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Attese & Mercati – Settimana dal 24 giugno 2019

L’espansione Usa batte il record di longevità, ma non come dimensione della crescita. Finalmente Trump e Xi si guardano negli occhi a Osaka: al G20 anche le valute saranno un piatto forte, finisce una guerra e ne comincia un’altra?

di Redazione 24 Giugno 2019 09:44

UN’ESPANSIONE SENZA BOOM, MA ANCHE SENZA BUST


La pigrizia non è solo la caratteristica dei Tori di Wall Street, ma anche quella dell’espansone dell’economia americana, che si prepara a luglio a battere il record di longevità di sempre. Nello slang degli economisti il ciclo economico classico viene definito come ‘boom and bust’, vale a dire una fase di esplosione di consumi e investimenti seguito da una brusca caduta. Come si vede dal grafico qui sotto, la linea punteggiata del ciclo attuale, iniziato nel terzo trimestre del 2009 a tutto somiglia tranne che a un boom, paragonata ai cicli precedenti. Infatti il Pil reale cumulato in questo lunghissimo periodo è poco sopra il 20%, la metà di quello del boom degli anni ’60 che nella classifica della longevità è solo terzo.

[caption id="attachment_143563" align="alignnone" width="482"]Il Pil reale americano dal dopoguerra: nella scala di sinistra la crescita cumulata, a destra il trimestre in cui inizia l’espansione, sotto il numero di trimestri (fonte: Charles Schwab, Bureau of Economic Analysis, Factset) Il Pil reale americano dal dopoguerra: nella scala di sinistra la crescita cumulata, a destra il trimestre in cui inizia l’espansione, sotto il numero di trimestri (fonte: Charles Schwab, Bureau of Economic Analysis, Factset)[/caption]

Se invece di misurare l’espansione attuale iniziata nel terzo trimestre del 2009 in termini di durata temporale utilizzassimo la magnitudo della crescita dovremmo concludere che questo ciclo ha ancora parecchia strada da fare, magari grazie a dosi massicce di ricostituente monetario. Come dicevano i nonni? "Chi va piano…"

TRUMP E XI ALL’OK CORRAL DI OSAKA. INTANTO I CONTAINER GIRANO AI MASSIMI


Finalmente ci siamo, tra venerdì 28 giugno e sabato 29 al G20 di Osaka, in Giappone, Donald Trump e Xi Jinping dovrebbero finalmente guardarsi negli occhi e decidere se dare vita a una guerra guerreggiata a base di dazi e tariffe oppure stringersi la mano almeno per una tregua. Sul piatto l’inquilino della Casa Bianca ha già messo tariffe su altri 300 miliardi di dollari di beni cinesi importati in America, che se scattassero, secondo le stime di Goldman Sachs, potrebbero costare a Wall Street una sbandata di almeno il 4%. Una guerra guerreggiata dei dazi potrebbe anche spostare l’ago della bilancia dell’economia americana dall’espansione un po’ più verso la recessione, anche se la Fed è pronta a rispondere con un ribasso dei tassi aggressivo, che potrebbe decidere già al FOMC del 30-31 luglio. Ma quanto stanno veramente impattando le tensioni commerciali Usa-Cina sul commercio mondiale. I sostenitori di un impatto forte fanno riferimento ai volumi degli scambi globali, che effettivamente, come mostra il primo dei due grafici qui sotto, negli ultimi 18 mesi hanno subito una contrazione di un certo rilievo, anche se non drammatica. Ma i sostenitori di un impatto modesto se non nullo citano invece il movimento globale dei container, sui quali le merci viaggiano per i mari del mondo, che ad aprile 2019 ha toccato il record di sempre, come mostra il secondo grafico, anche se l’andamento in Asia è più contrastato.

[caption id="attachment_143564" align="alignnone" width="482"]Gli scambi mondiali sono freddi… Gli scambi mondiali sono freddi…[/caption]

[caption id="attachment_143565" align="alignnone" width="470"]…ma i volumi dei container del globo girano ai massimi (Fonte: Bespoke) …ma i volumi dei container del globo girano ai massimi (Fonte: Bespoke)[/caption]

DALLA PACE SUI DAZI ALLA GUERRA DELLE VALUTE?


Nel menu che aspetta Trump a Osaka non ci sono solo Xi e i dazi. Tra i leader del G20 che ha in programma di incontrare c’è anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, alleato dell’America nella Nato, che rischia di essere colpito da sanzioni americane dopo aver ordinato alla Russia, che invece della Nato è il principale avversario almeno sulla carta, la fornitura di missili da difesa. E poi ci sono l’India, il Messico, il Canada e la Germania, tutti paesi con i quali The Donald ha un contenzioso commerciale aperto. E poi ci sono gli europei della moneta unica, finita anche questa nel mirino del presidente Trump perché verrebbe tenuta ‘slealmente’ sottovaluta dalla Bce per favorire le esportazioni europee. Le stesse contestazioni il presidente Usa potrebbe muoverle anche al Giappone, che sta preparando un nuovo pacchetto di stimoli monetari che potrebbero indebolire lo yen. La conclusione a sorpresa potrebbe essere che da Osaka esce la pace, o almeno una tregua, sui dazi, ma invece si apre un nuovo tormentone, una bella guerra valutaria stile anni Ottanta.

 
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