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Fusioni e acquisizioni: la moda di bypassare le tasse

30 Luglio 2014 09:10
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Controlli più stringenti e tasse più alte hanno reso le grandi Società sempre più scaltre a trovare nuove modalità per passare a regimi fiscali più accomodanti offerti da Paesi che si potrebbero definire come i nuovi paradisi fiscali.

Una questione controversa alla ribalta delle cronache recenti, grazie all’inchiesta della Commissione Europea aperta dei confronti di Lussemburgo, Irlanda e altri paesi ritenuti troppo accomodanti con le Big Company pronte a spostare le loro sedi nei loro territori: una pratica che si potrebbe considerare alla stregua della concorrenza sleale. Per questo, la ritrovata impennata delle operazioni di fusioni e acquisizioni alla ricerca di incastri, come nel Tetris, sempre più vincenti, è diventata una febbre che sta surriscaldando il termometro delle economie internanazionali.

La situazione si sta evolvendo nella giungla di quelle che in gergo si chiamano “inversioni”: le multinazionali acquistano società estere e ne adottano il sistema fiscale più favorevole, spostando le proprie sedi e adattandosi al sistema tributario locale con i relativi vantaggi economici. Le motivazioni dietro i movimenti di ingenti capitali coinvolti in questo tipo di operazioni non sono ovviamente solo da addursi ai benefici fiscali, ma il beneficio è sicuramente duplice e offre vantaggi ulteriori sulla bilancia. I settori più interessati da questo vortice di M&A a bypass fiscale sembrano soprattutto quello farmaceutico, dove si attende anche Pfizer che sta cercando di muoversi verso l’acquisizione della britannica AstraZeneca, la grande distribuzione, dove Wallgreens potrebbe acquistare la svizzera Alliance Boots GmbH, il manufatturiero e ovviamente la tecnologia, caratterizzata dalla tendenza dei colossi a fagocitare start-up e altre società di più piccola entità.

Ma non si tratta solo di imprese statunitensi. In questa girandola di domicili fiscali invertiti, si colloca anche, nel settore del gioco d’azzardo, l’”italiana” GTech, ex Lottomatica, che ha acquistato l’americana Igt, leader dei casinò e dei social gaming, prendendo anche il nome americano per enfatizzare l’internazionalizzazione. Sede fiscale nel Regno Unito e quotazione a Wall Street. Sulla stessa linea Fiat che, dopo la fusione con Daimler Chrysler ha preso il nome FCA e si prepara a trasferire la sede generale in Olanda e quella fiscale nel Regno Unito in cui il regime è agevolato, abbandonando lo storico Lingotto, simbolo del boom industriale italiano.

Fusioni e acquisizioni che stanno influenzando in modo contrastante l’economie dei diversi Paesi. Da una parte, portano valore alle aziende, esportando le attività e facendo crescere le opportunità di sviluppo; l’altra faccia della medaglia presenta la minaccia per i PIL dei paesi “abbandonati”, a causa delle minori entrate nelle casse, ma anche per un oggettiva diminuzione di posti di lavoro, posizione sostenuta anche dal senatore americano Ron Wyden che sta conducendo una lotta verso il raggiungimento di una regolamentazione in grado di riequilibrare la situazione.
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