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Attese & Mercati – Settimana dal 15 luglio 2019

Torna il G7 di ministri delle Finanze e Banche centrali, ma ormai è una non notizia. Intanto entrano nel vivo le trimestrali con l'Europa che dovrebbe fare appena meglio di Wall Street. La frenata dell’economia Usa giustifica la Fed, qualche dubbio sui dati cinesi

di Redazione 15 Luglio 2019 09:49

I SETTE ‘GRANDI’ POSSONO SOLO LANCIARE ALLARMI, MA NON OFFRIRE SOLUZIONI


Quasi nessuno ha fatto un cerchio rosso in agenda sul 17-18 luglio prossimi, quando a Chantilly in Francia si terrà il G7 dei ministri finanziari e banchieri centrali dei paesi più sviluppati. Una volta era un evento che trader e investitori di tutto il mondo aspettavano con il fiato sospeso, perché era lì che si decidevano i destini di dollaro, marco tedesco, yen, sterlina, franco francese e anche della vecchia liretta. Forse richiamerà più attenzione la riunione dei sette capi di stato e di governo che si terrà sempre in Francia, nell’amena località balneare di Biarritz, dal 24 al 26 agosto, chissà? Abbastanza ironicamente, a Parigi negli stessi giorni del G7 finanziario, Banca Mondiale e Fmi celebreranno i 75 anni degli accordi di Bretton Woods, pilastro del vecchio ordine monetario costruito nel 1944 e mandato in frantumi un quarto di secolo dopo da Richard Nixon con lo sganciamento del dollaro dall’oro. Oggi vanno di moda le guerre commerciali e le svalutazioni competitive, ma dei due attori principali al G7 siede solo uno, gli Usa, l’altro, la Cina, è assente. Così come Putin: il G8 allargato alla Russia inaugurato nel 1997 non esiste più dal 2014, quando Mosca si è annessa la Crimea. Da questo G7 uscirà la manifestazione di preoccupazioni, ma nessuna soluzione.


TRIMESTRALI FIACCHE, EUROPA MEGLIO DEGLI USA MA TEMPORANEAMENTE


Trimestrali finalmente in arrivo a Wall Street e anche in Europa, con gli investitori pronti a fare il check up allo stato di salute delle imprese dopo un primo semestre da record dell’azionario sulle due sponde dell’Atlantico, secondo i calcoli di Reuters il migliore da oltre due decenni. Le attese non sono entusiasmanti. Sull’azionario americano le stime convergono su un segno meno per gli utili per azione anno su anno, anche se seguito da uno zero virgola, dopo la crescita dell’1,6% del primo trimestre. In Europa la situazione invece è ribaltata, con una crescita degli utili delle società che compongono lo STOXX 600 attesa a +0,8% dopo il -2% del primo trimestre. C’è da dire che solo una settimana fa le attese puntavano a un +1,8%. Evidentemente hanno pesato i profit warning lanciati nei giorni scorsi da due blue chip germaniche molto pesanti, come Daimler e Basf. Le attese per l’intero 2019 invece puntano a una crescita superiore degli utili americani rispetto a quelli europei. A Wall Street l’attesa è soprattutto per le grandi banche, a cominciare da JP Morgan, in Europa per tecnologici e farmaceutici, come la tedesca SAP e la svizzera Novartis.

[caption id="attachment_144112" align="alignnone" width="482"]La frenata degli utili negli Usa e in Europa (Fonte: Refinitiv Datastream) La frenata degli utili negli Usa e in Europa (Fonte: Refinitiv Datastream)[/caption]

ECONOMIA USA IN FRENATA, MA QUANTO? E QUANTO È ‘MASSAGGIATO’ IL PIL CINESE?


Nel secondo trimestre del 2019 la crescita economica americana ha veramente dovuto ‘fare i conti con la realtà’, come molti dicono? Per saperlo bisogna aspettare il dato preliminare che sarà pubblicato dal Bureau of Economic Analysis del Dipartimento al Commercio USA solo il 26 luglio alle 8.30 del mattino, ora di Washington. Per ora si può solo dire che tutte le previsioni puntano a un rallentamento rispetto al +3,1% consuntivano nella terza lettura del dato dei primi tre mesi. La previsione più seguita, il GDPNow della Fed di Atlanta costantemente aggiornato, punta all’1,3%. Tutto sommato la Fed sembra avere più di un motivo per tagliare i tassi a fine mese, per mantenere l’economia in carreggiata. Sarà il primo taglio dal dicembre del 2008, quando Ben Bernanke portò i Fed Fund praticamente a zero nel pieno della tempesta. Per il PIL cinese del secondo trimestre invece non c’è bisogno di aspettare, è appena uscito a + 6,2% e mostra una crescita sostenuta, se paragonata al resto del mondo, anche se ai livelli più bassi da tre decenni. La rapidità con cui i cinesi riescono a calcolare ben due settimane prima degli americani, a cui non mancano certo i mezzi tecnici di rilevamento, la crescita di un’economia sterminata, suscita tra gli esperti qualche dubbio sul dato, che sembra più preparato ‘a tavolino’, magari ‘massaggiato’ a dovere per giustificare un forte stimolo monetario in risposta al taglio della Fed.
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