Contatti

idee di investimento

Idee di investimento - Obbligazioni - 17 giugno 2019

Dopo le ferme prese di posizione di Fed e Bce non c’è più dubbio: i tassi resteranno bassi ancora a lungo. Le opportunità? Sono da cogliere nei mercati emergenti e nei private asset come le infrastrutture

di Redazione 17 Giugno 2019 09:25

NUOVI TLTRO DELLA BCE A CONDIZIONI MIGLIORI


I mercati obbligazionari avevano chiamato “ad alta voce in soccorso” le banche centrali, in particolare la Fed, per prevenire gli incendi dovuti alle alte temperature sul fronte del commercio globale, e la risposta è prontamente arrivata sia dalla Fed che dalla Bce. Nel Direttivo della banca centrale europea di giovedì 6 giugno è stata modificata la cosiddetta “forward guidance”, cioè l’indicazione sulle prospettive future della politica monetaria, spostando l’eventuale prima modifica dei tassi a non prima della metà del 2020, dall’indicazione precedente per fine 2019. Come spiegato nell’articolo I mercati chiamano, le banche centrali rispondono, la Bce ha inoltre fornito i dettagli delle prossime operazioni di rifinanziamento del sistema bancario dell’Eurozona, note in gergo tecnico come Targeted Long Term Refinancing Operations. Secondo Giordano Beani, head of multi asset fund solutions Italy di Amundi Sgr, le condizioni del Tltro 3 appaiono migliori rispetto a quanto in precedenza dichiarato, perché il costo per le banche potrà oscillare tra lo 0,10% ed un minimo di -0,3% nel caso in cui siano rispettati specifici obiettivi di crescita del credito a imprese e famiglie. Le differenze principali rispetto al Tltro 2 sono da un lato che il tasso è variabile, mentre prima era fisso, e che la scadenza delle operazioni è a due anni invece che quattro.

TASSI PIU’ BASSI A LUNGO


Secondo Andrea Iannelli, investment director per l’obbligazionario di Fidelity International, la Bce si è rivelata meno “colomba” delle previsioni, stante il contesto di scarsa crescita dell’Europa e le minacce legate alla guerra dei dazi. Per quanto riguarda invece la nuova serie di aste di finanziamento per le banche a tassi agevolati, le cosiddette Tltro III, le comunicazioni della Bce sono più o meno in linea con le aspettative. “Gli istituti di credito avranno la possibilità di usufruire di prestiti a lungo termine da parte della Bce a tassi di interesse tra -0,3% e +0,1% (con l’aggiunta di 10 punti base rispetto alla Tltro II)”, sottolinea Iannelli. “Il tasso di interesse effettivo dipenderà ancora da quanto le banche concederanno prestiti netti, incentivandole ad aumentare il credito. Questi tassi saranno “variabili”, e diminuiranno o aumenteranno sulla base dei tassi di interesse chiave della Bce”. A fronte dei bassi rendimenti, c’è la possibilità che i titoli di Stato dei principali paesi dell’Eurozona sottoperformino altri mercati, in particolare nei confronti dei Treasury americani. Tuttavia, spiega nell’articolo Eurozona, l’orizzonte è “tassi bassi a lungo" Iannelli, “con l’inflazione ancora debole e i rischi legati alle tensioni commerciali, la Banca centrale europea è pronta ad agire sul mercato obbligazionario europeo e ha ampio margine per farlo. Pertanto, il nostro caso base rimane ‘tassi più bassi a lungo’”.

VENTO A FAVORE DEI MERCATI EMERGENTI


Che fare? Per il Global Fixed Income team di Morgan Stanley Investment Management il credito resta ancora interessante, tuttavia c’è la convinzione che per quest’anno il grosso delle plusvalenze sia già alle spalle Ecco perché il team guarda con attenzione ai mercati emergenti e nell’articolo La crescita globale fa bene alle obbligazioni dei Paesi emergenti chiarisce che l’ottimismo nei confronti degli attivi di questi Paesi è basato su diversi fattori. In primo luogo, la stabilizzazione della crescita globale potrebbe trasmettersi alle altre regioni del mondo e favorire, di conseguenza, le asset class rischiose tra le quali figura il debito emergente. Inoltre il possibile indebolimento del dollaro fornirebbe il carburante giusto per spingere i mercati emergenti. Se lo scenario disegnato dovesse materializzarsi potrebbero essere favorite soprattutto le obbligazioni emergenti, in particolare i titoli governativi high yield, che hanno registrato performance inferiori a quelle dei titoli investment grade durante lo scorso anno. Per quanto riguarda le obbligazioni societarie le valutazioni non appaiono più tanto convenienti alla luce degli spread (differenziali di rendimento rispetto ai titoli di stato ‘core’) che ora si collocano al di sotto delle medie di lungo periodo. Alla luce di queste considerazioni, il team di MSIM prosegue nel suo programma di riduzione dei rischi di portafoglio alleggerendo le posizioni a beta più elevato (cioè più direttamente correlate all’andamento del mercato obbligazionario), quali le emissioni con rating BBB, i titoli high yield e le obbligazioni convertibili.

PRIVATE ASSET, MA PER IL LUNGO TERMINE


Intanto, tra gli investitori, sia quelli retail che quelli istituzionali, cresce l’interesse verso i cosiddetti private asset, dal momento che è sempre più difficile rintracciare asset class che offrano rendimenti di un certo livello senza rischi eccessivi. I private asset, che non sono disponibili sui mercati pubblici come le Borse, permettono di beneficiare di temi di lungo periodo e di aree o settori specifici, come il private equity, il real estate, e le infrastrutture, a cui è difficile accedere tramite i canali tradizionali. L’importante è essere consapevoli delle differenze rispetto agli investimenti nei mercati pubblici. “Chi decide di investire nei private asset dovrà quasi certamente attraversare almeno un intero ciclo economico” sottolinea nell’articolo Come rendere più “democratici” i private asset Tim Boole, head of product management di Schroders Adveq Group, secondo il quale, di conseguenza, le decisioni di investimento dovrebbero essere assunte con particolare attenzione assicurandosi una buona diversificazione.

INDICI INFRASTRUTTURALI IN CONTROTENDENZA


A proposito di infrastrutture , individuare il momento giusto per una rotazione verso i settori difensivi sarà cruciale nel 2019, con l’avvicinarsi della fine di quello che sarà ricordato come il più lungo ciclo rialzista della storia recente. “In questo scenario, l’investimento infrastrutturale potrà offrire protezione dalla volatilità azionaria, poiché storicamente i maggiori indici infrastrutturali tendono a performare difensivamente rispetto all’azionario globale” spiega nell’articolo Fine ciclo, il potenziale delle infrastrutture Nick Langley di RARE Infrastructure (Legg Mason). Le infrastrutture rappresentano inoltre un importante trend secolare: secondo il report “Bridging Global Infrastructure Gaps” del McKinsey Global Institute, agli attuali tassi di crescita economica circa 3,3 trilioni di dollari dovranno essere spesi in asset infrastrutturali ogni anno da qui al 2030. “Vista la mole di spesa necessaria, è probabile che una percentuale crescente di essa verrà finanziata dal settore privato, soprattutto in paesi con debito sovrano molto alto”, sottolinea Langley.
Trending