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Tra geopolitica e petrolio potrebbe vincere l’oro

Il rischio di chiusura dello Stretto di Hormuz fornisce un supporto al prezzo del petrolio, ma la domanda è destinata a scendere. La Fed accomodante sostiene il trend rialzista dell’oro

di Redazione 22 Luglio 2019 15:56

Nelle ultime settimane sono saliti di tono gli attriti tra Iran e Stati Uniti dopo i ripetuti attacchi alle petroliere nel Medio Oriente. La brusca impennata della tensione tra il regime di Teheran e la Casa Bianca ha riacceso l’ipotesi di una possibile chiusura dello Stretto di Hormuz. Quest’ultimo rappresenta un snodo cruciale per l’economia mondiale, dal momento che viene attraversato dal 30% del petrolio greggio e di altri derivati petroliferi scambiati via mare a livello globale. Inoltre, come se non bastasse, circa il 30% del commercio mondiale di gas naturale liquefatto (GNL) transita nello Stretto proveniente dal Qatar.

RISCHIO GEOPOLITICO SOTTOVALUTATO


“Si tratta di un rischio geopolitico sottovalutato che potrebbe risultare però vantaggioso per una strategia di investimento rialzista (long) sul greggio Brent” afferma Nitesh Shah, Director – Research di WisdomTree - E’ vero, ammette l’esperto, che gli investitori ribassisti (short), cioè coloro convinti che il prezzo del greggio sia destinato a scendere nelle prossime settimane, poggiano molte delle loro previsioni su alcuni parallelismi con gli anni ’80. Come allora emerge una forte domanda di auto “più ecologiche”, anche ora sia la produzione petrolifera quotidiana dell’Arabia Saudita (quasi 10 milioni di barili) che il boom estrattivo di shale oil statunitense determinano una sovrabbondanza dell’offerta rispetto alla domanda che, peraltro, è stimata in contrazione.

LA CRITICITÀ DELLO STRETTO DI HORMUZ


“Tuttavia, si tratta di aspetti che passano in secondo piano se si pensa ai flussi in transito a Hormuz. Basti pensare che la crisi di produzione del Venezuela ha portato ad una contrazione dell’estrazione di greggio pari a 1,6 milioni di barili al giorno, da 2,4 milioni nel 2016 agli 800.000 circa attuali . La quantità di greggio e di prodotti equivalenti che attraversano lo Stretto di Hormuz, è circa 11 volte maggiore” specifica Nitesh Shah.

PETROLIO A 75 DOLLARI AL BARILE ENTRO FINE ANNO


Più in generale, gli esperti di WisdomTree ritengono che le forze geopolitiche continueranno a pesare sui prezzi del petrolio con i negoziati commerciali che incideranno sulle aspettative della domanda mentre le tensioni in Medio Oriente potranno influenzare l'offerta potenziale. In quest’ottica, si aspettano che l'OPEC si adoperi in tutte le situazioni per mantenere un prezzo del petrolio sostenibile. La previsione per il prezzo del greggio Brent è di $ 75 / barile per la fine dell'anno.

LE OPZIONI DI TRUMP


E che l’OPEC +, cioè l’insieme dei paesi produttori OPEC e di altri grandi estrattori di greggio come la Russia, continueranno a sostenere i prezzi del petrolio lo ha riferito
in una recente analisi anche Jon Andersson, Head of Commodities di Vontobel Asset Management, secondo il quale, però, l'Arabia Saudita non ha interesse affinché il prezzo del petrolio possa avvicinarsi al livello dei 100 dollari al punto che Riyad è pronta anche ad aumentare la produzione per mettere un freno ad ulteriori aumenti di prezzo. L’Iran, invece, potrebbe far impennare le quotazioni soprattutto se le dispute con Washington dovessero subire un’escalation. “Il presidente Trump ha due opzioni principali per rispondere agli attacchi di petroliere e droni iraniani nell'area dello Stretto di Hormuz: lo sciopero militare o altre sanzioni. Tuttavia, entrambe sono problematiche per Trump ma si rivelerebbero opzioni rialziste per il prezzo del greggio” ha specificato Jon Andersson. Secondo il quale Trump potrebbe optare per una risposta militare che ,però comporterebbe una rottura della sua promessa elettorale "America First". Inoltre, è improbabile che un'escalation militare porti l'Iran al tavolo dei negoziati.

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RAPPORTO TRA DOMANDA E OFFERTA


Fred Fromm, Vice President, Research Analyst Franklin Equity Group sostiene invece che i picchi di volatilità che si sono verificati quest’anno nel mercato del petrolio siano da ricercare soprattutto in altri fattori, in particolare nelle dinamiche globali del rapporto tra l’offerta e la domanda. “A nostro parere è difficile prevedere la direzione dei prezzi del greggio solo in base agli attacchi alle petroliere. Tensioni geopolitiche di questo tipo sono sempre presenti e la loro importanza tende a modificarsi nel tempo” puntualizza Fred Fromm, secondo il quale, tra gli esempi recenti in questo senso figurano sia l’influenza crescente della Russia in Medio Oriente e sia il coordinamento di Mosca con l’Opec (l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio).

L’INFLUENZA DI TEHERAN


Un altro esempio che si può fare è l’influenza del regime di Teheran nella regione che ha portato ad incrementare gli attriti con Washington con tanto di attacchi alle petroliere e ai droni. Fred Fromm, in qualità di investitore di lungo termine predilige infatti l’analisi del mercato petrolifero valutando i più disparati fattori: ne consegue che le analisi delle compagnie sono approfondite in funzione di una serie di risultati.

NUMEROSE OPPORTUNITÀ DI INVESTIMENTO


Questo non vuol però dire che per l’esperto non si debbano prendere in considerazione anche i fattori relativi all’offerta e alla domanda. Proprio incrociando tutte le variabili con le valutazioni emergono, secondo Fred Fromm, numerose opportunità d’investimento in società di ottima qualità. I cui titoli potrebbero dimostrarsi più resilienti nel caso di una correzione al ribasso del mercato e, al contempo, pronti ad offrire un potenziale di rialzo allettante nel caso di una ripresa.

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IL RALLY DELL’ORO PUÒ PROSEGUIRE


Insomma, sul futuro del prezzo del petrolio non sembra esserci convergenza di opinioni. Sembra invece che l’unico vero ‘vincente’ dei prossimi mesi possa essere l’oro. Il cui rally è stato guidato in gran parte dalla Federal Reserve statunitense che ha adottato una politica monetaria più accomodante. Con i mercati che scontano un taglio dei tassi nella prossima riunione del FOMC del 30 e 31 luglio, è probabile che l’oro continui ad essere sostenuto dal sentiment degli investitori. Una previsione peraltro confermata anche dalle posizioni speculative sul metallo prezioso che sono nettamente aumentate nelle ultime settimane raggiungendo i picchi registrati negli ultimi anni soltanto in occasione del referendum della Brexit del 2016.

ORO A 1.480 DOLLARI L’ONCIA ENTRO SECONDO TRIMESTRE 2020


Una Fed accomodante manterrà bassi i rendimenti dei Treasury USA e, al contempo, addomesticherà la forza del dollaro. Questo offrirà un solido supporto ai prezzi del metallo prezioso. “Prevediamo che i prezzi dell'oro saliranno a 1480 dollari l’oncia entro la fine del secondo trimestre del 2020 in assenza di un importante evento negativo. Considerati i rischi macroeconomici e geopolitici globali, crediamo che l'inclinazione dei rischi per i prezzi dell'oro sia al rialzo” riferiscono gli esperti di WisdomTree.
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