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Il crollo di Macy's segna la crisi della grande distribuzione Usa

I risparmi delle riforme fiscali sono stati reinvestiti in incrementi retributivi e in maggiori spese di capitale. L’incremento dei costi fissi tende a diminuire i margini e ad aumentare il rischio di indebitamento

15 Gennaio 2019 09:13

La seduta di Borsa di giovedì 10 gennaio a Wall Street è stata particolarmente indicativa sulle prospettive future per le catene della grande distribuzione statunitense. Infatti, mentre l’S&P500 registrava un rialzo dello 0,38%, il comparto S&P 500 retail segnava un calo dell’1,9%. Non solo. In molti specifici casi, le azioni del settore hanno accusato un brusco selloff (vendita sul mercato di titoli senza limitazione né di prezzo né di quantità, ndr), in quanto un certo numero di report di vendite del periodo festivo ha suscitato preoccupazioni sulla salute del settore e dei consumatori.

IL PIU’ SEVERO CROLLO GIORNALIERO IN 27 ANNI


A farne le maggiori spese è stato il titolo azionario di Macy's Inc., che è crollato del 17,7%, il suo più profondo calo di un singolo giorno da quando è stato quotato in Borsa 27 anni fa. La rovinosa caduta si è materializzata dopo che la catena della grande distribuzione statunitense fondata nel 1858 ha ridotto le prospettive di profitto, vendite, inventario e margine lordo, mentre le vendite delle vacanze si sono indebolite a metà dicembre, e non hanno ripreso fino alla settimana di Natale. A nulla è servito l’intervento dell'amministratore delegato Jeff Gennette, che si è detto convinto che la compagnia adotterà a gennaio i provvedimenti necessari per assicurare una posizione di inventario ripristinato prima del nuovo anno fiscale.

ASPETTATIVE RIVISTE AL RIBASSO


Male in Borsa giovedi 10 gennaio anche Barnes & Noble, il più grande venditore al dettaglio di libri degli Stati Uniti, che è crollato del 12,6% dopo che il management, nonostante un incremento del 4% delle vendite tra il Black Friday e il Capodanno, ha detto che potrebbe tagliare le previsioni degli utili da fino al 10%, a causa dell'aumento della spesa pubblicitaria e dell'attività promozionale. Andamento negativo pure per le azioni della catena di grandi magazzini Kohl's Corp. (-6,3%), dopo che la società ha aumentato le prospettive di profitto, ma ha registrato una crescita delle vendite nello stesso negozio in rallentamento dal 6,9% di 12 mesi fa all'1,2%. Stessa sorte per The Buckle Inc.(-7,1%), dopo che il rivenditore di abbigliamento e calzature ha registrato vendite nel periodo delle vacanze in contrazione dello 0,2%, mentre le vendite nette trimestrali sono diminuite del 6,7%. L’elenco degli "sconfitti" del settore comprende anche le azioni di L Brands Inc. (-7,1%), quelle di Target Corp. (-3,4%), quelle di JC Penney Co. (-3,7%) e quelle di Abercrombie & Fitch Co. (-9,0%). In controtendenza, Costco Wholesale Corp (+6,1%) il cui management ha dichiarato che le vendite sono aumentate del 6,1% e le azioni di Bed Bath & Beyond Inc. (-15%) dopo che il rivenditore di arredi per la casa ha battuto le aspettative di profitto del terzo trimestre fiscale e fornito prospettive ottimistiche.

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BRUSCA INVERSIONE DI TENDENZA


Il crollo del settore della grande distribuzione statunitense è arrivato dopo un periodo in cui aveva fatto molto meglio della media di mercato: dal 2 dicembre al 9 gennaio scorso l’S&P500 retail aveva accumulato un guadagno del 15% contro il 7% dell’S&P500. Ma i report e le dichiarazioni aziendali di giovedì 10 gennaio hanno spaventato i tanti investitori che erano rialzisti sul settore. Adrienne Yih, analista di Wolfe Research, ha detto che il 2018 potrebbe essere stata la stagione di punta per i rivenditori: un aumento del movimento nei centri commerciali era prevedibile in quanto si sarebbe confrontato con lo stesso periodo 2017 molto debole, in cui la domanda dei consumatori fu depressa.

MARGINI RIDOTTI E RISCHIO DI INDEBITAMENTO


Sempre secondo Adrienne Yih, i risparmi delle riforme fiscali sono stati reinvestiti dalle aziende del settore in incrementi retributivi e in maggiori spese di capitale, determinando un aumento dei costi fissi rispetto a prima della riforma fiscale. Un ambiente che tende a diminuire i margini e ad aumentare il rischio di indebitamento. Insomma, il dato sui nuovi posti di lavoro di dicembre e quello sull’incremento delle retribuzioni medie dei lavoratori non sono state certe delle buone notizie per le prospettive 2019 delle catene della grande distribuzione statunitense. Vedremo se i dati di vendite al dettaglio statunitensi di dicembre, che saranno resi noti domani, saranno in grado di fornire indicazioni più puntuali sulle ultime inclinazioni del consumatore americano.
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