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Attese & Mercati – Settimana dal 17 dicembre 2018

Draghi invia consigli alla politica europea sull’unione bancaria. Intanto Wall Street si interroga sulla curva piatta dei tassi e le correzioni: se fosse solo rotazione? Le economie dei giganti asiatici mantengono un passo tutto sommato sostenuto.

17 Dicembre 2018 08:48

DRAGHI REGALA UN CONSIGLIO ALLA POLITICA


Il professor Mario Draghi non si limita a cominciare a scrivere l’agenda del suo successore, in modo da evitare che il Trichet di turno possa mandare in fumo il lavoro di sette anni che ha tenuto insieme l’euro. Ha anche inviato ai politici europei le opportune istruzioni per navigare un 2019 reso molto complicato da Brexit e elezioni europee. Lo ha fatto in una magistrale lezione all’Università Sant’Anna di Pisa tenuta a un mese dal ventesimo anniversario della nascita dell’euro e disponibile qui anche in italiano. In estrema sintesi il messaggio è questo: per proteggersi dalle crisi future bisogna che la diversificazione del rischio tramite il sistema finanziario privato e tramite la politica fiscale comune interagiscano in modo completo ed efficiente. Più presto si fa l’unione bancaria e del mercato dei capitali, meno urgente sarà la politica fiscale comune di complemento ai bilanci nazionali. Vale a dire, visto che l’anno elettorale allontana l’unione fiscale, almeno portatevi avanti con l’unione bancaria. Ma se non fate nulla su tutti e due i fronti la fragilità dell’unione monetaria aumenterà proprio nei momenti di maggiore crisi. Speriamo che tra Bruxelles, Berlino, Parigi e Roma qualcuno se lo legga.


CURVE, CORREZIONI E ROTAZIONI


Curva dei tassi americani piatta e correzione di Wall Street sono i rebus preferiti dei trader in questi giorni. Proviamo a metterla in prospettiva. I tassi sulla parte lunga della curva scendono e la appiattiscono perché quando l’azionario corregge i capitali cercano rifugio nel T-bond facendo salire i prezzi e calare i rendimenti. Per ora il rebus della curva piatta che se si inverte anticipa la recessione è tutto qui. Perché il mercato corregge? Si prepara una bella capitulation? Da inizio anno lo S&P 500 è in calo del 2,7% e il Nasdaq è piatto. Ma metà delle azioni di Wall Street sono sotto del 20% e oltre rispetto ai massimi. Massimi molto elevati. Come ci erano arrivate? Sull’onda di un movimento al rialzo di oltre il 60% (!) dello S&P dai minimi del 2016, in area 1.800 punti a febbraio, fino ai nuovi massimi toccati prima a gennaio e poi a ottobre del 2018, in area 2.900. Una corsa del 60% che per alcuni titoli, soprattutto nel settore high-tech, aveva voluto dire rialzi del 100 o anche del 200%! Forse le correzioni che si sono succedute da febbraio a oggi sono state soprattutto rotazioni salutari che hanno sacrificato qualcosina in termini di valori complessivi espressi dagli indici.


GIGANTI ASIATICI IN MARCIA


Le vendite al dettaglio in Cina a novembre sono state definite ‘deboli’ dai titoli di agenzia, le attese puntavano a un aumento dell’8,8% sull’anno e invece è uscito un ‘modesto’ 8,1%, in calo dall’8,6% di ottobre. Anche la produzione industriale ha ‘rallentato’ al 5,4% sempre a novembre, l’aumento più modesto da febbraio 2016, con il mercato che si aspettava una replica della crescita del 5,9% di ottobre. In qualunque altro paese dati del genere segnalerebbero una crescita spumeggiante, ma siamo in Cina. Poi c’è anche l’India che ‘rallenta’ con il Pil che nel terzo trimestre ha segnato una crescita del 7,1% (!) dopo l’8,2% del secondo. In Giappone invece il settore manifatturiero chiude il 2018 su una nota robusta, con il PMI di dicembre a 52,4 da 52,2 di novembre e la produzione industriale ai massimi da aprile, dati che puntano a un quarto trimestre forte dopo la crescita contenuta al 2,5% annuo nel terzo, la più lenta da quattro anni. A differenza dell’Europa, comunque, le prime tre economie asiatiche sono su un sentiero di crescita solida, non sembrano proprio sul punto di deragliare per la guerra dei dazi.
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