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Brexit

Brexit e Italia, una sola grande e rischiosa partita

Anche se nascono con motivazioni e cause diversissime, i due contenziosi con Bruxelles sono strettamente legati e dall’esito dell’uno dipende quello dell’altro. Un’economia che tiene potrebbe fare da collante

19 Novembre 2018 08:22

Forse non a caso la britannica Reuters ha inventato la definizione di ‘Grande Collisione’ per indicare il confronto-scontro sulla manovra di bilancio in scena dalla fine dell’estate tra Roma e Bruxelles. Forse non ne sono del tutto consapevoli, ma i sudditi di Sua Maestà hanno una particolare sensibilità per le vicende italiane e per l’andamento dei BTP, e non a caso. I treni a rischio collisione lanciati in corsa in direzione della capitale belga infatti sono due, quello italico ma anche quello britannico. Su tutte e due i fronti l’attuale governance europea si sta giocando una partita storica, ma dal punto di vista strategico il fronte britannico è molto più importante di quello italiano. L’Italia è un pilastro economico e industriale dell’Europa, la Gran Bretagna anche un pilastro politico e militare. Un divorzio traumatico avrebbe conseguenze sicuramente disastrose per entrambe le parti, ma nel lungo andare le conseguenze potrebbero essere più devastanti per l’Europa. La Gran Bretagna può fare a meno dell’Europa, almeno così è stato storicamente. Nella prima parte del 1600 i britannici costruivano in America il primo pezzo dell’impero più vasto del mondo mentre gli europei del continente si scannavano senza pietà nella guerra dei 30 anni, uno dei conflitti più devastanti conosciuti dall’umanità.

LE SCELTE OPPOSTE DOPO LA CRISI DI LIRA E STERLINA DEL 1992


La storia più recente racconta un altro momento in cui Italia e Gran Bretagna si sono trovate in rotta di collisione monetaria con l’Europa. Nel 1992 sterlina e lira finirono nel mirino della speculazione perché i mercati giudicavano insostenibile il livello di cambio nei confronti del marco tedesco nel Sistema Monetario Europeo, l’antenato della moneta unica, che impiccavano la moneta britannica a un valore di quasi 3 deutschemark e quella italiana intorno alle 750 lire. Entrambe le monete furono costrette a svalutare dalla speculazione guidata da George Soros e vennero espulse da Meccanismo di Cambio Europeo. A quel punto il destino della sterlina si allontanò definitivamente da ogni ipotesi di legame con le altre monete europee mentre la lira italiana iniziò un cammino di riavvicinamento molto costoso in termini di sacrifici fino a riuscire a qualificarsi per entrare nell’euro quattro anni dopo. Una scelta opposta che beneficiò le economie dei due paesi, quella italiana, grazie alla drastica riduzione dei tassi di interesse conseguente al riavvicinamento al percorso dell’euro e quella britannica grazie anche alla ritrovata possibilità di manovrare una moneta comunque di standard mondiale a seconda delle esigenze congiunturali.

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GOVERNANCE EUROPEA IN DIFFICOLTA’


Oggi la governance europea imperniata sul blocco franco-tedesco combatte una guerra per la sopravvivenza su due fronti, a Nord con i britannici ai quali non può permettersi di far spuntare condizioni di divorzio troppo favorevoli pena l’apertura di altri fronti con paesi che potrebbero chiedere maggiori margini di autonomia come condizione per restare nell’Unione, soprattutto a Est, e l’altro a Sud con un’Italia che non contesta né l’euro né l’appartenenza all’Unione ma l’interpretazione e le modalità di applicazione dei criteri di disciplina fiscale. Il problema come sempre sono i soldi. Nel caso della Gran Bretagna quanto deve rimborsare all’Unione per il divorzio, nel caso dell’Italia quanti ne può spendere senza averli nel 2019 e negli anni successivi.

https://vimeo.com/301804500/0fe460f239

UN ESTABLISHMENT CHE NON C’E’ PIÙ


Ma c’è una questione strategica che va oltre i soldi. Sulla costruzione europea ha investito tutto l’establishment dei principali paesi dal dopoguerra in poi. Una rottura traumatica a Nord e l’apertura di una crepa profonda a Sud potrebbero essere fatali. Il problema però è che quell’establishment, fatto di politici forgiati dalla ricostruzione e dalla guerra fredda, e di grandi dinastie industriali, come in Italia gli Agnelli, non esiste più. I primi non si sono riprodotti e le seconde sono diventate globali. Quel poco che è rimasto non ha la credibilità e l’autorevolezza per gestire con magnanimità il conflitto sui due fronti. E quindi sceglie il muso duro, sperando che porti voti alle elezioni europee di maggio 2019 e che spaventi le opinioni pubbliche inglese e italiana. Il problema è complicato dal fatto che, se la leadership politica di Bruxelles, Berlino e Parigi non gode certo di buona salute, anche a Londra e Roma non si vedono personalità di statura, per così dire, storica.

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BOTTOM LINE


A ‘nice mess’ direbbero gli americani, un gran bel casino. La ‘silver line’ vale a dire quella striatura d’argento che si intravvede dietro i nuvoloni neri della tempesta, si chiama economia. Incredibilmente, nonostante i litigi politici incrociati tra le capitali e anche all’interno dei singoli paesi, nonostante la guerra dei dazi, l’economia tutto sommato tiene sia in Europa che anche in Italia. I mercati fanno fatica a prenderne atto e mantengono il giudizio sospeso. Ma proprio la sostanziale solidità del sistema produttivo potrebbe alla fine fare la differenza e trattenere la politica e anche gli elettori da azzardi troppo rischiosi.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

Attese & Mercati – Settimana dal 19 novembre 2018


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