Contatti

debito

Gli americani guadagnano di più ma risparmiano meno

23 Settembre 2014 11:00
financialounge -  debito Maria Paola Toschi occupazione risparmi università USA
La maggior parte dei laureati americani tra i 30 e i 40 anni guadagnano più di quanto guadagnassero i loro genitori alla stessa età. Nonostante ciò, il loro tasso di risparmio risulta inferiore.

Lo certifica, nero su bianco, una ricerca appena realizzata da una società di analisi di mercato statunitense che ha elaborato i dati che spaziano dal 1968 al 2011 relative alle coppie genitore-figlio attraverso l’evoluzione del loro ciclo di vita economico e che ha individuato anche la principale causa di questa divergenza: il debito contratto per studiare.
L’indagine, in particolare, mette in evidenza come a fronte di un 82% dei 30-40enni americani con almeno un grado di laurea che guadagna più dei loro genitori, soltanto il 30% può vantare una maggiore ricchezza.

In parallelo, lo studio, rivela che i 70% di lavoratori senza istruzione universitaria ha superato il reddito dei loro genitori e il 50% di essi ha sorpassato la ricchezza della famiglia di provenienza. Ne deriva che buona parte della ragione di questa scarsa propensione al risparmio per i nati tra il 1965 e il 1980, è imputabile ai debiti contratti per lo studio che continuano a persistere fino alla mezza età.

In base ai dati resi noti dalla Federal Reserve Bank di New York, sugli americani di età compresa tra 30 e 39 pesavano 321 miliardi di dollari di debito per lo studio alla fine del 2012, in crescita da circa 124 miliardi di dollari dall'inizio del 2005: sui quelli con età compresa tra i 40 e 49 anni, questa tipologia di debiti si attestava a 168 miliardi, in crescita di 53 miliardi dal 2005. Le difficoltà finanziarie degli americani nati tra il 1965 e il 1980, potrebbe provocare scosse di assestamento sul tessuto economico e finanziario. Nel caso che il fenomeno continuasse nei prossimi anni potrebbe provocare anche una bolla finanziaria.

In tutti i casi, anche senza arrivare a questo punto di non ritorno, si può ipotizzare che i genitori americani faranno molta più fatica della generazione precedente nel permettersi il college per i propri figli e saranno costretti o a svolgere più lavori in contemporanea oppure dovranno necessariamente abbassare i loro standard di vita a mano a mano che invecchiano. Le stesse dinamiche demografiche stanno contribuendo a rendere più difficili le decisioni di politica monetaria della Fed.

“C’è qualcosa infatti nelle statistiche del mercato del lavoro che non convince del tutto la Fed” sottolinea Maria Paola Toschi, Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management. Infatti, nonostante il tasso di disoccupazione sia ora poco al di sopra del 6%, la banca centrale USA guarda con crescente apprensione al cosiddetto tasso di partecipazione della forza lavoro che continua a restare estremamente basso, vicino al 63%, e, soprattutto, ha continuato a scendere in concomitanza con il miglioramento del mercato del lavoro e il calo del tasso di disoccupazione.

Sembra che milioni di americani abbiano smesso di cercare un posto di lavoro perchè sono scoraggiati e sono convinti che non ci sia. Ma i dati contraddicono questa affermazione. Infatti mentre nel luglio 2009, 796.000 persone dichiararono effettivamente di aver rinunciato a cercare un lavoro per questo motivo, nel luglio 2014 il loro numero è sceso a 741.000.

“In realtà il problema è soprattutto di natura demografica. Negli Stati Uniti l’età tipica del pensionamento è 65 anni. Se guardiamo alla storia, negli ultimi anni è cresciuto il numero delle persone che compiono 65 anni. Tra il 2010 e il 2012 il numero di persone che hanno compiuto 65 anni negli Stati Uniti è aumentato del 33%. Ciò riflette ampiamente l’aumento delle nascite negli USA tra il 1945 e il 1947 dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Inoltre non si è trattato di un «fenomeno durato solo un anno». Il tasso di natalità negli USA calò negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta e rimase molto alto dalla fine degli anni Quaranta fino ai primi anni Sessanta. Di conseguenza, nei prossimi 15 anni la forza lavoro USA dovrà affrontare il problema dei cosiddetti «Baby Boomer» che andranno in pensione” puntualizza Maria Paola Toschi.

Per la strategist, inoltre, questa situazione sarà aggravata dal minor numero di persone che fanno il loro ingresso sul mercato del lavoro per via del tasso di natalità relativamente basso alla fine degli anni Novanta e Duemila: anche ipotizzando per il futuro un qualche rimbalzo ciclico nella partecipazione della forza lavoro, è difficile immaginare che il numero dei lavoratori USA possa crescere più dello 0,5% nel prossimo decennio.

“Le dinamiche demografiche come quelle descritte sopra, contribuiscono a rendere il tessuto sociale più vulnerabile, per esempio a episodi di crisi come l’ultima che abbiamo vissuto negli ultimi anni e che ha probabilmente esacerbato alcune situazioni economiche delle famiglie. Sono aspetti diversi di un unico fenomeno, quello di eccesso di debito e eccesso di oneri dovuti alle spese per penionamento con cui dovranno sempre più confrontarsi le economie dei paesi sviluppati” conclude Maria Paola Toschi.
Share:
Trending