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Idee di investimento – Azioni – 17 giugno 2019

L’escalation della guerra commerciale potrebbe portare ad una correzione di Borsa del 20%. Tra le opzioni suggerite in questa fase gli Etf flow volatility, l’azionario Asia e alcuni selezionati mercati emergenti

di Redazione 17 Giugno 2019 09:38

BORSE IN CALO DEL 20%?


Per Martin Currie (Legg Mason) ci stiamo avviando verso un lungo periodo di scontro economico/politico che dividerà il mondo in tre aree guidate da Cina, Usa e “terzo blocco” Ma dal momento che i mercati azionari non sembrano avere ancora incorporato i possibili effetti a lungo termine di una escalation delle guerre commerciali sul mondo delle imprese, cosa potrebbe accadere agli indici di Borsa? Nell’articolo Prepariamoci alla lunga guerra fredda del commercio si leggono alcune indicazioni. Per esempio, in base a un recente report di Ubs sull’impatto sulla crescita economica, sull’inflazione e sui mercati finanziari, i tassi di interesse dovrebbero risultare colpiti più delle valute, e tutti i mercati azionari potrebbero arrivare a perdere circa il 20%. Pesanti ripercussioni anche sulla crescita del Pil mondiale che, sempre in base al report di Ubs, potrebbe diminuire dell’1%, con i effetti negativi soprattutto sulla Cina (-2,3%) e sugli Usa (-2,45%). Un altro report, a cura dell’Australian Productivity Commission, sostiene invece che se tutti i Paesi alzassero i dazi del 15%, il Pil globale scenderebbe del 2,9%.

ALLOCAZIONE NEUTRALE


Sul fronte delle scelte di investimento, nell’articolo L’estate porterà il bel tempo sui mercati? Hans-Jörg Naumer, global head of capital markets & thematic research di Allianz Global Investors, dichiara di non poter essere certo che la ripresa dell’economia globale possa essere duratura. Inoltre, il conflitto commerciale pesa sul sentiment degli investitori, tanto sui mercati finanziari quanto nell’economia reale”. Al momento le valutazioni sui mercati sono eterogenee: “alcune importanti asset class come le azioni e le obbligazioni governative Usa, ma anche i Bund tedeschi, appaiono onerose. Per contro, i titoli di alcuni Paesi emergenti presentano valutazioni più attraenti”. Per gli esperti di AllianzGI risulta quindi consigliabile un’allocazione nel complesso neutrale tra azioni e obbligazioni.

AZIONARIO ASIA, OSCILLAZIONI CHE APRONO OPPORTUNITÀ


Intanto, Jian Shi Cortesi, portfolio manager per l’azionario asiatico e cinese di GAM Investments, pur tenendo nel dovuto conto l’attuale situazione preferisce guardare al comportamento che di solito tengono le azioni asiatiche e cinesi nel lungo periodo: un andamento accoppiato dettato principalmente dagli eventi macro. “Siamo pertanto convinti che le oscillazioni offrano un’opportunità per acquistare azioni con valutazioni più interessanti nonostante l’elevato livello di paura sul piano delle tensioni commerciali”, specifica Cortesi  nell’articolo La guerra dei dazi apre nuove strade per l’azionario Asia. Oltretutto, aggiunge l’esperta, gli investitori possono ora scegliere tra le diverse modalità di accesso al mercato cinese, ovvero optando a seconda delle preferenze e delle opportunità, o sulle H-shares (le azioni di aziende cinesi quotate a Hong Kong), o sulle A-shares di Shanghai oppure sugli Adr (American Depositary Receipts). Una flessibilità che garantisce un ulteriore plus agli investitori, soprattutto alla luce del fatto che negli indici MSCI sta iniziando ad aumentare il peso delle A-shares. Infine, Jian Shi Cortesi rivela una importante modifica nelle preferenze settoriali a lungo termine. Se dal 2000 al 2010 il focus era sulle commodity e sulle imprese orientate all’edilizia, da allora il testimone dei driver economici è passato all’innovazione e ai consumi che ora costituiscono i suoi principali obiettivi di investimento, in particolare i titoli cinesi delle società di internet.

WALL STREET, RESTARE INVESTITI CON UNA PROTEZIONE AL RIBASSO


Resta il fatto che la volatilità sembra destinata ad aumentare. Chi desidera restare investito nell’azionario statunitense – dove la tendenza a lungo termine rimane piuttosto attraente – ma al contempo sente anche un maggiore senso di paura e incertezza, potrebbe prendere in considerazione le strategie azionarie a bassa volatilità per trovare un punto di equilibrio. Sono due le strategie a bassa volatilità – una basata sull’indice S&P 500 Low Volatility e l’altra sull’S&P 500 minimum volatility – ed entrambe cercano di ridurre il rischio e di proteggere gli investitori dalle correzioni degli indici, ma le performance variano a causa delle differenze nella costruzione dell’indice. Nell’articolo Due strategie per resistere alla volatilità di Wall Street viene specificato che l’indice S&P 500 Low Volatility e gli Etf presenti sul mercato che lo replicano hanno storicamente avuto la tendenza a raggiungere un livello più elevato di riduzione della volatilità rispetto a una strategia di volatilità minima, questo grazie a un ribilanciamento più frequente dell’indice e meno vincoli. La bassa volatilità (low volatility) ha una maggiore flessibilità ed è più veloce nel passare ai titoli difensivi durante la volatilità del mercato. Inoltre, sebbene la bassa volatilità abbia meno vincoli, il benchmark rimane comunque diversificato in tutti i settori.

SEMICONDUTTORI, BUONE PROSPETTIVE DI CRESCITA


Infine uno sguardo al settore dei semiconduttori che ha subito un rallentamento ciclico ma che, secondo Capital Group, vede intatte le prospettive di crescita futura. A sostegno della tesi ci sono quattro ragioni, elencate nell’articolo Semiconduttori, quattro motivi per rimanere ottimisti da Isaac Sudit, analista di investimenti azionari di Capital Group. Dall’internet of things al 5G fino al numero ridotto di player dominanti e al ruolo chiave dell’industria. Nel 2003 esistevano 25 produttori di processori: oggi, dopo l’ondata di fusioni e acquisizioni (M&A) il comparto è sostanzialmente dominato da tre aziende: Intel, Samsung e Taiwan Semiconductor. Inoltre, in alcuni settori di nicchia opera un unico produttore. È il caso dell’olandese ASML, che sfrutta la litografia ultravioletta estrema per produrre chip più piccoli ed estremamente potenti. Per quanto riguarda invece il ruolo chiave dell’industria dei semiconduttori, la conferma arriva dai dati della Semiconductor Industry Association: nel 2018 le società di semiconduttori hanno generato un fatturato globale di 468,8 miliardi di dollari con un incremento del 13,7% su base annua. Un fatturato record, pur in presenza di una sensibile battuta d’arresto.
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