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USA e Cina entrambi vincitori della guerra dei dazi?

Per Pechino sarebbe un aiuto a raggiungere il suo obiettivo di far ‘comprare cinese ai cinesi’, mentre il governo è anche alle prese con lo sgonfiamento morbido della bolla del debito. Se i due contendenti escono vincitori, il sospetto è che lo sconfitto designato sia l'Europa.

11 Settembre 2018 07:50

Anche la seconda settimana di settembre è iniziata con l’arrivo di dati contraddittori sull’economia cinese e con un calo della Borsa di Shanghai. Le esportazioni rallentano, ma il surplus commerciale con gli USA tocca nuovi record. L’inflazione al consumo e alla produzione viaggiano tra oltre il 2% e oltre il 4%, mentre la spesa per consumi rallenta e lo yuan continua a indebolirsi contro il dollaro. E intanto la Borsa di Shanghai, ormai da due mesi in territorio Orso, trascina le altre piazze asiatiche ai minimi da oltre un anno. Il principale problema dell’economia cinese resta il debito ingente accumulato dalle grandi corporation, soprattutto pubbliche, e utilizzato soprattutto per fare shopping miliardario in giro per il mondo. Ora governo e banca centrale cercano di smontare queste posizioni, come nel caso della Hna, la conglomerata che aveva accumulato quasi il 10% di Deutsche Bank, poi portato sotto l’8% e infine, con un annuncio arrivato lo scorso weekend, destinato a essere liquidato entro 18 mesi. L’altro problema è la guerra commerciale combattuta finora soprattutto a parole con Trump.

IMPATTO RIDOTTO SULLA CRESCITA


Finora le tariffe scattate reciprocamente tra i due contendenti valgono una cinquantina di miliardi di dollari, ma quelle minacciata si contano nelle centinaia di miliardi. L’impatto sulla crescita cinese finora non è stato registrato a livello di dati. L’anno scorso il PIL è salito del 6,9% e quest’anno le stime puntano a qualcosa intorno al 6,5%, ma non per colpa dei dazi di Trump, quanto a seguito del rallentamento dei consumi, che è un effetto previsto dello sgonfiamento dell’eccesso di debito privato. Anche gli investimenti rallentano, ma come per i consumi si tratta di un effetto del ricorso meno aggressivo al debito. Molti osservano che la svalutazione dello yuan morbida, a differenza ad esempio della crisi della lira turca, è alla fine è anche benvenuta, perché sostiene le esportazioni non solo dirette in USA ma anche nel resto del mondo.

Dazi commerciali, uno scudo con titoli di stato USA e valute asiatiche


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IL MADE IN CHINA CHE PIACE A XI


Insomma, una situazione complessa che si presta alle letture più diverse. Come quelle dell’esperto di economia cinese Michael Schuman che su Bloomberg ha sostenuto che per il presidente Xi Jinping la guerra dei dazi contro Trump era proprio quello di cui la Cina aveva bisogno. Schuman cita a sostegno della sua tesi la storia di Biobase Group, laboratorio cinese di soluzioni manifatturiere che fino a poco fa faceva fatica a lavorare nel suo paese, dominato dai prodotti esteri, ma che con la guerra commerciale ha aumentato i clienti cinesi. Il governo di Pechino non vuole altro, che i cinesi comprino cinese. Che è poi la stessa cosa che vuole Trump per i prodotti americani. Schuman cita il programma di Xi “Made in China 2025” e la famosa Nuova Via della Seta, il progetto che vede i leader europei corteggiare Pechino per avere un pezzetto della nuova rotta dei commerci globali.

Cina, perché è il momento di considerarla un’asset class a sé stante


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BOTTOM LINE


Alla fine la guerra dei dazi verrebbe fuori come un colossale gioco delle parti in cui sia Xi che Trump sono destinati a uscire vincitori. Siccome in tutte le guerre insieme ai vincitori ci sono gli sconfitti, tutti gli indizi sembrano portare dalle parti dei palazzi europei di Bruxelles.
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