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Idee di investimento - Obbligazioni - 15 luglio 2019

Nelle preferenze dei fondi sovrani le obbligazioni hanno superato le azioni, contribuendo a riaprire la caccia al rendimento. Focus sul debito emergente, sui bond di qualità mentre tra oro e Treasury...

di Redazione 15 Luglio 2019 09:42

Nelle preferenze dei fondi sovrani le obbligazioni hanno superato le azioni, diventando la principale asset class. Lo rivela la settima edizione dell’Invesco Global Sovereign Asset Management Study, un report annuale che analizza le attitudini all’investimento di fondi sovrani e banche centrali. Lo studio, come illustrato nell’articolo Investitori sovrani, è tempo di reddito fisso, è stato condotto tra 139 singoli investitori sovrani e responsabili di banche centrali di tutto il mondo, e ha evidenziato tra l’altro un certo disincanto nei confronti dell’Europa da parte degli investitori sovrani. Le banche centrali ritengono che la fine del ciclo economico sarà caratterizzata da un rallentamento graduale invece che da una crisi. Tuttavia, il contesto di mercato incerto ha indotto molte di loro a puntare sull’oro. Le banche centrali hanno acquistato nel 2018 651,5 tonnellate di oro, il secondo picco più alto di sempre (+74% rispetto al 2017).

LA CORRELAZIONE TRA ORO E TREASURY USA


Proprio il recente rally dell’oro, le cui quotazioni si sono impennate di oltre dieci punti percentuali da fine maggio, ha attirato l’attenzione di molti investitori. Soprattutto quelli che non erano esposti nel metallo prezioso e che si chiedono se sia ancora il caso o meno di puntare sull’oro. Secondo Edoardo Ugolini, portfolio manager di Zest Asset Management e gestore del fondo Zest Absolute Return Var 4, è necessario essere consapevoli che comprare oro o titoli di stato Usa è, di fatto, quasi la stessa cosa. Questo, tuttavia, a meno che non ritorni forte l’inflazione: infatti, in caso di fiammate dei prezzi al consumo i guadagni dell’oro sarebbero piuttosto sostenuti mentre i Treasury Usa accuserebbero delle perdite. “In estrema sintesi, l’oro protegge in caso di turbolenze sui mercati. Escludendo shock imprevisti come guerre, attentati o altro. L’oro non performa meglio dei bond, ma assume un comportamento molto brillante in caso di inflazione o di profonde crisi come quella del 2008”, puntualizza Ugolini nell’articolo Investire nell’oro o nei Treasury? Questione di inflazione… o di crisi. Il gestore del fondo Zest Absolute Return Var 4 si dichiara non particolarmente incline all’investimento in oro fatto salvo, per l’appunto, crisi finanziarie globali o inflazione sostenuta.

ORO, VENDERE MA PRONTI A RIENTRARE A PREZZI PIU’ CONVENIENTI


Per Michael Blümke, senior portfolio manager di ETHENEA, è in ogni caso arrivato il momento di alleggerire le posizioni sull’oro. “Il prezzo del metallo giallo ha registrato un incremento in dollari a doppia cifra da inizio anno e di circa il 25% rispetto all’estate scorsa. È probabile che il mercato abbia incorporato nelle quotazioni correnti gran parte delle notizie positive e riteniamo che non si intravedano a breve termine nuovi impulsi in grado di giustificare ulteriori aumenti di prezzo” fa sapere nell’articolo Oro, è il momento di uscire il manager che, come conseguenza di questa sua considerazione, ha deciso di alleggerire buona parte delle posizioni in oro nel fondo ETHNA-AKTIV. Quote che non sono state azzerate del tutto, in quanto il manager apprezza l’oro come asset class di portafoglio capace di offrire sia una valida diversificazione sia una fonte alternativa di rendimento rispetto ad azioni e bond. Alla luce di questa sua convinzione, Blümke si dichiara pronto ad incrementare l’esposizione all’oro non appena il livello di entrata ritornerà di nuovo attraente.

DEBITO DEGLI EMERGENTI SOTTO CONTROLLO


Intanto il debito emergente resta una delle poche aree dove è ancora possibile trovare rendimento. Yerlan Syzdykov, head of emerging markets di Amundi, nell’articolo Le cinque ‘D’ della bussola per navigare i mercati emergenti lo esamina in un’analisi approfondita delle “5D” che li caratterizzano: debito, dinamismo, diplomazia, dipendenza dall’estero e domanda interna, che sono anche strettamente connessi alla valutazione delle vulnerabilità. Secondo l’esperto di Amundi, la dinamica complessiva del debito nei mercati emergenti sembra essere sotto controllo. Il 2018 è stato l’anno in cui il debito è cresciuto più lentamente dal 2001, con livelli debito totale/Pil al 212% rispetto al 390% nei mercati sviluppati. Il quadro è però profondamente diverso nelle varie economie. Syzdykov avverte che i mercati a volte sottostimano i potenziali adeguamenti del rating che potrebbero determinare un riprezzamento del rischio sui titoli di Stato, mentre sul fronte del debito corporate è importante esaminare la dinamica dell’indebitamento quando si valuta l’attrattività complessiva della classe di attivi e le singole idee di investimento. Le discrepanze tra regioni e titoli evidenziano la necessità di una forte focalizzazione sulla selezione bottom-up e sulla gestione della liquidità, visti i rischi di downside legati al rallentamento dell’economia globale e ai conflitti commerciali.

RIPRENDE LA CACCIA AL RENDIMENTO


Resta il fatto che, come spiega nell’articolo Obbligazioni, le mosse giuste dopo gli annunci delle banche centrali il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, la stagione della caccia al rendimento da parte degli investitori obbligazionari si è riaperta e potrebbe comportare una ulteriore riduzione degli spread creditizi o, quantomeno, mantenerli stabili. Secondo il team, tuttavia, è bene comunque sempre tenere a mente che la crescita continua a perdere vigore e che un deterioramento dei fondamentali avrà impatti diretti e significativi soprattutto sulle aziende di qualità inferiore. Pertanto, sempre secondo il team, alla luce del rallentamento del ciclo sarebbe consigliabile per gli investitori obbligazionari posizionarsi sui titoli di alta qualità vendendo i bond più rischiosi. Ciò permetterebbe di approfittare delle loro attuali quotazioni che hanno raggiunto livelli elevati: una soluzione da preferire all’alternativa di attendere un prossimo ribasso dei prezzi per incrementare l’esposizione ai bond con merito di credito inferiore.
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