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Ecco perché la Fed non andrà in soccorso di Wall Street

I dati economici USA restano robusti, con i buoni dati delle vendite al dettaglio di novembre e un solido inizio alla stagione dello shopping natalizio: i fondamentali solidi oscurano il calo dell’azionario

17 Dicembre 2018 11:07

L’ennesima settimana negativa di Wall Street ha trascinato il mercato azionario statunitense al suo peggior inizio del mese di dicembre degli ultimi 38 anni. Nonostante questo, le aspettative sulla prossima riunione delle Federal Reserve in programma questa settimana rischiano di essere esagerate e potrebbero non offrire alcun sollievo per gli investitori .

INDICI DI WALL STREET IN ROSSO


Analizziamo la situazione. Gli indici di Borsa americani hanno chiuso la settimana in deciso ribasso venerdì, con il Dow Jones Industrial Average (DJIA) che ha perso il 2,02%, portandosi ad oltre dieci punti percentuali al di sotto dei massimi di inizio di ottobre, cioè il livello che gli analisti di Borsa definiscono come ‘correzione’. In questo modo si è andato ad aggiungere all’indice S&P500 (-1,91% venerdì) e al Nasdaq Composite (-2,26% venerdì) che erano già nella fase di correzione (con perdite, rispettivamente del -11,1% e del -13,89% dai massimi). Dall’inizio dell’anno al 14 dicembre mentre sia l'indice S&P 500 (-2,76%) che il DJIA (-2,5%) evidenziano performance negative, il Nasdaq Composite mostra uno striminzito +0,1%.

IL PEGGIOR INIZIO DEL MESE DI DICEMBRE DAL 1980


Non si tratta affatto di un inizio di mese di buon auspicio per tutto dicembre che, statistiche alla mano, è storicamente positivo per le azioni. Nei primi nove giorni di negoziazione del mese, il Dow Jones Industrial Average è in calo del 5,6%, l'indice S & P 500 è sceso del 5,8% e il Nasdaq Composite del 5,7%: secondo Dow Jones Market Data è il peggiore inizio di dicembre per tutti e tre i benchmark dal 1980.

TRE O PIU’ AUMENTI DEI TASSI NEL 2019


Insomma dati non certo incoraggianti ma che, probabilmente, non saranno sufficienti a convincere la Fed a fermarsi nel proprio percorso di rialzo dei tassi. Almeno questo è ciò che ha sostenuto in una nota ai clienti Tom Porcelli, capo economista degli Stati Uniti presso RBC Capital Markets. L’esperto ammette che le ultime dichiarazioni del presidente della Fed Jerome Powell, hanno portato alcuni investitori a ritenere più possibile una sospensione del ciclo di rialzo dei tassi, magari dopo quello quasi certo di dicembre, ma ha anche sostenuto che i dati economici ancora solidi suggeriscono che il dibattito dovrebbe essere focalizzato in modo maggiore sulla aspettative in merito a tre o più aumenti dei tassi nel 2019.

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IL CONFRONTO CON Il 1998 DEI MERCATI EMERGENTI


Inoltre, mentre la volatilità del mercato azionario ha registrato un aumento significativo, "le azioni non si sono deteriorate abbastanza da giustificare una pausa", ha detto Porcelli, sottolineando che a differenza, ad esempio, della crisi dei mercati emergenti del 1998, quando le azioni hanno accusato una drastica caduta, le performance delle azioni americane al 14 dicembre sono ancora sostanzialmente piatte da inizio anno se si tiene conto dei rendimenti totali (cioè includendo i dividendi pari a poco meno di due punti percentuali).

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CINA E ZONA EURO, CRESCITA PIU’ DEBOLE DELLE ATTESE


Il selloff (vendita di titoli senza limitazione né di prezzo né di quantità) del mercato azionario di venerdì è stato legato a dati economici cinesi e della zone euro più deboli del previsto che hanno più che compensato l’ottimismo sui progressi nelle relazioni commerciali tra Washington. Nel frattempo, i dati economici degli Stati Uniti sono stati robusti, con i dati delle vendite al dettaglio di novembre che ritraggono un consumatore in buona salute e un solido inizio alla stagione dello shopping natalizio, sottolineando fondamentali ben intonati.

FOCUS SULLA RIUNIONE DELLA FED IN SETTIMANA


Per tutte queste ragioni, la riunione della Fed che domina il calendario economico nella settimana vedrà gli investitori incollati alla dichiarazione di politica della Fed, osservazioni di Powell e, naturalmente, a quelle proiezioni dei tassi da parte dei membri del Federal Open Market Committee, l’organismo della banca centrale statunitense che decide sui tassi di interesse.
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