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All’attacco con i titoli della difesa: Leonardo e Airbus in pole

Il trend positivo del settore della difesa potrebbe proseguire per tutto il 2019, ma serve cautela su titoli come Bae System e Fincantieri

21 Marzo 2019 08:40

C’è un settore che dall’inizio dell’anno è cresciuto e che potrà proseguire questo trend per tutto il 2019: il comparto dei titoli legati alla difesa. Un segmento che è in salute e tende a essere anticiclico, sebbene lo sia leggermente di meno rispetto ad altri universalmente ritenuti tali come, ad esempio, i titoli del farmaceutico. Il motivo è semplice: la difesa è tra le funzioni principali di qualsiasi Stato. Ci sono alcuni periodi in cui le spese militari possono ridursi – in Italia è in corso un ripensamento, ad esempio, sugli F35 - ma non lo faranno mai al di sotto di una certa soglia. E nel comparto dei beni capitali, i comparti aerospaziale e difesa hanno resistito alla crisi e dovrebbero continuare in questa direzione. “Siamo in un periodo in cui i governi investono sostanzialmente nella Difesa – ci spiega Vincenzo Longo, market strategist per IG Group – anche perché sono aumentati i rischi geopolitici, dalla Crimea all’Isis e la Corea del Nord fino a tutto il fronte caldo del Medio Oriente. Influisce anche questa politica protezionistica che invoglia i governi a tenere alte le proprie difese”.


IN EUROPA PUNTARE SU AIRBUS E SAFRAN, CAUTI SU BAE SYSTEM


I fondamentali del settore militare e difesa in Europa da inizio anno godono di un ciclo positivo e questo processo di spesa iniziato sembra destinato a durare. Nel contesto europeo ci sono almeno tre grandi titoli da tenere sotto osservazione. Il primo è Airbus, il secondo produttore di aerei civili al mondo, potrebbe beneficiare proprio della caduta di questi giorni di Boeing a seguito del disastro aereo in Etiopia. “Lo stato di salute del comparto aereo è difficile – premette Longo – anche Airbus ha dovuto fare un passo indietro dopo appena 10 anni dal lancio del suo super aereo civile A380 la cui la produzione verrà dismessa del tutto a partire dal 2021. Il titolo però è messo molto bene, viene da una fase crescente. Oggi è quotato in Francia a 119 euro ed è sui massimi storici. In questo momento la spinta propulsiva potrebbe portarlo nel giro di un anno anche a toccare la soglia dei 140 euro”. Altro discorso invece riguarda Bae Systems. Secondo gli analisti il gruppo quotato a Londra ha spazi modesti di crescita dei ricavi e dell'utile nel medio periodo, in conseguenza di un portafoglio ordini più limitato. “Il titolo quota intorno a 486 pence – ricorda Longo – e risente soprattutto della crisi altalenante della Brexit. Consideriamo che a luglio dello scorso anno ha toccato 680 pence, mentre a dicembre è sceso a 440 pence. Ha perso il trend principale che lo guidava dal 2012 e adesso deve resistere nella quotazione altrimenti c’è la possibilità molta concreta che possa tornare ai minimi del 2011 quando veniva scambiato a 240 pence”. Andando in Francia c’è in evidenza Safran, nata dall'unione nel 2005 tra la società di elettronica e difesa Sagem e quella aerospaziale Snecma dove l’esposizione al settore dell’aeronautica civile rende il titolo attraente nel lungo termine. “La multinazionale lavora molto con Airbus – spiega – e il titolo è ben impostato e ha superato di slancio i 120 euro, raggiungendo i massimi storici. Un titolo che nel 2009 valeva appena 7 euro con una performance straordinaria. Nel medio e lungo periodo crescerà perché ha un business model solido e una buona cassa”.


BENE LEONARDO, TITOLO PUO’ SALIRE FINO A 12 EURO


In Italia sotto i riflettori c’è certamente Leonardo che ha superato la soglia psicologica dei 10 euro. Per gli analisti un titolo che va sugli scudi grazie soprattutto ai conti del 2018 migliori delle attese che hanno portato alcuni broker a rivedere al rialzo giudizi e target price. L’ex Finmeccanica ha riportato un utile netto di 510 milioni di euro (+83%) e un ebita di 1,13 miliardi su ricavi in crescita del 5% a 12,4 miliardi grazie alla spinta degli elicotteri e dell'elettronica. Per questo anno i ricavi saranno nel range 12,5-13 miliardi, l'ebita tra 1,175 e 1,225 e il flusso di cassa operativo intorno ai 200 milioni. Per il 2019, inoltre, Leonardo prevede 1,17-1,22 miliardi di euro di Ebitda a fronte di ricavi tra 12,5 e 13 miliardi di euro e – ricorda Longo – “non intende vendere le attività negli Stati Uniti né fondersi con Fincantieri come precisato recentemente dal suo amministratore delegato Alessandro Profumo”. Per gli analisti c’è ancora spazio per salire. Equita Sim sottolinea come anche la guidance fornita dal management sia superiore alle previsioni e come le indicazioni aumentino la visibilità sulla crescita dei ricavi e sul raggiungimento al 2020 di un ritorno sulle vendite al 10%. Mentre gli analisti di Mediabanca hanno alzato da 12 euro a 13 euro il target price, in seguito al miglioramento della stima sull’utile per azione per il 2019 e il giudizio è outperform, farà meglio del mercato grazie al recupero in corso dell'elicotteristica e con la vicenda degli F35, che il governo potrebbe ridimensionare, che alla fine non dovrebbe incidere più di tanto sull’andamento del titolo.


FINCANTIERI APPESA AL NODO STX


Un 2018 in chiaroscuro invece per Fincantieri con ricavi pari a 5,31 miliardi in aumento rispetto ai 5,02 miliardi ottenuti nel 2017 ma con un indebitamento netto salito a 430 milioni di euro, dai 314 milioni di inizio anno. Positivo è certamente la firma con MSC Crociere per la costruzione di quattro navi da crociera di lusso. I contratti, soggetti al finanziamento dell’armatore, hanno un valore complessivo superiore ai 2 miliardi di euro. “Certamente sul titolo ha pesato anche la fusione con Stx che non è ancora sbloccata – conclude Longo - Il titolo non quota tantissimo rispetto al suo collocamento di luglio 2014 quando girava su un prezzo intorno ai 0,70-0,80 centesimi. Il suo massimo storico è stato 1,50, toccato due volte a febbraio e settembre 2018. Tecnicamente meglio una visione neutrale perché non sembra possa avere uno slancio come ad esempio è in atto con Leonardo e poi è molto legata alle politiche del governo e non si capisce bene anche il suo ruolo nella futura Alitalia dove potrebbe entrare con un 10-15% che non è proprio il suo core business”.
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