Sunday View
In un mondo di sondaggisti, dovremmo essere come gli ippopotami
Nei mesi passati, sui media sono apparsi sempre più sondaggi e commenti in merito al risultato delle elezioni Usa. Ma quanti ci hanno davvero preso? Quasi nessuno, tranne uno
di Lorenzo Cleopazzo 10 Novembre 2024 09:30
Sempre un po’ avanti. Sempre un po’ indietro. Prima uno, poi l’altro, e poi di nuovo il primo, e poi di nuovo il secondo.
Sembra una danza, dove se uno dei due arretra, l’altro si fa avanti. Dove un passo in più o uno in meno, può fare la differenza nell’intera figura.
Un movimento che genera un vantaggio sul filo dei millimetri, quasi impercettibile. Un fotofinish ciclistico, quando i due finisseur si massacrano a vicenda per arrivare mezzo istante prima dell’altro. I commentatori si sbilanciano: questo è meno stanco, l’altro ha più gamba... Ma sappiamo che l’unico esito certo lo avremo alla fine della corsa.
E proprio di una corsa parliamo, senza caschi e ruote, ma con il traguardo posto alla Casa Bianca. Una corsa in cui prima era in vantaggio Trump, poi era avanti Harris. E poi tutti giù a sbizzarrirsi con i perché vincerà lui, e poi i perché non perderà lei, in un saliscendi incredibile che nelle settimane prima del voto ha visto la democratica in netto vantaggio.
Sondaggi e pronostici sono stati un ottovolante, tanto per i candidati, quanto – se non soprattutto – per i lettori. I dati dovrebbero rappresentare il sentiment degli elettori, solo che l’elezione di Trump ha dimostrato di nuovo quanto siano spesso inaffidabili, tanto da chiederci se abbiano ancora senso in ambito politico.
Nel Sunday View numero 93 le elezioni americane diventano un pretesto: la scena se la prendono filosofi e ippopotami. Quindi bando alle ciance e buttiamoci nel pezzo di questa settimana!
Nel novembre del 2023, un sondaggio pubblicato dal New York Times – non certo l’Eco di zio Franco – aveva sancito che i repubblicani erano in vantaggio nei 5 stati decisivi per le elezioni: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania. Un anno dopo, nei giorni immediatamente precedenti al voto, la Harris era data già seduta nello Studio Ovale di Washington. Una certezza e una spavalderia pari a quella espressa nel 2016, quando i sondaggi davano Hilary Clinton come vincente su Trump al 72%. Solo che sappiamo bene com’è andata a finire in entrambi i casi.
Anche in queste elezioni non erano pochi quelli che indicavano il vantaggio dei democratici, e che ne descrivevano i motivi con minuzia di particolari. Che è successo dopo l’elezione di Trump? Gli stessi che prima raccontavano i motivi di un successo annunciato di Harris, poi hanno spiegato perché abbiano vinto i repubblicani.
Firme storiche e autorevoli si sono alternate sulle colonne di media altrettanto importanti raccontando prima i perché del blu, e poi i perché del rosso. L’unico ad averci preso, però, si trova sui social. In quel non-luogo diabolico, che spesso viene descritto come un tugurio pieno di fake news, una voce si è distinta ergendosi dal marasma per dare voce alla verità: Moo Deng, l’ippopotamo pigmeo thailandese. Non avete visto il video di questa adorabile bestiola che, tra due ciotole di frutta, sceglie di mangiare quella che portava il nome di Trump? Ecco, vorremmo dire che non vi siete persi nulla, ma a quanto pare è stata una dei pochi a dare il risultato giusto e – soprattutto – a rimanere fedele al suo pronostico.
Insomma, in un modo o nell’altro, Moo Deng è stata inclusa nel grande coro di voci che si sono espresse sul risultato di queste elezioni, e ha pure avuto la sua dose di attenzioni come tutti i tenori del complesso ben più blasonati. Perché tutte queste attenzioni verso chi si esprime in merito all’incerto? Perché in fondo l’essere umano ha bisogno di certezze e le cerca un po’ ovunque: dai sondaggi alle merende degli ippopotami. Le cerca perché vuole sapere cose che sa di non sapere.
Lo diceva anche Socrate, no? Lui sapeva di non sapere, ma questa mancanza lo divorava da dentro, come avesse un fuoco in petto. Anzi, lui parlava di un “daimon” che lo muoveva, una figura semidivina che ha poco a che fare con l’accezione negativa della moderna parola “demone”. Era più una vocina, qualcosa che lo spingeva ad andare in giro alla ricerca della conoscenza. E più cercava, più si rendeva conto che non sapeva, e più continuava a cercare. Perché, anche se era una ricerca vana, in questa continua illusione ciò che contava per lui erano le tappe che raggiungeva, non il risultato irraggiungibile.
A leggere quanto ci viene riportato su Socrate – in primis dal suo allievo Platone nel Simposio –, troviamo descritto il sapiente come colui che ha un eterno desiderio di conoscenza, che però, per definizione non può essere colmato: il desiderio, infatti, si può proiettare solo verso qualcosa che non si ha, e il saggio rincorre la sapienza come un cane la sua coda.
Quindi, visto che ricerchiamo il sapere davanti all’incertezza, siamo tutti saggi? Sarebbe bello dire di sì, ma forse non sarebbe così semplice convincercene. La grande foga con cui venivano prodotti i sondaggi e le analisi su chi avrebbe vinto le elezioni americane e perché, fa il paio con la morbosità con cui questi contenuti venivano letti. È il discorso di domanda offerta, no? Se c’è voglia di previsioni, si fanno previsioni. Poco importa, poi, se tutte queste si sono rivelate infondate o sono state smentite da chi le aveva scritte solo due giorni prima. Ecco perché ora ci si trova a elogiare la fibra morale di Moo Deng, la sua capacità critica, e la profondità della sua analisi politica. Eppure, nonostante la sua grande deontologia, ci viene da chiedere cosa sarebbe successo se le avessero riproposto due ciotole identiche alle prime: avrebbe scelto ancora quella con scritto “Trump”, o quella di Harris? La sua integrità sarebbe rimasta salda, o avrebbe vacillato? Domande su cui i sondaggisti si dividono, e noi con loro.
Scherzi a parte, l’attenzione rivolta verso il video di un ippopotamo che preferisce la ciotola “repubblicana” in un periodo pieno zeppo di sondaggi e commenti che preferivano i democratici, se non è ironica è quantomeno emblematica. Perché l’ippopotamo è socratico, sa di non sapere. O, detto in altre parole, se ne frega. Tanto mica sa leggere, mica ha scelto la merenda con scritto “Trump” perché Harris gli era indigesta. E poi, soprattutto, perché ha azzeccato il risultato a differenza di molti sondaggisti e fini commentatori, e non ha cambiato idea dopo l’Election Day.
Forse, anziché guardare l’ippopotamo per le sue “scelte politiche”, bisognerebbe farlo per prendere esempio, accettare di non sapere, ed essere un po’ più socratici.
E comunque lo zoo thailandese ha specificato che Moo Deng ha scelto la ciotola di Trump solo perché c’era la frutta più grande... Alla faccia della fibra morale e del socratico.
Sembra una danza, dove se uno dei due arretra, l’altro si fa avanti. Dove un passo in più o uno in meno, può fare la differenza nell’intera figura.
Un movimento che genera un vantaggio sul filo dei millimetri, quasi impercettibile. Un fotofinish ciclistico, quando i due finisseur si massacrano a vicenda per arrivare mezzo istante prima dell’altro. I commentatori si sbilanciano: questo è meno stanco, l’altro ha più gamba... Ma sappiamo che l’unico esito certo lo avremo alla fine della corsa.
E proprio di una corsa parliamo, senza caschi e ruote, ma con il traguardo posto alla Casa Bianca. Una corsa in cui prima era in vantaggio Trump, poi era avanti Harris. E poi tutti giù a sbizzarrirsi con i perché vincerà lui, e poi i perché non perderà lei, in un saliscendi incredibile che nelle settimane prima del voto ha visto la democratica in netto vantaggio.
Sondaggi e pronostici sono stati un ottovolante, tanto per i candidati, quanto – se non soprattutto – per i lettori. I dati dovrebbero rappresentare il sentiment degli elettori, solo che l’elezione di Trump ha dimostrato di nuovo quanto siano spesso inaffidabili, tanto da chiederci se abbiano ancora senso in ambito politico.
Nel Sunday View numero 93 le elezioni americane diventano un pretesto: la scena se la prendono filosofi e ippopotami. Quindi bando alle ciance e buttiamoci nel pezzo di questa settimana!
NUMERI E CIOTOLE DI FRUTTA
Nel novembre del 2023, un sondaggio pubblicato dal New York Times – non certo l’Eco di zio Franco – aveva sancito che i repubblicani erano in vantaggio nei 5 stati decisivi per le elezioni: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania. Un anno dopo, nei giorni immediatamente precedenti al voto, la Harris era data già seduta nello Studio Ovale di Washington. Una certezza e una spavalderia pari a quella espressa nel 2016, quando i sondaggi davano Hilary Clinton come vincente su Trump al 72%. Solo che sappiamo bene com’è andata a finire in entrambi i casi.
Anche in queste elezioni non erano pochi quelli che indicavano il vantaggio dei democratici, e che ne descrivevano i motivi con minuzia di particolari. Che è successo dopo l’elezione di Trump? Gli stessi che prima raccontavano i motivi di un successo annunciato di Harris, poi hanno spiegato perché abbiano vinto i repubblicani.
Firme storiche e autorevoli si sono alternate sulle colonne di media altrettanto importanti raccontando prima i perché del blu, e poi i perché del rosso. L’unico ad averci preso, però, si trova sui social. In quel non-luogo diabolico, che spesso viene descritto come un tugurio pieno di fake news, una voce si è distinta ergendosi dal marasma per dare voce alla verità: Moo Deng, l’ippopotamo pigmeo thailandese. Non avete visto il video di questa adorabile bestiola che, tra due ciotole di frutta, sceglie di mangiare quella che portava il nome di Trump? Ecco, vorremmo dire che non vi siete persi nulla, ma a quanto pare è stata una dei pochi a dare il risultato giusto e – soprattutto – a rimanere fedele al suo pronostico.
Insomma, in un modo o nell’altro, Moo Deng è stata inclusa nel grande coro di voci che si sono espresse sul risultato di queste elezioni, e ha pure avuto la sua dose di attenzioni come tutti i tenori del complesso ben più blasonati. Perché tutte queste attenzioni verso chi si esprime in merito all’incerto? Perché in fondo l’essere umano ha bisogno di certezze e le cerca un po’ ovunque: dai sondaggi alle merende degli ippopotami. Le cerca perché vuole sapere cose che sa di non sapere.
SAPERE DI VOLER SAPERE
Lo diceva anche Socrate, no? Lui sapeva di non sapere, ma questa mancanza lo divorava da dentro, come avesse un fuoco in petto. Anzi, lui parlava di un “daimon” che lo muoveva, una figura semidivina che ha poco a che fare con l’accezione negativa della moderna parola “demone”. Era più una vocina, qualcosa che lo spingeva ad andare in giro alla ricerca della conoscenza. E più cercava, più si rendeva conto che non sapeva, e più continuava a cercare. Perché, anche se era una ricerca vana, in questa continua illusione ciò che contava per lui erano le tappe che raggiungeva, non il risultato irraggiungibile.
A leggere quanto ci viene riportato su Socrate – in primis dal suo allievo Platone nel Simposio –, troviamo descritto il sapiente come colui che ha un eterno desiderio di conoscenza, che però, per definizione non può essere colmato: il desiderio, infatti, si può proiettare solo verso qualcosa che non si ha, e il saggio rincorre la sapienza come un cane la sua coda.
IPPOPOTAMI SOCRATICI
Quindi, visto che ricerchiamo il sapere davanti all’incertezza, siamo tutti saggi? Sarebbe bello dire di sì, ma forse non sarebbe così semplice convincercene. La grande foga con cui venivano prodotti i sondaggi e le analisi su chi avrebbe vinto le elezioni americane e perché, fa il paio con la morbosità con cui questi contenuti venivano letti. È il discorso di domanda offerta, no? Se c’è voglia di previsioni, si fanno previsioni. Poco importa, poi, se tutte queste si sono rivelate infondate o sono state smentite da chi le aveva scritte solo due giorni prima. Ecco perché ora ci si trova a elogiare la fibra morale di Moo Deng, la sua capacità critica, e la profondità della sua analisi politica. Eppure, nonostante la sua grande deontologia, ci viene da chiedere cosa sarebbe successo se le avessero riproposto due ciotole identiche alle prime: avrebbe scelto ancora quella con scritto “Trump”, o quella di Harris? La sua integrità sarebbe rimasta salda, o avrebbe vacillato? Domande su cui i sondaggisti si dividono, e noi con loro.
Scherzi a parte, l’attenzione rivolta verso il video di un ippopotamo che preferisce la ciotola “repubblicana” in un periodo pieno zeppo di sondaggi e commenti che preferivano i democratici, se non è ironica è quantomeno emblematica. Perché l’ippopotamo è socratico, sa di non sapere. O, detto in altre parole, se ne frega. Tanto mica sa leggere, mica ha scelto la merenda con scritto “Trump” perché Harris gli era indigesta. E poi, soprattutto, perché ha azzeccato il risultato a differenza di molti sondaggisti e fini commentatori, e non ha cambiato idea dopo l’Election Day.
Forse, anziché guardare l’ippopotamo per le sue “scelte politiche”, bisognerebbe farlo per prendere esempio, accettare di non sapere, ed essere un po’ più socratici.
BONUS TRACK
E comunque lo zoo thailandese ha specificato che Moo Deng ha scelto la ciotola di Trump solo perché c’era la frutta più grande... Alla faccia della fibra morale e del socratico.
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