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Credit Default Swap: da settembre si cambia

29 Agosto 2014 15:40
financialounge -  capitale protetto credit default swap
Ne avevamo accennato nell’articolo “Argentina, ecco chi ha guadagnato dal default”: i Credit Default Swap (CDS), i contratti finanziari derivati del credito, che hanno come obiettivo specifico quello di assicurare i propri investimenti a reddito fisso, sia obbligazionari che governativi, sono vincolati al cosiddetto “credit event”.

Quest’ultimo, in base alle regole in vigore dal 2003, fa scattare la clausola di pagamento di tali contratti in tre casi: mancato pagamento, fallimento, ristrutturazione (è infatti vietato, da parte delll’emittente, la modifica delle condizioni delle obbligazioni di debito a scapito degli investitori).
Qualora si stabilisca che si è verificato uno di questi eventi, gli acquirenti della protezione ricevono dai venditori il prezzo pari al valore nominale. Gli acquirenti i CDS sono pertanto assicurati contro le perdite sulle obbligazioni derivanti da uno degli eventi sopra descritti. Anzi, dovrebbero.

Questo perché in alcuni casi, in particolare in ambito bancario, la disciplina ha lasciato scoperti, in alcune situazioni, i possessori di CDS. Negli ultimi due anni, in particolare, due casi hanno dimostrato che la protezione acquistata non è servita confermando che era necessario riformare l’istituto dei CDS.

Il primo caso è quello, scattato all’inizio del 2013, quando il governo olandese ha nazionalizzato SNS Bank, istituto di credito olandese che versava in gravi difficoltà, espropriandone il debito subordinato. Gli obbligazionisti si sono visti così azzerare il valore dei titoli sui quali avevano acquistato il CDS ma non hanno potuto beneficiare del rimborso in quanto le attuali regole non prevedevano tra gli eventi del default l’esproprio.

Il secondo esempio è quello, più recente, relativo ai CDS subordinati che non hanno funzionato riguarda invece l’istituto portoghese Banco Espirito Santo (BES).
In questo caso, è stato deciso dalle autorità di Lisbona il trasferimento di tutti gli attivi non incagliati, i depositi e i titoli di debito senior in una nuova entità (“good bank”), mentre tutti gli altri asset (i crediti deteriorati o tossici, il debito subordinato e il capitale proprio) sono rimasti nella vecchia struttura di dismissione (“bad bank”). Di conseguenza, i titoli di debito subordinato probabilmente avranno una percentuale di recupero molto bassa (oggi quotano a circa 15 centesimi).

Nel caso di BES, con tutti i depositi e il debito senior spostati nella banca “buona” (e uno strato molto sottile di debito subordinato), oltre il 75% delle passività finirà nella nuova entità. In termini di CDS, questo vuol dire che i contratti si trasferiscono alla nuova banca. Quindi, ancora una volta, gli acquirenti di protezione subordinata in BES si ritrovano con perdite pesanti sulle obbligazioni detenute, ma dovranno consegnare titoli senior che quotano intorno o in certi casi sopra la parità.

Proprio allo scopo di superare questi limiti, da settembre, entreranno in vigore regole nuove destinate a migliorare sensibilmente la funzionalità dei contratti CDS: in pratica, faranno in modo che funzionino molto più come titoli di debito senior e subordinati.
In particolare, le differenze principali introdotte dalla riforma sono due: l’aggiunta di un quarto evento di credito denominato “Intervento governativo” e la rimozione della clausola di default incrociato.

In virtù di queste nuove clausole, i contratti CDS permetteranno ai loro possessori una maggior copertura anche nei casi di insolvenze di istituti bancari come nel caso dell’olandese SNS o della portoghese Banco Santo Espirito.
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