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Andrea Guerra

Cambio dei top manager, le due storie diverse di Luxottica e Ferrari

11 Settembre 2014 14:05
financialounge -  Andrea Guerra Ferrari Luca Cordero di Montezemolo Luxottica Piazza Affari Sergio Marchionne Wall Street
A distanza di meno di un mese, due tra le aziende italiane più famose al mondo sono balzate alla cronaca della Finanza per la stessa ragione: il cambio del loro top manager, l’Amministratore delegato Andrea Guerra (di Luxottica) e il presidente Luca Cordero di Montezemolo (della Ferrari).

Tuttavia, mentre nel caso di Luxottica il titolo ha lasciato sul parterre circa 5 punti percentuali di valore dal primo giorno in cui è trapelata l’indiscrezione sul ricambio dirigenziale, nel caso del titolo Fiat (la società quotata in Borsa che controllata Ferrari, azienda non quotata), ad una sbandata iniziale (-1,24% lunedi 8 settembre) è seguito un pronto recupero (+1,65% il giorno successivo) e un balzo del +1,88% ieri. Cerchiamo di capire il perché del divergente andamento tra Luxottica e Fiat in Piazza Affari.

Andrea Guerra ha legato la sua indiscussa capacità di manager capace di muoversi anche sui mercati internazionali in oltre 10 anni determinando l’ascesa di Luxottica a livello mondiale (fatturato più che raddoppiato solo negli ultimi 5 anni e prezzo del titolo balzato da 13 a 40 euro durante il suo mandato); l’annuncio della sua sostituzione al vertice del gruppo di Agordo ha sorpreso gli investitori e gli stessi analisti che subito si sono interrogati sul futuro di Luxottica: la conclusione, che può essere sintetizzata in un report di J.P. Morgan, è che la perdita dell’AD poteva essere stimata complessivamente al 5% del valore complessivo del gruppo leader mondiale nell’occhialeria. E, non a caso, a tanto è ammontata all’incirca la perdita del titolo dall’annuncio.

Nel caso di Luca Cordero di Montezemolo che, forse in misura ancora più incisiva ha determinato i successi delle Ferrari negli ultimi 23 anni, gli investitori non si sono tanto concentrati sul valore della sua uscita di scena quanto piuttosto su cosa può significare il “nuovo corso Ferrari” per la controllante Fiat. In altre parole, ci si interroga su come il gruppo torinese gestirà l’avvicendamento che avviene in concomitanza con l’IPO a Wall Street delle azioni della casa automobilistica degli Agnelli. E ieri è arrivata l’ufficializzazione: a dirigere la Ferrari è stato nominato Sergio Marchionne, il manager italo–canadese che ha rilanciato il gruppo Fiat e che piace molto alla Borsa.

Alcuni analisti ipotizzano, sulla scia di quanto ha dimostrato di fare in Fiat, un forte impegno a creare maggiore valore anche dalla partecipazione del cavallino rampante. In pratica, quindi, il mercato sta puntando sul nuovo piano industriale della Fiat che, grazie anche alla maggiore visibilità del polo di lusso (Maserati e Alfa Romeo), dovrebbe far crescere il valore di Borsa del gruppo automobilistico torinese.

Ma non tutti sono d’accordo sul nuovo corso Fiat. Una bocciatura senza appello giunge stamani dal report dell’Equity Research di Credit Suisse: “New Ferrari CEO but same strategy” redatto dai tre analisti di settore Mike Dean, Alexander Haissl e Fei Teng che giudicano il titolo Fiat underperformance (performance di Borsa inferiore alla media di mercato) con prezzo obiettivo 6 euro per azione, cioè il 23% in meno rispetto a quanto ha chiuso ieri.
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