva principale per adeguare l’esposizione al rischio. Nella seconda metà del 2018, ad esempio, in team riteneva che l’intensificarsi della guerra dei dazi avrebbe potuto determinare una contrazione della crescita mondiale e che la divergenza tra la performance dell’azionario Usa e quella del resto del mondo stava raggiungendo livelli eccessivi: la riduzione dell’allocazione azionaria per abbassare il livello di rischio complessivo ha consentito di proteggere i portafogli durante la successiva correzione di mercato.
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