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Gli effetti del debito monstre sull’economia cinese

La flessibilità che ha permesso alla Cina di recuperare in fretta dalla Grande recessione potrebbe essere limitata dall’eccesso di debito

6 Marzo 2019 11:43

Ieri il primo ministro cinese Li Keqiang ha annunciato che l'anno in corso vedrà un Pil stimato tra il 6% e il 6,5%, quindi in calo rispetto al 6,6% del 2018, ma a preoccupare di più potrebbe essere l’elevato debito della Cina. Al di là dell’esito delle dispute commerciali tra USA e Cina, c’è un merito che viene unanimemente riconosciuto a Pechino: quello di aver ammortizzato gli effetti della grande crisi del 2007-2008 grazie alla propria flessibilità economica. Basti pensare che mentre il Pil degli Stati Uniti nel 2009 si contraeva del -2,6% e quello della Germania del -4,7%, quello della Cina registrava un rialzo del 9,1%. Nei tre anni successivi, cioè dal 2010 al 2012, la nuova ricchezza cinese è salita del 10,3% (2010), del 9,2% (2011) e del 7,8% (2012). Pechino, quindi, è stata in grado di riprendersi dalla recessione stimolando l'economia, ma ora questi ingenti investimenti messi in campo rischiano seriamente di fungere da freno per l’enorme debito della Cina accumulato negli anni.

STIMOLI ALL’ECONOMIA


"La Cina ha indubbiamente salvato le sorti dell’economia mondiale durante gli anni 2008-2011, cioè quando la crisi ha colpito in modo severo tutte le principali economie sviluppate ed emergenti. E c’è riuscita alimentando al massimo gli stimoli nell'economia", ha detto David Dollar, che è stato emissario economico e finanziario in Cina per conto del Tesoro americano e pure country director per la Cina e la Mongolia presso la Banca Mondiale.

DEBITO/PIL AL 254%


L’esperto, che attualmente è funzionario presso la Brookings Institution, sottolinea come Pechino, per uscire dalla recessione, abbia investito pesantemente in infrastrutture e altri progetti di investimento per aumentare la disoccupazione. "Peccato che siano andati troppo oltre, non si sono cioè limitati ad alimentare un rimbalzo dai minimi ma hanno portato il loro tasso di crescita a nuovi livelli ancora più sostenuti" afferma David Dollar. Il risultato di tale spesa ha infatti contribuito all'ammontare attuale del debito della Cina: secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’esposizione debitoria totale di Pechino rispetto al PIL è salita al 254% nel 2017, un livello molto superiore alla media dei mercati emergenti e anche di molti paesi sviluppati particolarmente indebitati.

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IL DEBITO NON VA DEMONIZZATO


Ma, come ha avuto modo di dire Ceyla Pazarbasioglu, vicepresidente di crescita equa, finanza e istituzioni presso il World Bank Group, il debito non deve essere demonizzato, e quindi anche il debito della Cina deve essere opportunamente contestualizzato. "Abbiamo bisogno del debito, senza di esso non possiamo crescere, non possiamo raggiungere gli obiettivi", ha sostenuto l’esperto che è intervenuto insieme a David Dollar in un panel con gli ex manager della Banca mondiale Ira Lieberman e Marcelo Selowsky, che si è tenuto a febbraio presso Brookings Institution.

IN GOOD TIMES PREPARE FOR CRISIS


L’occasione è stato l’evento intitolato "In Good Times Prepare for Crisis", lo stesso titolo del libro recentemente pubblicato da Ira Lieberman. Un saggio che traccia le principali crisi del debito del secolo scorso, a partire dalla Grande Depressione fino ad arrivare alla recente Grande Recessione e che tratteggia la situazione attuale segnalando come sia i debiti privati che quelli sovrani siano aumentati notevolmente dalla crisi del 2008, con una riduzione inadeguata della leva finanziaria. Proprio questo eccesso di debito lascia i paesi vulnerabili e con una manovrabilità limitata per affrontare la prossima crisi. Il debito della Cina, in particolare, riduce la capacità di Pechino di stimolare l'economia attraverso un impulso fiscale. E questo espone ancora di più al rischio le economie sviluppate in caso di una nuova recessione.
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