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Idee di investimento - Obbligazioni - 11 novembre 2019

Le valutazioni delle obbligazioni si collocano attualmente su livelli relativamente alti e rendono centrale la gestione della liquidità: ma emergono opportunità nei bond societari e nelle convertibili

di Redazione 11 Novembre 2019 09:41

LE TRAPPOLE DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO


La lunga e sfiancante guerra commerciale tra Washington e Pechino e una serie di dati deboli sul settore manifatturiero hanno instillato nuovi dubbi su una possibile recessione in arrivo negli Stati Uniti. Martin Arnold, economist di Schroders, ne ha approfittato per fare il punto della situazione nell’articolo Schroders: “Nel 2020 nessuna recessione negli Usa”. L'esperto ha deciso di esaminare la situazione relativa ai tassi di interesse, al mercato obbligazionario e a quello del lavoro per capire se via siano segnali di una potenziale recessione negli Usa nel 2020. L’economista ha concluso la sua analisi focalizzandosi sulla possibile evoluzione del mercato obbligazionario, dove potrebbero annidarsi trappole. E’ vero, ammette Arnold, che il reddito fisso esprime performance migliori rispetto a quelle azionarie durante le fasi di recessione ma è altrettanto vero che la valutazioni – e quindi i prezzi – si collocano attualmente su livelli relativamente alti. Inoltre la curva dei rendimenti tende a ripristinare la sua normale inclinazione – con i rendimenti delle obbligazioni a più lunga scadenza che aumentano mentre quelli a più breve durata scendono – piuttosto rapidamente. “Se si osserva quanto accaduto nel passato, la durata media delle inversioni della curva Usa – con il ritorno dei tassi alla normale inclinazione – si è attestata intorno ai 9 mesi. Dal momento che la recente inversione si è registrata nello scorso mese di maggio la curva dei rendimenti potrebbe tornare ad essere inclinata positivamente verso la fine del primo trimestre del 2020”, ha concluso Arnold.

LA GESTIONE DELLA LIQUIDITÀ


D’altra parte i gestori attivi devono sfruttare le opportunità di acquisto dischiuse dalla volatilità che offre la possibilità di aumentare l’esposizione ad alcune attività a valutazioni interessanti. Inoltre, come illustra nell’articolo Amundi: liquidità e volatilità le chiavi per cercare rendimenti nel 2020 Matteo Germano, head of multi asset, cio Italy di Amundi, anche la gestione della liquidità rivestirà un ruolo cruciale. Se per esempio le banche centrali deludessero il mercato con tagli inferiori a quelli attesi si potrebbero innescare picchi di volatilità con relativa drastica contrazione della liquidità di mercato. Per tutelarsi da questi inconvenienti gli investitori multi-asset possono adottare alcuni preziosi accorgimenti, a cominciare da una diversificazione congegnata per limitare i possibili rischi di contagio nel portafoglio in corrispondenza di un evento traumatico di mercato. Un’altra trovata efficace consiste nell’attuare una copertura attiva che consente di evitare di essere costretti a vendere nelle fasi di sell-off (vendita sul mercato senza limiti di prezzo e di quantità). “A tutto questo va aggiunto il fatto che con regolarità effettuiamo degli ‘stress test’ per valutare gli effetti potenziali dei movimenti avversi del mercato, e, inoltre, manteniamo una riserva di liquidità in titoli di Stato a breve termine o in contanti”, precisa Germano.

UNA PUNTATA CON UN RISCHIO GIUSITIFICATO SUI CORPORATE BOND


Mark Holman, ceo di TwentyFour Asset Management, esprime invece un atteggiamento moderatamente costruttivo sul reddito fisso alla luce dell’evoluzione positiva di alcuni rischi geopolitici nell’ultimo mese, in particolare la vicenda della Brexit e le dispute commerciali Cina – Usa. La sua attenzione, nell’articolo Investimenti, il regalo di Natale 2019 può arrivare dai bond societari, è sui tre tagli dei tassi implementati dalla Federal Reserve segnalandone due importanti aspetti. Si tratta dello stesso numero di interventi che, per pura coincidenza, che ha aiutato la banca centrale statunitense a guidare rari atterraggi morbidi dell’economia nel 1995 e 1998. In tutti i casi, in virtù di questi tagli i mercati hanno ritrovato lo scudo protettivo delle banche centrali – senza il quale avevano sbandato in modo vistoso nel quarto trimestre dello scorso anno – e gli investitori beneficiano di una prospettiva di tassi più stabili invece che in aumento. In secondo luogo, aggiunge poi Holman, i tre tagli operati dalla Fed hanno inviato un messaggio importante agli investitori posizionati sulla liquidità in dollari. In un mondo dove i tassi a zero e negativi sono sempre più diffusi, i titoli di Stato (Treasury) a breve termine che offrivano oltre due punti percentuali a inizio anno attiravano molti investimenti alla ricerca di un parcheggio solido e remunerativo della liquidità. Questi tre tagli dovrebbero essere sufficienti ad invertire questa tendenza a tutto vantaggio del reddito fisso a medio e lungo termine. Per quanto riguarda le possibili scelte di portafoglio per fine anno, Holman da un lato auspica che la componente obbligazionaria risulti all’interno di un portafoglio bilanciato ben diversificato, la soluzione secondo lui fortemente auspicabile in una fase avanzata del ciclo. Dall’altro a livello di scelte tattiche intravede ancora opportunità nel credito. “Non si può escludere un lieve aumento dei rendimenti, tuttavia gli spread di credito – cioè i differenziali di rendimento dei corporate bond rispetto ai governativi – sono in genere ancora del 10-15% al di sopra dell’inizio dell’anno. Riteniamo che in questa area si possa puntare per la fine dell’anno con un rischio giustificato”, conclude Holman.

CONVERTIBILI, UN RENDIMENTO SUPERIORE RISPETTO ALLA OBBLIGAZIONI CLASSICHE


Un’altra idea di investimento nel reddito fisso la fornisce Jonathan Stanford, investment director di GAM, nell’articolo Bond convertibili, un’alternativa interessante nell’era dei tassi zero. In un mercato dove è sempre più difficile ottenere un rendimento accettabile dagli investimenti obbligazionari tradizionali, mentre sull’azionario incombe il rischio costante di ulteriore volatilità, l’allocazione in obbligazioni convertibili offre una serie di benefici, perché in qualche modo coniuga il meglio delle due tipologie di investimento e offre opportunità particolarmente interessanti nel caso di operazioni di fusioni e acquisizioni, che vanno sotto il nome di M&A. L’esperto di GAM sottolinea che questa asset class ha performato largamente in linea con i mercati azionari nel corso dei recenti cicli, ma con una volatilità molto inferiore. Il mercato europeo delle obbligazioni convertibili, ad esempio, ha registrato solo un terzo della volatilità mostrata dalle Borse europee negli ultimi 25 anni. Ora, secondo Stanford, ci troviamo in una situazione inusuale, con molte convertibili che rendono più delle loro controparti obbligazionarie “classiche”. Ne consegue che l’opzione di conversione non solo non comporta il tipico premium, ma che i detentori di convertibili vengono a tutti gli effetti compensati per essere investiti in queste obbligazioni. Tutto questo richiede però un approccio fortemente selettivo.

IL FATTORE COSTI RESTA CENTRALE


In ogni caso, con rendimenti che restano a zero o addirittura in negativo, il fattore costi resta centrale. A questo proposito si segnala la riduzione delle commissioni per due Etf targati Invesco. Si tratta di Invesco USD Corporate Bond UCITS ETF e Invesco Euro Corporate Bond UCITS ETF, le cui commissioni fisse annue dallo scorso 31 ottobre sono passate da 0,16 a 0,10 punti base. “La riduzione delle commissioni di gestione di questi due Etf – si legge nell’articolo Etf obbligazionari, Invesco riduce le commissioni fisse – dimostra l’impegno di Invesco nel rafforzare la propria gamma core, e rendere sempre più efficiente – anche sul piano dei costi – l’esposizione ai principali benchmark tradizionali”.
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