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Attese & Mercati – Settimana dal 29 luglio 2019

Settimana cruciale per capire come sarà quello che rimane del 2019. L’atteso taglio della Fed sotto i riflettori, ma anche indicatori importanti sullo stato di salute delle economie in Europa e Cina, con possibili novità in arrivo anche sul fronte della guerra dei dazi

di Redazione 29 Luglio 2019 09:35

FED VERSO IL QUARTINO CON L’ECONOMIA USA IN SALUTE


Se si dovesse ragionare con il vecchio metro, un taglio dei tassi della Fed mercoledì 31 luglio sarebbe da escludere. È appena uscito un Pil Usa del secondo trimestre decisamente buono sostenuto dai consumi: un +2,1% contro previsioni che andavano dal consensus di Bloomberg all’1,7%, fino alla stima normalmente accurata del GDPNow della Fed di Atlanta di appena l’ 1,3%.  E intanto l’indice manifatturiero della Fed di Filadelfia di luglio è balzato a 21,8, la lettura migliore da un anno e l’incremento mensile più ampio da giugno 2009. Ma nessuno usa più il vecchio metro, e il nuovo si chiama taglio preventivo, o polizza assicurativa. La Fed non abbassa il costo del denaro perché dall’economia arrivano segnali di recessione, ma per assicurarsi che eventuali sorprese negative, come un’accelerazione della guerra dei dazi, siano depotenziate preventivamente. E per questo farà almeno un quartino, vale a dire dall’attuale 2,5% dei Fed Fund al 2,25%. Sarà il primo taglio da dicembre 2008, quando Bernanke portò i tassi a zero in piena tempesta. L’attesa per il quartino non è unanime, c’è un 10% che si aspetta il mezzo punto e un 5% che prevede nulla di fatto. Se esce la prima Wall Street schizza al rialzo, con la seconda prende una sbandata.

EUROZONA DOPO DRAGHI ALLO SPECCHIO DEI DATI. LIRA TURCA AL TEST


In Europa la Bce di Mario Draghi ha già dato la linea ed è andata in ferie: ha preparato il terreno a un possibile taglio dei tassi a settembre e se necessario anche un rilancio dell’acquisto di titoli, vale a dire nuovo Qe. Ma adesso arrivano una serie di dati importanti, dall’indice di fiducia nell’economia dell’Eurozona che esce martedì, mentre il giorno dopo arriva il numero del Pil nel secondo trimestre insieme a quello dell’inflazione. E giovedì escono le seconde letture degli indici Pmi di luglio. Gli occhi saranno puntati sui dati della Germania, dopo che il Pmi preliminare composito, che monitora sia l’attività manifatturiera ha segnato una flessione a 51,4 da 52,6, quindi sempre in territorio espansione, ma con la componente manifatturiera precipitata da 45,0 a 43,1, in profondo territorio contrazione. Nella periferia europea attenzione anche alla Turchia, dove il nuovo governatore della banca centrale Murat Uysal presenta il report sull’inflazione. Ha appena abbassato i tassi di oltre 400 punti base, e la lira tutto sommato ha retto. La dottrina monetaria turca, scritta dal presidente Recep Tayyip Erdogan, prevede che tassi alti causino l’inflazione. E il governatore Uysal sembra crederci.

GLI AMERICANI VOLANO A SHANGHAI PER TRATTARE SUI DAZI


Anche in Cina arriva in settimana l’indice PMI calcolato sulla base delle indicazioni dei direttori degli acquisti delle imprese. Le attese sono per numeri che confermino che il settore manifatturiero è in territorio contrazione, una previsione rafforzata dall’ultimo dato sulle esportazioni della Corea del Sud, in caduta per l’ottavo mese consecutivo. In entrambi i casi la frenata è attribuita alle tensioni commerciali e alla guerra dei dazi, che da fine maggio è diventata ufficialmente una tregua, tra Pechino e Washington. Proprio oggi, lunedì 29 luglio, il Rappresentante americano per il Commercio Robert Lighthizer e il Segretario al Tesoro Steven Mnuchin partiranno in volo dalla capitale Usa diretti in Cina per il primo round di colloqui ad alto livello su dazi e commercio dall’interruzione delle trattative a maggio. Il confronto si terrà a Shanghai martedì e mercoledì e nessuno crede che scriverà la parola fine su una Guerra dei dazi costata sinora tariffe punitive reciproche su $360 miliardi di scambi commerciali. Dalla tregua stretta con il presidente Xi ha fine maggio, Trump ha fatto pressing verbale sui cinesi, mandandogli a dire che il rallentamento dell’economia li costringerà a un accordo e mettendo nella lista nera per ragioni di sicurezza il colosso delle telecomunicazioni Huawei. A favore di un accordo gioca il calendario. Ormai mancano solo 15 mesi alle presidenziali americane e Trump non può permettersi di arrivare all’appuntamento nel pieno di una guerra guerreggiata dei dazi, che fa male ai cinesi ma anche a imprenditori e consumatori americani.
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