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Idee di investimento - Obbligazioni - 11 marzo 2019

I fattori di sostegno al risk on dei mercati cominciano a sfumare. Opportunità nel credito e nel debito emergente mentre sullo sfondo si profila un ingorgo di corporate bond in scadenza entro il 2023

11 Marzo 2019 09:39

DUE FATTORI DI SUPPORTO CONCOMITANTI


Secondo l’analisi degli esperti di Euromobiliare Sgr illustrata nell’articolo Mercati in allungo aspettando Bce e dati sul lavoro Usa, il quadro d’insieme si è dimostrato favorevole alla propensione al rischio per la concomitanza di due aspetti. Da un lato sembrano passate in secondo piano le questioni geopolitiche, l’evoluzione dei negoziati sulla Brexit e i flussi di notizie sulle dispute commerciali tra Washington e Pechino: anche perché, in quest’ultimo caso, sembrano trapelare intenzioni di riconciliazione da entrambe le parti. Dall’altro, invece, mentre le più recenti indagini di mercato hanno continuato a confermare un’esposizione inferiore degli investitori verso le asset class più rischiose, proseguono i benefici derivanti dalle prospettive di politiche monetarie meno restrittive, che hanno riportato la volatilità su valori contenuti.

SOSTEGNO ALLE OBBLIGAZIONI SOCIETARIE


Nell’ambito più specifico delle obbligazioni societarie, c’è da segnalare la domanda sostenuta di prodotti a spread. Tra i fattori che hanno sostenuto tale ricerca di rendimento figura, come sottolinea Giordano Beani, head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR, nell’articolo Profitti in calo, meglio attivare il segnale di prudenza, l’atteggiamento meno restrittivo adottato dalla Fed, i minori timori di un rallentamento dell’economia globale e le crescenti speranze di un accordo commerciale tra Washington e Pechino. Per quanto riguarda poi le valute emergenti, Beani segnala il potenziale di rendimento che sta crescendo alimentando i flussi negli scambi nei mercati finanziari. Gli esperti di Amundi restano convinti che nel medio termine il dollaro americano sia destinato ad indebolirsi e questo rimane un fattore di supporto per le valute dei Paesi emergenti: è vero che tali monete hanno messo a segna un recupero da inizio anno ma dovrebbero avere ancora margini di rafforzamento nei confronti del biglietto verde.

GLI EMERGENTI FRENANO


Gli esperti di CANDRIAM, nell’articolo Le incertezze sulla crescita tengono bassa la propensione al rischio, invitano però a non trascurare le notizie negative sul fronte degli emergenti, alla luce del rallentamento in atto in queste economie. Sullo sfondo ci sono le tensioni tra Usa e Cina. “Le principali banche centrali, tra cui la Fed, la Banca d’Inghilterra e la Banca centrale europea, annoverano le relazioni commerciali internazionali tra le fonti di incertezza”, spiegano i professionisti di CANDRIAM. Le misure adottate dalle autorità cinesi a sostegno dell’economia dovrebbero portare nel 2019 a una crescita del Pil prossima al 6% e andranno a beneficio di tutta la regione. Tuttavia, sottolineano gli esperti, “qualsiasi misura fiscale o monetaria finalizzata a mitigare l’impatto della guerra commerciale, pur essendo favorevole nel breve termine, peserà sul lungo termine, in quanto implicherà maggiori sforzi in futuro per incanalare il debito pubblico su un percorso sostenibile”.

UNO TSUNAMI DA 3000 MILIARDI DI DOLLARI


Inoltre, sui mercati finanziari è pronto a scatenarsi uno tsunami da 3mila miliardi di dollari. A farlo presente nell’articolo I mercati hanno un problema: bond per 3.300 miliardi di dollari in scadenza è Will Nasgovitz, amministratore delegato di Heartland Advisors. L’esperto non paventa nessuna nuova “piena crisi finanziaria” ma, con migliaia di miliardi di debiti aziendali in scadenza nei prossimi anni, si dice fermamente preoccupato sull’andamento regolare delle contrattazione, e quindi dei prezzi, dei bond societari. “Con i tassi di interesse bassi, l’economia solida e gli standard di prestito relativamente facili, si pensava che prendere a prestito finanziamenti per acquisizioni fosse una strategia a basso rischio”, ha spiegato Nasgovitz, che ha poi aggiunto: “Ma i prossimi cinque anni potrebbero mettere a dura prova questa visione eccessivamente ottimistica”. Circa 3.300 miliardi di dollari, ovvero il 48% di tutti i debiti commerciali in essere degli emittenti investment grade, andranno in scadenza entro il 2023: i prossimi 4-5 anni potrebbero quindi essere problematici per il mercato obbligazionario .

CRISI DEL CREDITO IN ARRIVO, CAMBIARE APPROCCIO


Chi consiglia di cambiare approccio nel credito è Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit di Hedge Invest Sgr. L’esperto, nell’articolo Turbolenze in arrivo con il Quantitative Tightening, fa notare come, tra gli effetti collaterali del Quantitative Easing più gravi, ci sia l’eccesso di investimenti e di capacità produttiva dovuta alla tecnologia, un fattore che storicamente ha generato gravi crisi del credito. La sovracapacità produttiva impatterà negativamente su settori fortemente indebitati come i media, le telecomunicazioni, il retail e il farmaceutico, dove i grandi player tecnologici sono in grado di offrire servizi alternativi migliori e a prezzi più convenienti. In una situazione di eccessivo indebitamento e di sovracapacità produttiva, l’unica soluzione è la ristrutturazione del debito e il default. “Vediamo opportunità eccezionali nel credito stressed/distressed nei prossimi due anni: torneremo a livelli simili a quelli del 2009-2010 e del 2001-2002 in Europa”, prevede Lanza. Più andremo avanti, sostengono gli esperti di Hedge Invest, più i mini-cicli saranno difficili da prevedere e da gestire e più violente saranno le reazioni dei mercati. Occorre cambiare l’approccio di investimento: se nel 2009, osserva Lanza, bastava avere posizioni lunghe su tutti gli asset per ottenere ottime performance, ora, alla fine del ciclo e con una crisi del credito in arrivo, occorre essere cauti e cogliere le opportunità in modo opportunistico.

EUROPA POSSIBILE NUOVO BERSAGLIO DI WASHINGTON


Infine, nell’articolo Bce e Tltro: la view di Fidelity, Anna Stupnytska, head of global macro e investment strategy di Fidelity International, argomenta le ragioni che stanno alla base delle sue preoccupazioni sul Vecchio Continente. “Nonostante un certo allentamento nelle condizioni finanziarie a livello globale dall’inizio dell’anno, riteniamo che il sistema soffrirà per almeno i prossimi trimestri un freno relativo alla crescita: il nostro scenario base non prevede infatti che possa manifestarsi un qualsiasi riassorbimento improvviso di tale inasprimento” sottolinea Stupnytska che, per l’appunto, indica una ulteriore potenziale fonte di pericolo per l’Europa: “È possibile che il sentiment degli investitori continui ad essere dominato dall’incertezza geopolitica e che proprio l’Europa rischi di diventare il prossimo ‘obiettivo’ del protezionismo commerciale di Washington”.
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