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Idee di investimento - Azioni - 17 febbraio 2020

E’ probabile che nel prossimo decennio le azioni riescano a offrire fino al 3% di extra rendimento. Nel frattempo, in attesa di uno slancio degli utili aziendali, i mercati emergenti e le multinazionali mostrano una marcia in più

di Leo Campagna 17 Febbraio 2020 09:08

NEI PROSSIMI 10 ANNI UN EXTRA RENDIMENTO DELLE AZIONI FINO AL 3%


Pictet Asset Management propone il nuovo paradigma dei prossimi anni fatto di tre regole: il Qe appartiene al passato, il nuovo ‘whatever it takes’ sarà fiscale, i tassi bassi diventano strutturali. Ovviamente tassi strutturalmente bassi non rappresentano un’occasione d’oro per le obbligazioni, ma neppure una tragedia, mentre sono sicuramente una buona notizia per l’equity, con un extra rendimento che, nello scenario low for long Tassi bassi per lungo tempo), può arrivare, secondo Andrea Delitala, head of investment advisory, e Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet AM, anche al 3%. Una previsione illustrata nell’articolo “Azioni vincenti nel prossimo decennio, rendimento fino al 3% annuo”, e che si basa sulle stime di crescita degli utili, che si è già ridotta in modo consistente, su tassi di interesse bassi che supportano i margini delle imprese, e sulla disponibilità degli investitori a pagare un premio di rischio sulle azioni relativamente elevato. In conclusione, Pictet AM ipotizza tre scenari sul livello futuro dei tassi di interesse e del rendimento atteso dalle azioni. Il primo, con una probabilità assegnata del 40%, prevede la normalizzazione dei tassi reali intorno all’1,5% e implicherebbe una limatura del 2-3% del rendimento atteso delle azioni. Il secondo, quello low for long sempre con probabilità 40%, i tassi reali stazionano tra 0 e 0,5%, il che implicherebbe un aumento dei P/E e in termini di aumento delle valutazioni azionarie varrebbe circa 3 punti l’anno, con un extra rendimento in conto capitale tra l’1 e il 3% annuo. Il terzo considera una recessione, con probabilità al 20%, con tassi in discesa ma senza migliorare le valutazioni azionarie.

NECESSARIO CHE GLI UTILI AZIENDALI SIANO PIÙ ROBUSTI


Nell’immediato, tuttavia, gli attuali segnali di ripresa devono tradursi in uno slancio degli utili aziendali, poiché in alcuni importanti segmenti del mercato azionario le valutazioni sono già molto elevate. Secondo Hans-Jörg Naumer, Director Global Capital Markets & Thematic Research di Allianz Global Investors, una sovraesposizione strategica di lungo termine alle azioni risulta opportuna soltanto in caso di ulteriore stabilizzazione dei segnali di ripresa economica. È essenziale, per Naumer, che agli attuali segnali di ripresa seguano utili aziendali più robusti, dal momento che alcuni importanti segmenti del mercato azionario evidenziano valutazioni già molto elevate. Il riferimento dell’esperto è, come spiegato nell’articolo Mercati azionari, la grande attesa per uno slancio degli utili aziendali, alle azioni statunitensi che, in base al rapporto prezzo utili (p/e) di Shiller depurato delle oscillazioni cicliche, appaiono molto onerose rispetto alle medie storiche. Le azioni dell’area Euro potrebbero invece evidenziare un andamento migliore rispetto a Wall Street ma soltanto se il momentum sui profitti aziendali fosse più favorevole: peccato che, al momento, si intravedano soltanto timidi segnali.

MULTINAZIONALI, L’APPROCCIO VINCENTE E’ MULTILOCALE


Sullo sfondo restano ancora gli impatti negativi procurati dalle guerre commerciali che, insieme ad altre restrizioni nelle relazioni internazionali stanno minacciando decenni di liberalizzazione negli scambi di merci e servizi. In questo contesto cresce la convinzione che le multinazionali siano le società più a rischio. Non è di questo avviso Jody Jonsson, gestore di portafoglio azionario di Capital Group, secondo la quale grazie all’esperienza maturata negli anni queste società hanno le maggiori probabilità di sopravvivere e persino di prosperare in condizioni avverse. D’altra parte le multinazionali dominano l’economia e i mercati finanziari globali in virtù di manager intelligenti, tenaci e con esperienza, in grado di adattarsi a situazione variabili e a qualsiasi contesto commerciale, dai più favorevoli ai più ostili. Per rispondere in modo sempre più efficace alle sfide del nuovo contesto si sta affermando l’approccio multilocale. “Sono parecchie le imprese globali che adottano importanti insediamenti operativi nei mercati locali invece che arrendersi alle barriere commerciali. Per poter avere successo, è indispensabile essere rapidi nel reagire in maniera efficace alla concorrenza locale mentre la produzione nel luogo di vendita è sempre più cruciale”, spiega Jonsson nell’articolo Perché le multinazionali resisteranno meglio alle guerre commerciali.

UN APPROCCIO AGNOSTICO RISPETTO ALLO STILE GROWTH E AL VALUE


Resta il fatto che, come fa notare Tim Love, responsabile strategie azionarie Paesi emergenti di Gam Investments, “l’azionario emergente evidenzia bilanci robusti e ben strutturati e sembra offrire un appeal convincente agli investitori alla ricerca di rendimento, senza che necessariamente adottino un approccio value o growth”. Il suo approccio di gestione, infatti, non punta a privilegiare lo stile growth o quello value, quanto piuttosto ad individuare i titoli di alta qualità a valutazioni interessanti, nel contesto di un solido quadro di gestione del rischio. In quest’ottica, un fattore chiave per attenuare i pericoli potenziali in portafoglio resta la diversificazione (a livello di Paese, di settore e di singoli titoli azionari) al pari della costruzione disciplinata delle scelte d’investimento. A tale proposito, in un ambiente esposto potenzialmente al risk-off (avversione al rischio), la liquidità dei titoli in portafoglio diventa essenziale se, come sottolinea Love nell’articolo Azionario mercati emergenti, ecco come difendersi dagli imprevisti, si ritiene importante poter uscire rapidamente dalle posizioni, se necessario. “Per garantirci la massima liquidabilità privilegiamo i titoli di società di qualità superiore (in termini di free cash flow e capitale circolante) mentre limitiamo rigorosamente gli investimenti nei mercati di frontiera meno liquidi. Il tutto restando fermamente concentrati sulle valutazioni, sui fondamentali e sulla logica di rischio/rendimento” precisa l’esperto.

L’INCIDENZA DELLA CINA SULLA CRESCITA MONDIALE È AUMENTATA


Restando in tema di mercati emergenti, secondo gli esperti di Raiffeisen Capital Management, una volta circoscritto il coronavirus l’attenzione tornerà sui fattori strutturali dell’economia cinese e sulle potenzialità di crescita dei paesi in via di sviluppo. Rispetto al 2004 il contributo e l’importanza della Cina per il Pil globale sono molto maggiori, con l’economia cinese più orientata ai consumi interni e ai servizi: nel 2003, invece, prevalevano le esportazioni e Pechino accuso una fuga degli investimenti diretti esteri. Tuttavia quando il virus verrà debellato o, quantomeno, circoscritto sarà determinante per gli investitori ricordarsi dei fattori strutturali che determinano le prospettive positive sulla qualità della crescita cinese e sulla sua influenza a livello globale. “Stiamo parlando, solo per citarne alcuni, della trasformazione dell’economia cinese che punta all’indipendenza tecnologica, dell’aumento dei consumi basato sulla tecnologia e sul commercio, dell’attenzione alla qualità della crescita piuttosto che alla sola velocità di espansione, dell’orientamento degli investimenti privati a livello di PMI e del possibile miglioramento delle relazioni commerciali con gli Usa”, concludono gli esperti di Raiffeisen nell’articolo Mercati emergenti pronti a ripartire dalla Cina appena superato il coronavirus.
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