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Idee di investimento – Azioni – 13 maggio 2019

Occorre saper convivere con la guerra commerciale Usa – Cina e adottare una piccola quota strutturale in oro e una selezione attiva in attesa di una correzione che renda le azioni più convenienti.

di Redazione 13 Maggio 2019 09:54

ALLOCAZIONE ATTIVA DIVERSIFICATA


L’economia globale sta mandando segnali di risveglio tardo-primaverile, ma gli investitori reduci dal rally dei primi quattro mesi del 2019 restano scettici, anche perché sono convinti che l’avanzamento dei listini azionari globali sia stato alimentato da banche centrali passate a una politica molto accomodante, che potrebbe addirittura preludere a una nuova svolta espansiva. Ad alimentare lo scetticismo dei mercati è anche la dinamica degli utili aziendali, entrata in una fase di decelerazione. Un quadro che ha favorito il classico "sell in May" sulla spinta dei tweet lanciati da Trump sul negoziato commerciale con la Cina. Per convincere gli investitori quindi servirebbero segnali di risveglio degli indicatori congiunturali, oltre che una riduzione dell’incertezza geopolitica. Ma, come afferma Ann-Katrin Petersen, vice president, global economics & strategy di Allianz Global Investors nell’articolo L’economia globale annusa la primavera, ma gli investitori restano cauti, proprio dal fronte dei dati stanno cominciando ad arrivare indicazioni positive. Per le decisioni dell’investitore un temporaneo miglioramento dei dati macro non sarebbe sufficiente a mettere in discussione lo scenario di rallentamento di fine ciclo, e AllianzGI si aspetta tuttora un beta di mercato più moderato rispetto all’ultimo decennio, con oscillazioni più ampie. In tale scenario, l’allocazione attiva diversificata nelle diverse asset class e la selezione attiva dei titoli assumono un ruolo sempre più rilevante. Secondo la casa d’investimento i prossimi mesi potrebbero comunque rivelarsi una finestra temporale favorevole alle asset class rischiose, considerando sia l’atteggiamento più paziente delle autorità monetarie, sia il miglioramento del momentum sulla crescita, sia i rischi contenuti di recessione a breve, a fronte di un posizionamento ancora prudente degli investitori.

IMPARARE A CONVIVERE CON UNA SITUAZIONE CONFLITTUALE


Intanto, secondo Dave Lafferty, chief market strategist di Natixis IM, gli investitori farebbero bene ad abituarsi a questa situazione dinamica, perché sono destinati a convivere con la difficile relazione tra Washington e Pechino. “La prima cosa che si deve tenere presente – puntualizza lo strategist – è che l’economia cinese evidenzia un surplus commerciale strutturale frutto di investimenti superiori ai consumi: una dinamica sulla quale gli Stati Uniti non sono in grado di interferire”. Ecco perché, specifica Lafferty, l’amministrazione Trump sfrutta la politica commerciale facendo leva sui dazi sulle merci importate da Pechino. “Il nuovo modello di Washington per le relazioni commerciali con la Cina si basa proprio sulla minaccia di imposizioni di dazi con l’obiettivo di portare Pechino al tavolo dei negoziati e, come sta succedendo adesso, continuare a minacciare per far progredire i negoziati. Anche nel caso in cui si giungesse ad un accordo, l’amministrazione Usa continuerebbe con le minacce sui dazi per farne rispettare la conformità” sottolinea lo strategist nell’articolo Usa-Cina, una relazione difficile… per gli investitori.

L’EFFICACIA DEGLI STIMOLI GOVERNATIVI DELLA CINA


A proposito di Cina, Patrick Zweifel, chief economist di Pictet Asset Management, segnala l’efficacia degli stimoli governativi delle autorità di Pechino, che hanno trasformato nel giro di pochi mesi la Cina dall’essere considerata una seria minaccia alla stabilità economica del mondo a diventarne una forza stabilizzatrice. “Il ritorno alla crescita del colosso asiatico rappresenta una buona notizia per gli attivi dei mercati emergenti in generale e per quelli cinesi in particolare” specifica Zweifel nell’articolo Economia mondiale, la metamorfosi cinese: da minaccia a salvezza, in cui fa riferimento sia agli Stati Uniti, preoccupati dai timori di una recessione, e sia alla zona euro, dove il settore manifatturiero (soprattutto, ma non solo, quello tedesco) continua a registrare segnali di contrazione.

ORO, PROTEZIONE STRUTTURALE DALLE TURBOLENZE


In tutti i casi, il contesto resta complesso e per gli investitori è sempre più difficile adottare scelte di portafoglio che non incorporino rischi elevati a fronte di prospettive di rendimento limitate. Occorre stabilizzare il portafoglio e l’oro rappresenta una soluzione ottimale. Infatti, come si può leggere nell’articolo Oro, un porto sicuro a buon prezzo, al di là delle previsioni a breve del prezzo dell’oro, ci sono dati concreti di lungo periodo che dimostrano come l’esposizione al metallo prezioso costituisca per antonomasia una valida protezione in caso di turbolenza. Abbiamo esaminato l’andamento dell’oro e delle Borse mondiali negli ultimi 12 anni dal 30/4/2007 al 2/5/2019 utilizzando l’Etf Gold Bullion quotato in Piazza Affari e l’indice MSCI world TR delle Borse mondiali che include i dividendi reinvestiti. Ebbene, in questi 12 anni, l’Etf in oro ha reso il 117% in euro e l’MSCI world TR in euro il 114% ma con andamenti molto divergenti soprattutto nelle fasi di ascesa delle Borse e di tensione sui mercati finanziari. Attualmente, però, mentre l’MSCI world TR è sui massimi di sempre, il prezzo dell’oro dista circa il 20% dai massimi del settembre 2011. Come dire che acquistare adesso Etf in oro per una piccola quota del portafoglio (tra il 5% e il 10%) costituisce una protezione a basso costo.

L’ITALIA PIACE AI FONDI DI PRIVATE EQUITY USA


Infine, vale la pena ricordare che, come viene illustrato nell’articolo M&A, il 2019 è l’anno di food, healthcare e IT, nel periodo 2016 -2018 le aziende made in Italy si sono confermate attrattive soprattutto per Usa, Francia e Regno Unito e per gli operatori internazionali nei settori dei servizi, industriale e bancario. Ma per l’anno in corso altre categorie stanno avanzando. “Il flusso di liquidità generato dalla recente tax reform statunitense, che ha già finanziato numerose operazioni di share buyback negli Usa, verrà probabilmente utilizzato anche per operazioni di crescita tramite M&A”, sottolinea Alessandro Santini, head of corporate advisory del gruppo Banca del Ceresio. Le operazioni in uscita sono effettuate quasi esclusivamente da aziende industriali italiane in cerca di partner strategici, mentre le società americane che investono in Italia sono in larga parte fondi di private equity. Per il 2019 “i settori nei quali si prevede maggiore interesse da parte del private equity in Italia sono il food & beverage e l’healthcare, come pure l’information technology: ci si rivolgerà sempre più ad aziende con buona tecnologia e competenze digitali, oltre che con una forte propensione internazionale”, precisa Santini.
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